Il nostro nome può influenzare la nostra vita?
Amica 23/04/1968
AMICA: Quali sentimenti, quali aspirazioni, quali criteri guidano, generalmente, i genitori nella scelta del nome del loro bambino? Lo domandiamo al professor Emilio Servadio.
SERVADIO: Credo che si possa distinguere tra motivazioni coscienti e motivazioni inconsce (mettendo naturalmente fra le prime anche quelle non confessate o non confessabili, come i pensieri nostalgici di un certo padre napoletano, che volle a tutti i costi dare alla figlia il nome inconsueto e nordico di Selma, perché così si era chiamata una ragazza da lui corteggiata quando aveva diciott’anni). Tra le motivazioni coscienti, le più note e ovvie riguardano: nomi di parenti più o meno stretti, nomi di cari amici, nomi di santi particolarmente venerati, nomi di uomini illustri e apprezzati per ragioni storiche, letterarie, artistiche, politiche (quanti Benito durante il ventennio!), nomi di eroi da romanzo, nomi «alla moda» (nell’epoca dannunziana si moltiplicarono le Leda, i Corrado, gli Stelio, le Mila: l’infatuazione wagneriana fece aumentare le Brurulde, i Sigfrido, i Walter, i Tristano). Vi possono essere motivi apparentemente futili, come il desiderio di rispettare le iniziali di un grosso servizio d’argenteria eccetera. Le motivazioni inconsce sono per loro natura più difficili da scoprire. Di un episodio dimenticato dell’infanzia può rimanere per esempio alla coscienza soltanto un nome che nel padre o nella madre, senza che essi sappiano il perché, desta dolci risonanze, o richiama idee di affermazione e di dominio.
AMICA: Il nome, specialmente se insolito, buffo o troppo importante, può avere qualche influenza sulla vita di chi lo deve portare?
SERVADIO: Senza dubbio, anche se è bene non generalizzare e non esagerare. Genitori che dessero a i figli nomi come Asdrubale. Cunegonda o Uguccione ma anche Tirso, Spaziale o Martedì, farebbero loro un brutto regalo. E’ vivo nella nostra mente il ricordo di un compagno di scuola che si chiamava Scipio, e che, lungi dal potersi gloriare di un nome di tanta risonanza epica e romana, doveva sopportare i frequenti scherzi di chi gli chiedeva notizie delle sue legioni, o gli offriva un cappello di carta di giornale quale « elmo di Scipio ». In un romanzo di Achille Campanile, un cameriere si vergogna a tal punto di chiamarsi Arocle, che arrossisce ogni volta che ode il suo nome, e finge di non sentire (il che, per un cameriere è un guaio grosso). Però si può notare che se l’individuo in qualche modo si afferma, il nome insolito o risonante finisce col sembrare naturalissimo, e viene integrato da tutti. Si chiamava precisamente Scipio, ad esempio, un illustre sociologo e criminologo italiano, il professor Sigliele. Nessuno sorride dinnanzi a Isacco, Ludovico o Sigismondo se seguono rispettivamente i nomi di Newton, Beethoven o Freud. Tutti sanno che il nostro più noto uomo di Stato del dopoguerra si chiamava Alcide. Nessuno ci ha mai fatto caso, pur trattandosi di un nome, a guardar bene, abbastanza fuori serie.
AMICA: Quali consigli, in definitiva, possiamo dare ai genitori che stanno scegliendo un nome per il loro bambino?
SERVADIO: Possibilmente, non date nomi strambi, o legati alla vicenda di un momento, o che suonino troppo alto in confronto allo « status » familiare e sociale. Consigliabile un nome non « troppo » corrente se il cognome è dei più comuni.