L’emotività aiuta le donne a evitare gli incidenti d’auto
Maggiore mobilità psichica, minori inibizioni, più elastica sensibilità sono virtù che agevolano il compito della guida
Il Tempo 04/06/1959

I problemi inerenti alla guida dell’automobile sono di viva attualità per molte e convergenti ragioni. Una è l’aumento del numero delle macchine e del traffico, per cui non soltanto sorgono questioni di circolazione o di parcheggio, ma vengono poste in più chiara evidenza le caratteristiche personali – positive o negative – di chi sta al volante. Una altra è l’imminente entrata in vigore del «Codice della Strada», le cui pratiche applicazioni non possono essere completamente previste neppure dai tecnici più esperti. Un’altra, infine, è il maggiore interesse, scientifico e concreto, degli psicologi nei riguardi non più soltanto dei riflessi e delle coordinazioni, ma dei tratti di personalità di chi guida, e delle determinanti più o meno profonde di certi inconvenienti o incidenti stradali. Questi ultimi argomenti hanno formato oggetto, come si sa, di un apposito Congresso nazionale, tenutosi poco tempo fa a Salsomaggiore.
In una recente discussione alla rado, cinque persone di buona volontà, e tutte quante in qualche modo interessate ai problemi in questione, hanno animatamente discusso il – diciamo così – « profilo psicologico » della donna al volante. Benché in Italia il numero delle donne che conduco no l’automobile sia sempre relativamente esiguo rispetto a quello degli uomini (le ultime percentuali nazionali danno un rapporto di circa 1 a 40), non vi è dubbio che fra qualche anno tale distacco diminuirà sensibilmente. Sin da ora, comunque, è certo che tutti coloro che guidano hanno prima o poi fatto – magari superficialmente – qualche riflessione in proposito.

