Il pensiero influenza le radiazioni atomiche
Energie sconosciute si celano nella nostra volontà
Questa sconcertante scoperta è stata fatta in base a una serie di esperimenti condotti in laboratorio da uno studioso francese di psico fisiologia
Il Tempo 1 dicembre 1966
Può il pensiero dell’uomo esercitare un’influenza diretta sulla materia inerte? E’ questa una domanda che infiniti ricercatori si sono posti da tempo immemorabile, e che ha dato origine a ogni sorta di congetture di tipo magico e mistico. Molte persone credono facilmente ancora oggi alla iettatura, alla possibilità di effettuare sortilegi ai danni di qualcuno, di influenzare, insomma, col proprio pensiero persone e cose. Non v’è dubbio che questa fede irresponsabile ed elementare nella «potenza del pensiero» sia del tutto priva di base scientifica e vada energicamente combattuta.
Fenomeni Medianici
Ben diverso è il caso di quegli studi e di quelle esperienze, con cui uomini di scienza e di cultura hanno cercato di vedere, su una base empirica e sperimentale, e certe antiche supposizioni ) credenze contenessero per caso un qualsiasi elemento di verità. Tutti sanno che nell’epoca d’oro delle ricerche sui fenomeni medianici, parecchi scienziati anche di primo piano avallarono con il prestigio del loro nome presunti «fenomeni», i quali sembravano appunto testimoniare che certi soggetti potevano in qualche modo influenzare la materia. I «fenomeni» in questione erano movimenti inspiegabili di tavoli o di suppellettili, sollevamento di oggetti senza contatto apparente, e via discorrendo.
Parallelamente alle ricerche sui fenomeni della medianità, la presunta influenza del pensiero sulla materia fu investigata in vari altri modi durante tutto il secolo scorso e per vari anni di questo. Vi fu chi cercò di vedere se le immagini mentali, su cui Tizio o Caio avesse concentrato il pensiero, potevano influenzare le lastre o le pellicole fotografiche. Vi fu chi escogitò piccoli, ingegnosi apparecchi che avrebbero dovuto mettersi in moto semplicemente quando l’osservatore «voleva». Non pochi ebbero l’idea che il pensiero, la volontà e il desiderio potessero influire positivamente o negativamente sulla crescita di piante o su altri organismi viventi. Mentre i tentativi con il materiale fotografico sono stati pressoché abbandonati, mentre del tutto nel dimenticatoio sono stati riposti quelli intesi a far muovere piccoli apparecchi più o meno di fantasia, gli esperimenti sulle piante e sui semi hanno avuto anche in anni recenti numerosi e interessanti sviluppi.
A tutti gli studiosi di parapsicologia sono largamente note le migliaia di esperimenti che il prof. JR. Rhine, della Duke University, con i suoi collaboratori, ha effettuato sin dal 1934 su quello che egli ha chiamato «effetto psico-cinetico», o, più brevemente, «effetto PK». L’idea elementare che portò ai primi studi di questo «effetto» fu la curiosità di vedere se cercando di influire mentalmente sulla caduta di comuni dadi da gioco fosse possibile, alla lunga, ottenere risultati che avessero una significatività statistica. Dopo un inizio straordinariamente brillante, le ricerche sull’effetto PK continuarono con molta intensità e seguendo svariati accorgimenti.
L’effetto psico-cinetico
Naturalmente la prima ipotesi critica avanzata fu quella di una qualche imperfezione nei dadi. A questa obiezione fu subito risposto adoperando successivamente gli stessi dadi per scopi opposti: ad esempio intendendo in una prima fase di esperienze ottenere risultati superiori alla cifra 6, e in una seconda fase – con gli stessi dadi – risultati inferiori a 6. Tanto nella prima che nella seconda serie d esperienze si ottennero deviazioni significative, con altissime «probabilità contro 1» cioè in favore del supposto influenzamento anziché del caso. L’idea che i risultati potessero dipendere dal modo di gettare i dadi fu eliminata dal momento in cui i lanci come avviene ormai da molti anni – furono effettuati con apposite macchine.
