Perchè i « guaritori » incantano anche le Regine
Sull’individuo che promette la guarigione viene proiettata inconsciamente· dalla persona che a lui si affida l’immagine del taumaturgo
Dopo lo sconcertante caso di· Hofmans in Olanda
Il Tempo 16/06/1956
L’attuale caso della « guaritrice » olandese, e della straordinaria influenza che a quanto pare essa ha esercitato sulla Regina d’Olanda e, di riflesso, addirittura sulle vicende dei Paesi Bassi, non può non dar luogo ad alcune considerazioni circa le origini e i modi di tale influenza: nella quale alcuni vorrebbero vedere l’opera di facoltà misteriose od « occulte », mentre si tratta, a nostro avviso, di un interessante problema di psicologia del profondo. Il « misterioso », secondo noi, sta soltanto nel fatto che di ciò che accade in simili episodi non è possibile dar conto in puri termini di coscienza. E ciò che è inconscio appare, di per se stesso, strano o enigmatico.
Possiamo senz’altro prescindere, nell’esame del caso in questione, come in altri del genere, dal problema della realtà o meno delle « guarigioni » ottenute dalla signora Greet Hofmans o dai suoi innumerevoli colleghi. Chi cerca o accoglie l’opera del guaritore non si preoccupa davvero, per cominciare, di documentarsi circa l’efficacia dei suoi presunti « poteri ». Questi sono a priori ammessi, o ritenuti possibili. E’ chiaro che chi, in partenza, non crede affatto all’eventualità di simili interventi, non va dal guaritore, e non si prospetta neppure la possibilità che questi venga chiamato in causa.
Dottore, mi salvi
Ma anche in persone che, coscientemente, dubitano dell’opera dei guaritori, od ostentano incredulità, « qualche cosa » può agitarsi nel profondo. Questo « qualche cosa »· ha origini molto antiche e nascoste, che possiamo rintracciare nelle vicende evolutive della psiche, sia in senso collettivo, sia in senso individuale.
Non dobbiamo dimenticare, anzitutto, che la medicina si é separata dalla magia in tempi non poi lontanissimi, e che in vaste aree culturali, ancor oggi, modico e mago sono una persona sola. Se è vero che nella cultura occidentale, e sul piano della coscienza, la distinzione è chiaramente accettata, troviamo tuttavia residui di tale antica impostazione del rapporto medico-ammalato in molti atteggiamenti emozionali di persone adulte e colte: le quali spesso, di fronte al medico, si attendono, o addirittura invocano, non già la cura ma, in sostanza, il miracolo. « Dottore, mi salvi! », « Dottore, La scongiuro, faccia qualche cosa per mio figlio! »… Chi non ha udito, o pronunziato, frasi del genere?
Per rendersi meglio conto della misura in cui l’immagine del terapeuta si presta ad essere inconsciamente « caricata » di simili significati per cui, accanto alla considerazione dei medico come scienziato, largamente sussiste quella del medico come – mago o taumaturgo – basta rivolgersi, nelle nostre stesse civiltà, a certe impressioni d’infanzia quali vengono sovente rievocate durante una psicoanalisi, o a determinati sogni di adulti anche fuori della situazione analitica. Nelle anzidette rievocazioni di episodi infantili, appare chiaro che per il bambino, la figura del medico che viene a curarlo, o a visitare persone di famiglia, è quella di un misterioso e potente personaggio, provvisto di magici strumenti, che viene accolto con riverenza, che effettua strani interventi, e la cui opera, in molti casi, ridona la salute del corpo e la pace dello spirito. Lo si teme, anche se non lo si ama; ma si deve comunque riconoscere in lui un essere eccezionale e superiore. La quasi identità fra medico e mago è, nell’immaginazione infantile, quanto mai evidente.
In un suo scritto di molti anni or sono, Jung fece notare che specie nei sogni degli individui in analisi, l’immagine dell’analista o del medico tende ad assumere aspetti diversi e via via più primitivi, sino ad apparire talvolta come quella di una specie di mago, o stregone, o medicine-man. Molti analisti hanno potuto confermare questa constatazione:. la cui spiegazione non è da trovarsi, a nostro avviso, necessariamente nella apparizione di un «archetipo» dal serbatoio dell’inconscio collettivo, ma nella ricomparsa dell’immagine infantile che il soggetto si era fatta del medico, e che nell’inconscio si era ulteriormente deformata e mitologizzata.
Se teniamo presente, pertanto, che nell’inconscio di ognuno esistono le immagini di esseri dotati di occulti poteri, costruite su esperienze infantili relative alla figura del medico quale « padre potente », o della nurse quale « madre taumaturgica », possiamo perfettamente spiegarci perché, in casi di intensa emozione (preoccupazione per la propria salute o per quella di una persona cara), un individuo anche colto e intelligente si rivolga a chi può o qualche modo incarnare entità psichiche del genere. Ed ecco nella Regina d’Olanda e in infinite altre persone, la ricerca del contatto coi guaritore o con la guaritrice, e l’accettazione speranzosa e passiva della loro influenza.
Rapporto magico
Si osserverà senza dubbio che tale « proiezione » di una immagine interna non dovrebbe necessaniamente avere come oggetto un guaritore. Perché questi, e non un medico? La risposta non è difficile. Specialmente in seguito a certi sviluppi della medicina moderna, che in casi estremi ha addirittura annullato il «rapporto umano»; (con tutte le sue implicazioni emozionali) fra terapeuta e paziente, le esigenze profonde di quest’ultimo (di essere confortato, assistito spiritualmente, reso oggetto di un’opera che nell’inconscio è sentita come « magia personale ») sono spesso totalmente inappagate. Ma il non ammetterle, o il reprimerle, non significa farle scomparire: significa, semplicemente, relegarle ancor più profondamente nell’inconscio. Ed è appunto sotto la spinta di quelle esigenze, e non già delle nozioni coscienti in fatto di cure mediche razionali e moderne, che l’uomo colto dei nostri giorni e della nostra civiltà può venire attratto nella sfera d’influenza non più o non soltanto del medico, ma del guaritore (il quale, si noti, più di una volta si fa chiamare e viene chiamato « mago »)…
Una più precisa conoscenza del problema e dei suoi veri termini e, in sede pratica, un riavvicinarsi del medico non già alla magia, ma all’intenso rapporto umano ed emozionale che la caratterizzava, dovrebbero costituire un’adeguata profilassi psicologico-sociale rispetto alla interessante questione: con benefiche conseguenze sia per l’uomo della strada, sia, come eccezionalmente accade, per chi ha gravi responsabilità nei riguardi di popoli e di Stati.
Emilio Servadio