La parapsicologia
Nella cultura moderna si profila la possibilità di affrontare con metodi scientifici aspetti della realtà ancora abbandonati a dilettantismi. È il caso della parapsicologia, che, con scrupolosi metodi di ricerca sperimentale, tenta di scoprire nell’uomo una nuova dimensione.
“Atlante” De Agostini sett.1966

Il termine « parapsicologia » va poco a poco sostituendo in tutto il mondo quello, per molti versi criticabile, di «metapsichica ». Esso indica lo studio scientifico di certi fenomeni extranormali (psicofisici, psicofisiologici, psicologici) che sono spesso, ma non sempre, in rapporto con particolari individui chiamati sensitivi, medium, ecc. Questo studio non ha nulla a che fare con eventuali interpretazioni mistiche, spiritistiche od occultistiche dei fenomeni in questione, le quali esulano a priori dal piano della ricerca scientifica. Solamente da venti o trent’anni si può realmente parlare di un «atteggiamento» parapsicologico, del tutto analogo, per dignità e per senso di responsabilità, a quello che contraddistingue le scienze d’osservazione.

Nasce la scienza parapsicologica

Nel secolo scorso, e nei primi anni di quello attuale, illustri scienziati francesi, tedeschi, russi, inglesi, italiani, si occuparono con fervore dei fenomeni cosiddetti medianici, cioè di quei fenomeni che sembrano avvenire in presenza di certi soggetti, chiamati medium. I nomi di alcuni grandi studiosi italiani, soprattutto medici, come Cesare Lombroso, Enrico Morselli, Leonardo Bianchi, Fiippo Bottazzi, si affiancano qui a quelli di molti illustri ricercatori stranieri: Richet, Lodge, William James, Schrenck Notzing, Bergson.
Poco prima della guerra 1939-45 le ricerche e gli studi avevano raggiunto notevoli posizioni; era stato effettuato, specialmente ad opera di apposite Società, uno straordinario lavoro di raccolta e di classificazione dei fenomeni più diversi; erano stati compiuti moltissimi esperimenti con medium; con sensitivi ed anche con soggetti qualsiasi, specialmente nel campo dei fenomeni cosiddetti di telepatia e di chiaroveggenza; erano stati pubblicati libri, opuscoli e saggi in quantità straordinaria, anche se di qualità molto variabile. In tutto questo periodo (nel quale le ricerche in questione furono globalmente denominate « metapsichiche », o di «ricerca psichica») si poté assistere al distinguersi graduale di un tipo scientifico di investigazione da quello che per molti anni era stato l’atteggiamento « spiritistico ».
Colpisce peraltro il fatto che malgrado il predetto dilagare di esperienze e di pubblicazioni in tutto questo secolo sino all’inizio dell’ultima guerra, le Università e le Accademie conservassero, nei confronti della metapsichica e dei suoi cultori, un atteggiamento freddo e spesso ostile. Oggi ci si domanda se ciò dipendeva soltanto da partito preso, dalla paura di vedere sovvertiti certi schemi e certe nozioni, ed anche dalla « erraticità » dei fenomeni (che non si potevano captare o riprodurre a volontà), oppure se vi erano altre ragioni. E dobbiamo ammettere che quelle testé menzionate erano valide fino ad un certo punto. Non si trattava cioè soltanto di atteggiamenti scioccamente negativi, come quelli di chi si oppose al riconoscimento della circolazione del sangue o dell’invenzione del grammofono: si trattava anche del fatto che le ricerche metapsichiche erano inquinate da elementi spuri in teoria come in pratica; che accanto alle esperienze e agli scritti di studiosi severi si svolgevano molte pseudo-esperienze, o si pubblicavano elucubrazioni di dilettanti o di esaltati; e che persino indagatori seri e bene intenzionati si lasciavano spesso fuorviare da emozioni incontrollate, con risultati che sul piano scientifico risultavano inattendibili. Non c’è dubbio che simili deficienze, errori storture siano continuate, ed esistano, anche ai giorni nostri.

