Pietre, Anno II, fas. IV, Aprile 1927
Un indirizzo che si preannuncia interessante, più per il suo significato, probabilmente, che per la importanza pratica, è quello che fa capo a Evola e ad alcuni altri scrittori, da poco riunitisi in gruppo intorno ad una curiosa «rivista di indirizzi per una scienza dell’Io », la quale prende il suo nome dal «Fuoco iniziatico » («UR») e si pubblica a Roma.
Il nome dell’ Evola non è quello di un ignoto. La sua è indubbiamente una personalità del tutto « sui generis », e chi scrive ricorda benissimo certe manifestazioni poetiche e certi disegni «dadaisti » da lui pubblicati, che sconcertarono non poco i quattro lettori, assuefatti per altro ai più audaci tentativi di rinnovamento artistico, di « Roma futurista », giornale ebdomadario da un pezzo defunto. In un’epoca nella quale l’interesse per le manifestazioni modernissime dell’ « esprit nouveau » non si era ancora minimamente destato nella classe media, l’ Evola superava tranquillamente per conto suo le più pazzesche derivazioni del Bergsonismo, e si ritirava in una meditazione durata qualche anno, e rotta da poco tempo con l’apparizione dei suoi « Saggi sull’Idealismo magico »,costituenti come il preludio di una vasta opera tuttora in progressivo svolgimento, la quale dovrebbe, nelle intenzioni almeno, rivoluzionare dalla base il pensiero contemporaneo.
Per esporre con qualche compiutezza il pensiero dell’ Evola, i cui lineamenti definitivi appariranno nella « Teoria dell’Individuo Assoluto », di prossima pubblicazione, e che per ora è stato abbozzato nei citati « Saggi » e nell’ Uomo come Potenza », apparso da poco, occorrerebbero molte pagine. Ma tale non essendo il nostro modesto compito di informatori, ci limiteremo a darne un cenno sommario.
La crisi dell’idealismo contemporaneo non è, secondo l’ Evola un semplice trapasso gestatorio da un sistema filosofico ad un altro in fieri: si tratta, secondo lui, di una ben più grave contingenza, alla quale l’uomo, il cui divenire è in giuoco, non può sottrarsi che per una sola via. E la contingenza è il fatto che la soluzione idealistica del problema gnoseologico ha « tagliato tutti i ponti »dietro all’individuo, pur dimostrandosi nello stesso tempo insufficiente. Indietro non si può tornare, dice l’ Evola: il postulato che non si può affermare una realtà indipendente dall’io che la pensa è inattaccabile. D’altra parte « l’idealismo, come condizione per una assoluta certezza, è un valore morale, un dover essere; esso deve essere; eppure non può, nella coscienza reale, essere. All’Io,pervenuto discorsivamente alla coscienza di sé come del principio assoluto di tutta quella realtà in cui egli vive la sua vita, si oppone in sede concreta questa stessa realtà come qualcosa su cui egli non ha potenza » (Saggi, pag. 17). Di qui, secondo l’ Evola, la crisi in cui si dibatte il pensiero odierno, il quale, superata concettualmente una realtà per sé stante, le è poi praticamente asservito, non ha neppure la possibilità di riparare dietro posizioni ormai insostenibili, e si trova quindi in una « impasse », a liberarlo dalla quale i vecchi mezzi più non sono adeguati.
Allora, dice l’ Evola, non c’è che una soluzione: quella di impadronirsi di fatto della realtà ribelle, cosicché nell’individuo si accentri veramente il cosmo; e, a questo scopo, ricercare, sulla traccia delle tradizioni degli Iniziati e dei Maghi, il segreto della Potenza, impadronirsene, e dominare. Fuori di questa via, egli afferma, nessuna speranza di salvezza, ma solo un arrovellarsi di spiriti soggetti.
L’originalità, nel pensiero di cui abbiamo esposto così insufficientemente il nocciolo, non sta tanto nella aspirazione alla Potenza magica, che più e più volte è stata oggetto di sguardi bramosi di tentativi più o meno abortiti, quanto nel processo per il quall’Evola vi è giunto, attraverso un superamento, discutibile s’intende, ma degno di attenzione, delle odierne speculazioni filosofiche. Egli si differenzia così nettamente (e tiene a farlo rilevare)da tutti coloro, occultisti, teosofi, ecc., i quali trascurano, per ignoranza o per partito preso, tali speculazioni. « Che l’idealismo astratto debba venire superato », egli scrive (« Saggi », pag. 22) « ciò è stato più sopra mostrato, e con le parole stesse dell’ idealismo; ma superano significa assumerne le posizioni, confutarle o ridurle a semplici presupposti e passar oltre; non metterle semplicemente da parte, non ignorare che esso contiene una concezione del mondo comprensiva ed inevitabile, fiore di una bimillennaria civiltà per tornarsene spensieratamente a concezioni ingenue che esso ha da tempo confutate e risolte ». Appunto in grazia di questa sua posizione, un tale pensiero dovrebbe essere considerato attentamente da tutti i ricercatori, dai professori di filosofia come dai mistici. Naturalmente invece esso è stato fin qui. quasi trascurato, o preso in considerazione a scopo derisorio o stroncativo.
Nell’« Uomo come Potenza », sono indicati i mezzi affinché l’aspirazione ai Dominio possa realizzarsi. L’autore, che fra parentesi è un conoscitore non superficiale del pensiero Orientalistico, ha esposto con cura i metodi di autorealizzazione magica propri ai« Tantra » Indiani, e sembra significare: « messo t’ho innanzi: ormai per te ti ciba ». E in verità, a chi fosse del tutto persuaso di quanto l’ Evola scrive, più non rimarrebbe che seguire con fede e pazienza una delle tante vie iniziatiche tradizionali.
L’ Evola stesso però, a quanto pare, si rende conto che la parte speculativa non è perfetta, e perciò annunzia la « Teoria dell’ Individuo assoluto »;e vede altresì la necessità di creare un cerchio vasto e consapevole di « ricercatori dell’ Io », e perciò pubblica la rivista di cui abbiamo fatto parola più sopra. Sull’ importanza di quest’ultima è prematuro pronunciarsi, ben si comprende, (per quanto sia già di per è interessante il fatto ch’essa pubblica alcuni testi magici o mistici poco noti), così come sarebbe prematuro voler dare un giudizio definitivo sull’ Idealismo magico.
Attendiamo, dunque, le altre opere di questo strano pensatore, le cui speculazioni, da qualunque punto di vista si voglia considerarle, non sono meno in sé stesse il frutto e il segno di quell’ansia di rinnovamento, di quella crisi ch’esse intendono risolvere, e che è l’oscura matrice in cui si va generando il pensiero finale del secolo che si forma.
E.Servadio