Flemma e costanza

Nella discussione anzidetta, tutti si son trovati tacitamente d’accordo nel « bocciare » inesorabilmente un certo atteggiamento d’ironia e di disprezzo che parecchi guidatori ostentano verso le loro colleghe. La frase di compatimento « E’ una donna…! » ha tanto meno ragion d’essere se si pensa che in prima approssimazione, appare dalle statistiche di molti Paesi che le donne incorrono in incidenti di guida assai meno degli uomini.
E’ stato osservato al riguardo, e non senza fondamento, che tali confronti oppongono bensì numeri uguali di conducenti dei due sessi, ma non considerano le rispettive quantità di chilometri percorsi: ed è evidente che un incidente di guida assume un significato probabilistico e statistico diverso in chi abbia percorso – supponiamo – cinquantamila chilometri, rispetto a quello che ne abbia al suo attivo poche centinaia. Se entrambi hanno avuto, al termine di tali percorrenze, due incidenti, è chiaro che quelli del primo « contano » assai meno, per un giudizio globale sull’abilità di guida, di quelli del secondo!
Qualche altro rilievo permette tuttavia di rafforzare un poco, in sede di accertamenti descrittivi, l’impressione anzidetta (che cioè la donna abbia, tutto sommato, una « disposizione agli incidenti » inferiore a quella dell’uomo). In primo luogo, è bene ricordare che i raffronti statistici danno pressa poco le stesse indicazioni anche in Paesi in cui ci sono molte più donne al volante che non in Italia: per esempio, negli Stati Uniti d’America. Si è osservato inoltre che durante la guerra, quando il numero delle donne conducenti rispetto a quello degli uomini era ovviamente assai cresciuto, non si é verificato affatto un aumento nel numero di incidenti mortali – riguardanti macchine guidate da donne! In America, ad esempio, nel 1942 è stata attribuita alle donne solo una percentuale del 6,5% degli incidenti automobilistici con esiti letali, e del 9,5% sul numero complessivo degli incidenti occorsi in tutto l’anno… Qualcuno si è chiesto se non ci sia una certa contraddizione tra la maggiore « emotività » femminile, e il fatto che le donne, a quanto sembra, sono meno soggette a incidenti di macchina – per cui si può a buon diritto pensare che guidino con maggiore calma e prudenza degli uomini.
Fra le tesi proposte per risolvere questa apparente antinomia c’è quella secondo cui la donna, più o meno consapevole della propria emotività, e del fatto che la guida della macchina non si addice troppo bene ai tratti essenziali della personalità femminile, guida in stato di maggiore « allarme », e corre perciò meno rischi: non vuole sorpassare ad ogni costo, non eccede in velocità, ecc. ecc.
Non ci sentiamo di aderire a questa interpretazione. In primo luogo, lo stato di « allarme » durante la guida non è davvero una caratteristica generale della donna. Esso è proprio dei principianti (maschi o femmine), e di certi tipi di persone (maschi o femmine). La donna non particolarmente nevrotica, dopo qualche mese di esperienza al volante, guida nel traffico più intenso, o su strada aperta, senza alcun « allarme » specifico. Quanto alla «scarsa compatibilità » della guida dell’automobile con la femminilità, diremo soltanto che essa può riferirsi ai casi estremi (grandi corse automobilistiche, uso di macchine di eccezionale potenza): non vediamo, infatti, quali tratti particolari di « virilità aggressiva » occorrano per piotare una « utilitaria », a velocità oscillanti fra i 15 e i 45 all’ora!,..
A nostro avviso occorre invece ed in primo luogo intendersi sul termine « emotività »: termine che viene adoperato di solito in senso deprezzativo, implicando quasi sempre il riconoscimento di un « punto debole » nella struttura della personalità femminile. Si tratta qui invece, a guardar bene, di uno fra i tanti equivoci perpetuati da una psicologia superficiale, e da una scala di apprezzamenti, che in gran parte sono produzioni, o costruzioni, di una cultura « virilocratica » – ossia tale che per definizione ciò che è maschile dovrebb’essere migliore, superiore e preferibile. La verità è che le donne hanno meno paura delle emozioni che non gli uomini, e che invece di reprimerle, o di rimuoverle addirittura dalla coscienza, tendono a dar loro corso più liberamente. Un novellino al volante, se maschio, appare meno allarmato di una principiante, ma non perciò lo è di meno! All’uomo s’insegna fin dall’infanzia (e in modi, ancora oggi, spesso alquanto perentori anche se indiretti), che manifestare e sfogare le proprie emozioni non è virile: è da deboli e – al solito – da « femminucce ». Non vi è psicoanalista, o medico più o meno al corrente dei ritrovati della medicina psicosomatica, il quale non sappia che questa maggior repressione o rimozione dell’emotività è senza dubbio tra le cause del fatto che certe malattie nervose e mentali – ad esempio, la nevrosi coatta – fanno più vittime fra gli uomini; che ci sono più suicidi, più ulcere gastroduodenali, e in genere più disturbi provocati da conflitti emozionali inconsci, tra gli uomini, che non tra le donne!
La maggiore « emotività » femminile – e vogliamo parlare dell’emotività della donna in generale, non certo dl quella delle donne isteriche, o patologicamente disturbate – significa maggiore mobilità psichica, minori inibizioni, maggiore sensibilità. La donna – si potrebbe dire – è più elastica, più autentica, più viva dell’uomo: in queste, come in altri lati della sua personalità. Una donna che piange, ride, si abbatte, si riprende, è senz’altro preferibile a un uomo che secondo la descrizione di un celebre antropologo « sta fermo, in piedi, con il labbro inferiore stretto fra i denti, il viso reso immobile dall’acquisita incapacità di esprimere qualsiasi emozione…»!

Nessuna ironia

Ciò premesso, si può ancora dire che l’emotività in questione non ha proprio nulla a che vedere con le doti – positive e negative – che soprattutto occorrono per condurre bene l’automobile. Sul piano psicologico la buona guida dell’automobile richiede adeguate reazioni a situazioni complesse e globali (e i tests dimostrano, con buona pace dei signori uomini, che mentre l’uomo reagisce meglio e più prontamente a stimoli singoli, le reazioni della donna a stimoli complessi e d’assieme sono superiori e maggiormente integrate); richiede inoltre costanza, un tantino di flemma, nessuna particolare originalità. Per contro, numerosissime osservazioni, esperienze ed inchieste hanno indicato che i soggetti particolarmente predisposti agli incidenti di guida sono gli ansiosi, i cosiddetti « volitivi », gli aggressivi, coloro che hanno conflitti aperti – consci od inconsci – con il principio d’autorità, gli eccentrici, gli irregolari, gli affetti dal «complesso del sorpasso», gli « artisti » del volante… Non ci vuol molto a vedere che questa seconda serie di qualifiche si applica, quasi per definizione, a molti tipi ben noti, che s’incontrano per la strada oltre che nei laboratori di psicotecnica o nei gabinetti psicoanalitici. Dobbiamo proprio precisare a quale sesso in genere appartengano?…
Anche se, pertanto, le statistiche favorevoli alla donna che guida non sono matematicamente dimostrative, molte altre considerazioni permettono di dar loro maggior credito. Non fa dunque meraviglia che durante una grande Conferenza statunitense sui trasporti, circa l’80% delle Compagnie di tassì si siano pronunciate a favore dell’assunzione di donne anche come conducenti di auto pubbliche.
EMILIO SERVADIO

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