Conoscenze extra sensoriali

La metapsichica seria e migliore aveva affrontato una quantità considerevole di manifestazioni extra normali.
Essa aveva distinto i fenomeni in questione in due categorie, chiamandoli rispettivamente soggettivi ed oggettivi. Quelli soggettivi erano sostanzialmente compresi nel concetto generico di una «sensibilità» particolare, per cui sembrava possibile, in determinate condizioni che un soggetto, senza il soccorso dei propri sensi (o almeno di quelli noti), venisse a conoscenza del pensiero altrui di eventi passati, presenti od anche futuri, altrimenti non accessibili alla mente umana.
Le forme salienti di questa facoltà di «conoscenza extra normale», o « percezione extra sensoriale », o come altrimenti vuole chiamarla, sono quelle tradizionalmente note con i nomi di telepatia e di chiaroveggenza. Nella chiaroveggenza il rapporto di conoscenza si stabilirebbe tra il soggetto A ed un oggetto o un avvenimento B, mentre nel so della telepatia esso si stabilirebbe a due persone X e Y. Fra queste due forme vi sono varie possibilità di interferenza.
Tra le sottospecie di questa conoscenza paranormale, od extra sensoriale, troviamo altre manifestazioni come la cosiddetta «psicometria », in cui il sensitivo si mette in contatto con un oggetto di provenienza a lui sconosciuta e descrive con particolari a volte straordinariamente minuziosi le persone e gli avvenimenti che furono con tale oggetto in relazione.
Abbiamo inoltre le « corrispondenze incrociate », che consistono nella scrittura contemporanea di due testi simili o complementari ad opera di due individui lontani uno dall’altro. Abbiamo, secondo alcuni, anche la radiestesia, cioè quella operazione che consiste nell’individuare oggetti, cose o persone lontane o nascoste, servendosi di particolari pendoli o bacchette. E abbiamo anche casi (veri o presunti) di premonizione, precognizione o profezia.
Nel campo assai più controverso dei fenomeni di carattere oggettivo si possono menzionare alcune tradizionali manifestazioni di tipo medianico, come i movimenti di oggetti senza contatto aprente, l’emissione da parte del medium particolari sostanze (il cosiddetto «ectoplasma » o « teleplasma », i presunti fenomeni di «apporto », o di apparente penetrazione della materia attraverso la materia, quelli delle « voci dirette » medianiche, ed infine i fenomeni di « infestazione », e cioè le manifestazioni extra normali di ordine fisico che avvengono preferenza in particolari ambienti o circostanze ambientali.

Riportiamo la questione “a zero”

Di questi fenomeni più strabilianti (ed anche meno credibili) la parapsicologia moderna si occupa poco o punto; essa ha rimesso per così dire tutta la questione « a zero », e ha promosso ricerche nuove da nuovi punti di vista.
La moderna impostazione delle ricerche e degli studi parapsicologici è contrassegnata in buona parte dai metodi e dalle indagini (che cominciarono intorno al 1930) della cosiddetta scuola americana di parapsicologia guidata dal prof. J. B. Rhine, docente nella « Duke University » (Durham, N. C.). Questi si pose i problemi principali della parapsicologia in questi termini:
1) se era possibile che una persona percepisse o reagisse ad oggetti o eventi o pensieri indipendentemente dai sensi riconosciuti, ossia mediante una presunta percezione extra sensoriale;
2) se si poteva, sperimentando su più soggetti in condizioni tali da escludere l’uso normale dei sensi, ottenere risultati che avessero un significato statistico.
In un secondo tempo, Rhine si pose un altro problema: si chiese cioè se in determinate condizioni l’atteggiamento mentale, la volontà, ecc., potessero avere una influenza diretta sul comportamento di oggetti materiali, ossia se – come si suoi dire comunemente – lo spirito potesse influenzare direttamente la materia.
Per la verifica delle predette ipotesi il Rhine e i suoi collaboratori adoperarono alcune tecniche basate:
1) sul numero fisso e limitato degli oggetti, delle immagini o di altro materiale su cui doveva esercitarsi la presunta percezione extra sensoriale;
2) sul numero grandissimo delle prove effettuate con gli stessi soggetti o con gruppi omogenei di soggetti;
3) sulla introduzione progressiva di modificazioni e di espedienti, volti a delimitare e isolare fasi e fattori della ricerca.