Questi esperimenti del gruppo facente capo al prof. Rhine sono stati ripetuti da altri studiosi in varie parti del mondo, e sono stati, in generale, confermati i primi accertamenti statunitensi. Naturalmente non sempre gli oggetti d’esperimento furono i dadi. In certi casi (per esempio in certe interessantissime esperienze francesi del dottor Chevallier), è stato fatto il tentativo di far cadere più da una parte che dall’altra una goccia d’acqua che veniva «avviata», con mezzi puramente meccanici, sul filo della lama di un rasoio. In altri esperimenti si cercò di far pendere più da una parte che dall’altra il piatto di una bilancia messa in movimento, ancora una volta, mediante mezzi fortuiti e meccanici. E gli esempi potrebbero continuare, i risultati sono, oltre che impressionanti, anche estremamente curiosi, e sembrano in certi casi contraddire le più note assunzioni della meccanica e della fisica. Per esempio, l’effetto PK sembra manifestarsi allo stesso modo del tutto indipendentemente dal volume e dal peso degli· oggetti trattati. Anche il numero dei dadi o degli oggetti impiegati non sembra avere alcuna importanza. Gli «effetti», quando si producono, si ottengono su due dadi come su dodici, o ventiquattro, o sessantotto. Se vengono adoperati dadi di peso differente, l’effetto – contrariamente a quanto si potrebbe supporre – non si esercita affatto più facilmente sul più leggero…
Ma gli esperimenti forse più interessanti e sensazionali compiuti sinora in questo affascinante settore della parapsicologia sono quelli – di questi giorni riferiti in una rivista scientifica – del prof. Rémy Chauvin, Direttore dei laboratori di psicofisiologia dell’Università di Strasburgo. Il prof. Chauvin, con il suo collaboratore Jacques – Pierre Genthon, ha voluto addirittura vedere se il desiderio o la volontà potessero esercitarsi direttamente sulla materia, anche al livello atomico. A tale scopo egli ha adoperato del nitrato di uranio. Sette soggetti in età dai 7 ai 17 anni dovevano cercare di accelerare o di rallentare, attraverso una «azione mentale», la disgregazione della sostanza radioattiva. I risultati venivano via via indicati da un contatore Geiger. L’unità di osservazione di ogni singola esperienza fu di un minuto. In tutto, furono impiegati 320 minuti per l’«accelerazione» e altrettanti per il «rallentamento». Dopo ogni esperienza, veniva effettuata una prova di controllo, con nitrato d’uranio non influenzato.
Dalle tabelle pubblicate dal prof. Chauvin si può notare a prima vista che i risultati, nell’uno o nell’altro dei due sensi indicati, superarono largamente la probabilità, al punto da dare cifre di alcuni miliardi contro uno in favore della «azione psico-cinetica» e contro il caso. Naturalmente fra i sette soggetti in esperimento, ve ne furono alcuni (due in special modo) che mostrarono di avere la «qualità psicocinetica», se tale si può chiamare, il grado superiore agli altri. Essi erano entrambi – riferisce Chauvin – due ragazzi sui tredici anni.
Le esperienze or ora ricordate ci sembrano altamente interessanti per vari ordini di motivi. Anzitutto è notevole il fatto che il pensiero umano – se le esperienze di Chauvin saranno confermate, cosa che ci sembra piuttosto probabile – sia riconosciuto tale da poter esercitare una influenza sulla materia anche a livello atomico. Secondariamente non può non colpire il fatto che i migliori soggetti dello sperimentatore francese: siano stati dei giovinetti in età puberale – dato che proprio a quella età sembrano manifestarsi in certuni quei· «poteri» ancora misteriosi, che in certi casi (come abbiamo noi stessi più volte indicato in queste colonne) determinano i fenomeni, tuttora altamente enigmatici, di «infestazione», o Poltergeist. Ed infine, non si può non manifestare una certa soddisfazione all’idea che in quest’era, dominata dall’incombenza del· pericolo atomico, sia stato constatato che il pensiero umano «viene prima», e rimane pur sempre dominatore, rispetto alle forze anche più poderose e minacciose della natura materiale.
Emilio Servadio