Si può con l’ipnotismo spingere un uomo ad uccidere?
Il Tempo 14/10/1959
Sta per discutersi, a Strasburgo, la strana causa dell’ipnotizzatore Nielsen condannato all’ergastolo per aver indotto all’assassinio un suo « paziente », considerato pazzo
Il danese Bjòrn Schouw Nielsen si è appellato alla Commissione Europea dei Ditti dell’uomo a proposito della condanna all’ergastolo pronunciata contro di lui nel 1954 dai giurati di Copenaghen. I giudici di Danimarca gli avevano inflitto la gravissima pena dopo averlo proclamato colpevole di omicidio per interposta persona, effettuato a mezzo dell’ipnotismo. Nei prossimi giorni, quindici magistrati di varie nazionalità dovranno dunque decidere l’accusa era fondata o meno. Dovranno, cioè, appurare dichiarare se è possibile che a uomo, mediante l’ipnotismo, costringa al delitto, un altro uomo, cosicché questi non sarebbe, in sostanza, se non lo strumento passivo e senza volontà del primo, solo vero colpevole.
L’esecutore materiale del crimine fu un certo Palle Hardrup, che era stato in prigione insieme col Nielsen. Entrambi dovevano scontare diversi anni di reclusione per aver collaborato con la Gestapo durante l’occupazione tedesca. Già in carcere, si era stabilita fra i due una relazione assai singolare, caratterizzata da una passiva dipendenza di Palle Hardrup, e dalla dominazione esercitata su di lui dal Nielsen. Questi ipnotizzava di quando in quando l’amico a scopo di esibizione, e soleva dire ai compagni di carcere: « Quel ragazzo fa tutto quello che voglio ».
Questa relazione – come risultò dalle testimonianze perdurò anche quando i due furono messi in libertà condizionata, nel 1949. Hardrup dava quasi tutto ciò che guadagnava all’amico, e ne seguiva supinamente le istruzioni. Nel 1950 assaltò una banca e consegnò l’intero provento della rapina a Nielsen. Il 21 marzo 1951 ripeté il colpo alla Landsmannsbank di Copenaghen: ma avendo trovato resistenza, sparò, uccidendo il direttore e il cassiere.
Arrestato dopo poche ore, Hardrup ammise, al termine degli interrogatori, di aver agito sotto l’influenza ipnotica del Nielsen. Gli psichiatri consultati espressero, dopo lunghissime indagini, pareri discordi: il prof. Villarslunn negò la possibilità, per chicchessia, di commettere sotto ipnosi un delitto che non sarebbe stato capace di effettuare allo stato normale; il dott. Schmitt, noto studioso d’ipnosi ammise invece questa possibilità, dichiarando che certe idee relative all’efficacia degli influssi ipnotici andavano rivedute. La giuria accettò il punto di vista secondo cui, in sostanza, il vero rapinatore-omicida era Nielsen. Questi, come si è detto, fu condannato all’ergastolo, mentre Hardrup fu internato in un manicomio criminale, dal quale potrà probabilmente uscire fra breve. Contro questa sentenza si è ora appellato Nielsen, sostenendo che essa ha violato i diritti dell’uomo, e chiedendone perciò lo annullamento alla Commissione internazionale di Strasburgo.
Dissidio tra esperti
Il caso Nielsen – Hardrup propone importanti problemi d’ordine psicologico e legale. Larghi strati· dell’opinione pubblica attendono con interesse il verdetto della Commissione, e il parere degli «esperti» su cui essa dovrà ovviamente fondarsi. Senza entrare nel vivo di questioni giuridiche nazionali o internazionali, vediamo quale possa essere il criterio psicologico e scientifico più attendibile. Si tratta, naturalmente, di un problema tutt’altro che nuovo, e che gli studiosi si sono posti sino dal secolo scorso, allorché l’ipnotismo vigoreggiava nelle cliniche, e cominciava a dilagare sui palcoscenici. L’idea che l’ipnotizzato potesse divenire strumento passivo e irresponsabile di una persona senza scrupoli, che avrebbe potuto servirsene a scopi criminali, terrorizzò e nello stesso tempo affascinò le folle. Gli studiosi, anche allora, manifestarono pareri discordi. Gli psichiatri della « scuola dl Nancy », guidati da Bernheim, erano convinti che mediante l’ipnosi si potessero far commettere del delitti. Contraria era la « scuola di Parigi », rappresentata da Brouardel e da Gilles de la Tourrette. Il notissimo Delboeuf, psichiatra ed esperto di medicina legale, dichiarò perentoriamente che « il soggetto ipnotizzato conserva una parte della propria intelligenza, della propria ragione e della propria libertà, sufficiente a impedirgli di compiere azioni che siano inconciliabili con il suo carattere e con i suoi costumi· ».