Carte speciali per escludere il caso

E’ ormai largamente noto che il materiale usato dalla scuola del Rhine, e poi da altri gruppi di lavoro o da singoli studiosi in molti paesi del mondo, è costituito fin dall’inizio in speciali mazzi standardizzati di carte da giuoco, le cosiddette « carte Zener ». Questi mazzi sono di 25 carte e portano 5 volte 5 diversi simboli, ossia un circolo, un quadrato, un’onda, una croce e una stella.
Il criterio matematico-statistico seguito dalla scuola del Rhine è il seguente: data la distribuzione delle carte e dei simboli relativi nei mazzi da 25, è evidente che la probabilità media di indovinare una carta è 1 su 5; in un numero limitato di colpi questa media potrà subire forti deviazioni, ma non così in un numero molto grande; tanto maggiore sarà questo numero, tanto più il numero dei colpi indovinati dovrà avvicinarsi a quello previsto dal calcolo delle probabilità.
Se invece in molte esperienze condotte in condizioni diverse di tempo, luogo e persone, il numero dei colpi indovinati eccede sistematicamente non soltanto il rapporto da 1 a 5, ma anche il limite entro il quale questa media dovrebbe oscillare secondo il calcolo delle probabilità, è lecito pensare in prima approssimazione alla eventualità di una facoltà di percezione extra sensoriale, o conoscenza paranormale, posseduta dal soggetto O dai soggetti, per cui si renderebbe possibile l’anzidetto notevole scarto rispetto a ciò che vorrebbe il calcolo statistico delle probabilità.
Ora questo è proprio ciò che è accaduto alla Duke University per circa 35 anni; dal 1932 ad oggi le « passate» delle carte Zener sono state molti milioni; e sia globalmente – cioè tenendo conto di tutte le singole esperienze – sia limitatamente a varie importanti serie sperimentali singole, il caso è stato regolarmente battuto, e l’ipotesi dell’esistenza della percezione extra sensoriale si è perciò sempre più consolidata.
Secondo calcoli approssimativi compiuti dallo stesso Rhine rispetto a tutto il complesso delle prove effettuate, abbiamo oggi una probabilità di alcuni miliardi a I contro l’eventualità che i risultati ottenuti siano stati dovuti al caso. Questi dati impallidiscono essi stessi di fronte a quelli di esperienze singole, in cui le cifre paragonate all’unità ascendono a dimensioni astronomiche. Basterebbe calcolare ad esempio la probabilità nel caso di alcune esperienze eseguite dal prof. B. F. Riess della «Hunter Academy» di New York. Il soggetto percipiente era una ragazza situata in un edificio diverso e distante da quello in cui si trovava la persona che fungeva da agente. Erano a loro disposizione orologi sincronizzati. In queste condizioni il soggetto, su 74 passate del mazzo di carte, superò l’incredibile media di 18 punti su 25 ed una delle passate diede addirittura un punteggio pieno di 25 su 25. Quanto ai soggetti sperimentati, risulta ormai chiaro che mentre vi sono individui i quali presentano possibilità di percezione extra sensoriale in modo particolarmente spiccato ed altri invece che sembrano esserne dotati in grado minimo, la facoltà – se esiste – non si associa necessariamente ad alcuna delle varie categorie di soggetti, né all’età, né al sesso, né alla razza, né al grado di intelligenza, né al fatto che i soggetti siano psicologicamente normali oppure psiconevrotici, ciechi o veggenti, ipnotizzabili o non ipnotizzabili. Nulla di tutto ciò sembra condizionare, oppure escludere, la percezione extra sensoriale; e questa appare quindi sempre più non già come una facoltà isolata, straordinaria o privilegiata ma, in grado maggiore o minore, come una proprietà profondamente radicata della personalità umana.
I risultati della scuola del Rhine hanno consentito di valutare molto esattamente diverse condizioni psicologiche e fisiologiche ambientali e interpersonali relative – in senso sia favorevole sia sfavorevole alla percezione extra sensoriale. Si è constatato, per esempio, che lo slancio, l’entusiasmo o l’interesse fanno aumentare le percentuali e viceversa; che certe sostanze chimiche hanno una influenza favorevole mentre altre abbattono le medie statistiche; che nelle serie di una certa lunghezza i risultati migliori si hanno all’inizio ed alla fine, secondo ciò che i fisiologi da molto tempo hanno indicato come la « curva ad U » dell’affaticamento; e che gli ostacoli fisici e la distanza non sembrano influire sui risultati, a meno che non vi siano ragioni autosuggestive o suggestive in senso negativo o positivo. Ti processo della percezione extra sensoriale è del tutto inconscio, e non pare finora che possa essere direttamente influenzato o controllato dalla volontà.