Questa querelle de savants continua, come si è visto, ai nostri giorni. Al dissidio Villarslunn-Schmitt in Danimarca corrisponde, negli Stati Uniti, quello tra « esperti » d’ipnotismo quali Milton H. Erickson e W. R. Wells. Mentre secondo Erickson « l’ipnosi non può essere adoperata per indurre persone ipnotizzate a commettere atti illeciti, su se stessi o su altri », Wells ritiene dl aver dimostrato questa possibilità mediante precise esperienze di laboratorio – effettuate, bisogna ammetterlo, molto più seriamente dl quanto non facessero taluni ipnotizzatori di un tempo, con i loro pugnali di cartone messi in mano a certi « soggetti », sin troppo consapevoli di partecipare a una commedia…
A nostro avviso, la questione non può essere decisa se non dopo avere dissipato, per quanto possibile, l’alone « occultistico » che ancora circonda l’ipnotismo – alone che ha indotto l’autore di un libro di metapsichica a descrivere Bjòrn Schouw Nielsen come un «esponente della moderna magia nera», e lo stato ipnotico come una « schiavitù » psicologica. Le teorie sull’ipnosi sono parecchie, ma nessuno studioso di nessuna scuola considera l’ipnotismo come «magia nera»! Mediante l’ipnosi, si crea uno stato particolare di dipendenza e di credulità in soggetti adatti, con ripercussioni anche al livello psicosomatico. Tuttavia la nuova « autorità » psicologica che si sostituisce nel soggetto a quella abituale, e che può fargli vedere lucciole per lanterne, è un’autorità provvisoria e per così dire « parassitaria », che non può soppiantare le basi essenziali della personalità psichica e morale se non in certe particolarissime condizioni, o quando le anzidette basi sono già per conto loro fragili e malferme. A una ragazza di buoni costumi, in stato dl ipnosi, si può suggerire di presentare insensibilità al dolore, o di gustare del rabarbaro come se si trattasse di amarena; ma si urta contro ostacoli gravissimi se le si ingiunge di compiere atti indecenti.
Pericolosità sociale
D’altronde è noto che gli istinti profondi dell’uomo, e quel che li tiene a freno, stanno tra loro in un rapporto di forze, come avviene fra ciò che tende in noi al disequilibrio, e i controlli che ci mantengono sani. E come l’individuo anche più saldo può cedere al panico in certe situazioni eccezionali, così i limiti della responsabilità e della condotta morale possono essere varcati se l’individuo è assoggettato a stimolazioni troppo ripetute e troppo intense. Tra queste, si può teoricamente porre anche l’ipnotismo. Diciamo «teoricamente»: perché ci vorrebbero anni di interventi e di sollecitazioni ipnotiche per far sì che un uomo onesto rubasse un orologio: mentre ognuno sa che bastano semplici istigazioni anche in piena veglia per far commettere un furto o una rapina a chi ha una personalità debole, e già disposta virtualmente al delitto.
Nel caso Nielsen-Hardrup ci sembra dunque che i due verdetti dei giurati danesi siano stati entrambi sbagliati. Nielsen andava severamente punito quale mandante, così come si punisce colui che insistentemente e con successo istiga al delitto (e pertanto, non certo con la massima pena dell’ergastolo, giacché non si può imputare al Nielsen di avere ucciso). A Palle Hardrup andavano concesse le attenuanti che si sogliono dare alle personalità psicopatiche, o ai semi-infermi di mente, riconoscendogli peraltro in pari tempo una pericolosità sociale tale da doverlo probabilmente, confinare per molti anni, sino al termine di una « rieducazione » psicologica e morale sempre possibile, ancorché, in questo caso, assai improbabile. Riteniamo dunque che a conti fatti, la Commissione di Strasburgo rivedrà la sentenza di Copenaghen, rinviando l’imputato a una giuria popolare meno scossa dall’emozione, e ispirata da criteri psicologico-giuridici più pacati e più equanimi.
EMILIO SERVADIO