L’effetto PK

Dopo un periodo in cui si pensò alla possibilità di investigare seriamente i fenomeni che la metapsichica tradizionale chiamava fisici od obiettivi, tale possibilità è riapparsa ed è stata abilmente sfruttata. Si tratta, come si è accennato, di una possibile azione diretta della psiche sulla realtà oggettiva, di un particolare «effetto» della volontà, a cui è stato dato il nome di « effetto psico-cinetico» o più brevemente effetto « PK ».
L’idea elementare che portò ai primi studi sull’effetto PK fu la curiosità di vedere se cercando di influire mentalmente sulla caduta di comuni dadi da giuoco fosse possibile, alla lunga, ottenere risultati che avessero una significatività statistica.
Dopo un inizio (intorno al 1934) straordinariamente brillante, le ricerche sull’effetto PK continuarono con molta intensità e seguendo i più svariati accorgimenti. Naturalmente la prima ipotesi critica avanzata fu quella di una qualche imperfezione nei dadi. A questa obiezione fu subito risposto adoperando successivamente gli stessi dadi per scopi opposti: ad esempio intendendo in una prima fase di esperienze ottenere risultati superiori a 6, e in seconda fase con gli stessi dadi – risultati inferiori a 6. Tanto nella prima che nella seconda serie di esperienze si ottennero deviazioni significative. Così pure, l’idea che i risultati potessero dipendere dal modo di gettare i dadi fu eliminata dal momento in cui i lanci – come avviene ormai da molti anni – furono effettuati con apposite macchine.
Dopo lunghi studi ed esperimenti, si può oggi ritenere che l’effetto PK abbia altrettanti diritti di cittadinanza nella repubblica della parapsicologia quanto quelli della percezione extra sensoriale. In particolare, ciò che più colpisce nell’effetto PK è la nessuna concordanza tra il fenomeno e i processi del mondo fisico: che i dadi od altri oggetti solidi adoperati in queste esperienze siano piccoli o grossi, pesanti o leggeri, che ne vengano adoperati 2 o 24 o 48 o 66… tutto ciò non conta nulla agli effetti dell’eventuale risultato. Se si lanciano 2 dadi di dimensioni diverse, non è detto affatto che l’effetto PK si verifichi più facilmente sul più piccolo. Insomma, sembra abbastanza evidente che l’effetto PK appartiene anch’esso a un ordine di fenomeni più « psicologici » che fisici!

Discussioni sulle ricerche statistiche

Le ricerche qui descritte sono state riprese e ripetute da parecchi studiosi in molti paesi del mondo, con risultati in genere concordanti. Sulla rigorosità di questo genere di esperienze naturalmente molto è stato scritto e discusso. La validità delle analisi matematico-statitiche della scuola americana è stata riconosciuta da alte autorità e da enti internazionalmente qualificati, come ad esempio l’Istituto Americano di Alta Matematica; ma naturalmente non tutti i critici della parapsicologia si sono dichiarati soddisfatti. Qualcuno ha attaccato il metodo statistico, contestandone la validità in modi che beninteso hanno trovato controcritiche da parte di vari esperti. In genere si è riconosciuto che una determinata serie di eventi statistici non prova direttamente nulla circa la eventuale extra normalità dei fenomeni rappresentati; tuttavia è noto che questi fenomeni hanno, oltre ai loro profili statistici, anche certi contenuti ed aspetti carattere «qualitativo », ed è appunto questo carattere quello che rende valide significative le risultanze quantitative statistiche.
Naturalmente la via nuova battuta dal Rhine e dai suoi collaboratori non è la sola che la parapsicologia segua attualmente. Gli esperimenti sui grandi numeri quelli «di massa » non escludono affatto le esperienze su soggetti singoli che volontariamente si prestino, così come non è affatto detto che la tecnica delle esperienze debba essere sempre e comunque basata sull’uso di carte o di dadi. Molto interessante e promettente appare per esempio lo studio in profondità dei oggetti in quanto tali, anche a prescindere dai fenomeni che essi possono proporre.

Parapsicologia e psicoanalisi

La parapsicologia ha comunque ambizioni molto maggiori che non quella della verifica, sia pure rigorosa ed accuratissima, di questo o quel tipo di fenomeno. Essa intende giungere poco a poco a una definizione dei meccanismi sottogiacenti, delle motivazioni, delle condizioni stesse dei fenomeni. Perciò già da un certo numero di anni, negli esperimenti quantitativi della scuola americana, si studiano i rapporti che corrono tra i gradi di emergenza dei fenomeni e tutta una serie di altri fattori, come per esempio il sesso dei partecipanti, la loro età, il loro tipo psicologico essenziale, le condizioni fisiologiche in cui si trovano, le loro disposizioni d’animo, le condizioni di ora, di luogo, di tempo, l’uso eventuale di droghe e – fattore particolarmente importante – il tipo di rapporti interpersonali fra i soggetti e gli sperimentatori. E proprio a questo proposito – cioè a proposito della importanza dei rapporti interumani nel quadro delle manifestazioni parapsicologiche – si delinea un’altra via di approccio, certo non meno importante di quella degli studi e dei metodi statistico-matematici.
Dobbiamo ricordare che la psicologia moderna – dopo le fondamentali scoperte originate da Freud – concepisce la personalità psichica umana come un apparato a varie dimensioni, di cui l’inconscio fa parte integrante. E’ chiaro pertanto che in uno studio moderno dei fenomeni parapsicologici non si può non chiedersi, a un certo punto, quale parte i meccanismi psicologici inconsci dei soggetti e dei partecipanti abbiano nella determinazione e nelle caratteristiche specifiche dei fenomeni stessi.
Alcuni studiosi, per esempio l’inglese Carington, avevano cercato di applicare a sensitivi o a medium dei reattivi psicologici noti (tests) per determinare i loro profili di personalità e le eventuali variazioni di questi profili nel corso di certe esperienze; più recentemente studiosi americani hanno effettuato su un vasto numero di individui ricerche analoghe per cui a certi tipi psicologici di persone appaiono corrispondere certi risultati, volta a volta, positivi o negativi.
I risultati più brillanti sono stati tuttavia quelli ottenuti dalla investigazione psicoanalitica di eventi, e soprattutto di sogni paranormali, e ciò sia nell’ambito vero e proprio del rapporto tra analista e paziente, sia ed anche al di fuori di una vera e propria situazione di analisi.
Freud aveva indicato, già nel 1900, nella sua « Interpretazione dei sogni », che al pari del sogno – anche se in modo più sommesso – tutti i prodotti terminali dell’attività psichica possono risentire degli interventi deformatori, degli accomodamenti e delle censure, messi in opera da particolari meccanismi profondi della personalità umana: quelli che sono stati anche chiamati i « meccanismi di difesa » dell’apparato psichico. Questi interventi vanno da un minimo ad un massimo di distorsione o di deformazione, e spesso impediscono di vedere chiaro nella vita psichica profonda, e nelle motivazioni di molti pensieri, fantasie, comportamenti e sogni, a meno che non ci si serva dello strumento psicoanalitico, il quale permette di vedere oltre queste difese, e malgrado queste distorsioni.
Nel 1922, Freud si disse che se i fenomeni telepatici esistono, non si vede perché essi dovrebbero sfuggire agli anzidetti meccanismi generali di deformazione e di distorsione. Interpretando il sogno di un suo corrispondente, egli mostrò in quale modo il suo contenuto, verosimilmente telepatico fosse stato camuffato e reso meno evidente da particolari meccanismi profondi, e da certe riluttanze o resistenze inconsce.
Sulla traccia di queste geniali indicazioni del fondatore della psicoanalisi (il quale – vale la pena ricordarlo – manifestò per ben sei volte nella vita, attraverso altrettanti scritti, il suo interesse per i problemi parapsicologici), hanno lavorato da molto tempo parecchi indagatori di diverse Nazioni. Le caratteristiche particolari della situazione di analisi hanno permesso a vari psicoanalisti di indicare con sempre maggiore precisione quali siano le condizioni e le motivazioni interpersonali che sembrano favorire se non addirittura provocare certe comunicazioni di tipo telepatico. Naturalmente la descrizione particolareggiata di applicazioni analitiche di tal genere porterebbe troppo lontano e richiederebbe troppo spazio.
A conclusione di questo excursus nel campo della moderna parapsicologia, è opportuno osservare che tanto l’avvicinamento quantitativo quanto quello qualitativo, animato e potenziato dai nuovi apporti della psicologia del profondo, mostrano un progressivo inserimento della « dimensione » parapsicologica nella personalità generale dell’uomo come specie, dell’uomo totale. La parapsicologia mira in sostanza ad aggiungere un parametro alla nostra misurazione dell’uomo.
EMILIO SERVADIO
Presidente della Società Psicoanalitica Italiana

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