In Luce e Ombra 1929 pp.321-324
Sommario: Ragguaglio su alcuni esperimenti occultistici di gruppo. Confronto con la fenomenologia metapsichica nota. Si dubita che l’atteggiamento degli sperimentatori sia stato diverso da quello adottato in ricerca psichica. Si contesta il carattere « magico » delle esperienze in questione.
La rivista « Krur » ha pubblicato, nel n. 5 di quest’anno, la relazione di alcune « esperienze di catena » tenute a Genova da un gruppo di occultisti. Nostra intenzione è, dopo avere riassunto brevemente la relazione stessa, di esaminarla dal punto di vista della ricerca psichica e di trarne qualche conclusione di ordine generale.
Premettiamo alcune delucidazioni per chi non fosse troppo al corrente. L’occultismo « magistico » di coloro che fanno capo alla rivista « Krur » è sostanzialmente – con in meno le nebulosità e gli irritanti sottintesi che erano di moda nei secoli scorsi – quello tradizionale: esso considera cioè l’universo un libero giuoco di forze, alcune soltanto delle quali sono da noi abitualmente conosciute, mentre delle altre l’uomo può progressivamente impadronirsi sottoponendo il proprio essere ad un processo di ascesi e di purificazione (intendendo questi due termini in senso tecnico e non in senso morale). Di qui, svariate esigenze e applicazioni, sia di ordine generale (in sede filosofica, sociologica, politica, ecc.), sia di ordine particolare per quanto riguarda la tecnica da seguire dagli individui singoli, o dai gruppi che essi possono costituire per ottenere, con le loro forze sommate, risultati più ampi. Di qui, anche, la costituzione effettiva di questi gruppi in varie città, collegati fra loro simpaticamente in una simbolica catena.
Il gruppo che c’interessa è formato di cinque persone di sesso maschile, due soltanto delle quali avevano dapprima compiute, pratiche di autorealizzazione magica (yoga). Le riunioni, iniziate alla fine del 1927, sono state tenute regolarmente, quasi senza interruzione, due volte la settimana, il martedì e il venerdì, nello stesso ambiente. Sono stati usati i profumi d’incenso e di mirra, ed eccezionalmente vapori di etere rettificato.
Nella relazione la fenomenologia è distinta in interna ed esterna.
La prima può essere così riepilogata:
a) costituzione di una « presenza » sin dall’estate 1928, e sua rinnovazione ogniqualvolta il gruppo si trovi riunito, in tutto o in parte, anche senza intenzione;
b) sensazione di una « corrente », « spesso sentita come un vero impeto che conduce ad uno stato frenetico interno con sensibile accelerazione della circolazione sanguigna ». Sensazioni occasionali di panico, di una « forza reale » superiore. Visioni interne svariate, talora collettive e simultanee;
c) occasionalmente, ad uno o all’altro degli sperimentatori: perdita della coscienza; sensazione di distacco dal corpo e di paralisi.
Per quanto riguarda la fenomenologia esterna:
a) fenomeni spontanei: un corto circuito nell’impianto elettrico del locale. Rumori secchi e brevi nei mobili e nelle pareti;
b) esperienze volontarie riuscite: riaccensione di un pezzo di legno spento da poco. Azione psichica su di una persona lontana inconsapevole, cui stato ordinato con successo di trovarsi in un dato luogo;
c) esperienze volontarie fallite: crescita anormale di una pianta. Accensione di sostanza infiammabile. Tracciamento di un pentagramma all’interno del circolo mediante limatura metallica.
Questi, i fatti riferiti. La loro veridicità non vuol essere qui posta in dubbio, e viene ammessa, una volta tanto, senza garanzia, pur essendo doveroso rilevare che esperienze di questo genere, se per principio intendono trascurare le forme di controllo (e, anzitutto, quella della pubblicità dei nomi degli sperimentatori) che sì impongono in ricerca psichica, dovrebbero invece adottarle quando s’intenda, come in questo caso, sottopone ad un pubblico giudizio e assegnar loro un valore dimostrativo. Ciò posto, premettiamo di essere pienamente d’accordo sul punto fondamentale posto in rilievo dai relatori, che cioè la fenomenologia in questione va considerata semplicemente come generica riprova della necessità di allargare il nostro comune concetto di realtà empirica. Ma visto che di tale fenomenologia non si è creduto inutile occuparsi, sia da parte dei relatori che da parte della Direzione stessa della rivista, crediamo che un esame critico sommario possa essere senz’altro giustificato. Aggiungiamo che questo esame vuol riferirsi soltanto all’oggetto cui si applica, e che errerebbe chi credesse di dedurne una critica generale all’indirizzo e al movimento presi nel loro complesso. Una critica cosiffatta dovrebbe, naturalmente, prender le mosse da punti di vista ben diversi.
Una prima osservazione, che appare evidente anche a chi si occupi soltanto per incidenza di quest’ordine di studi, è la somiglianza che offrono i fenomeni ottenuti dal gruppo (prescindiamo per un momento dalla « fenomenologia interna ») con quelli contemplati dalle ricerche psichiche cosiddette « sperimentali ». All’obbiezione, che sorgerà spontanea in chi segue le direttive di « Krur », circa il diverso atteggiamento assunto di fronte ai fenomeni stessi (attivo in occultismo, passivo in ricerca psichica) cercheremo di rispondere traendo le nostre conclusioni. Il verificarsi di « rumori secchi e brevi nei mobili e nelle pareti » è comunissimo nelle sedute medianiche, a cominciare dai casi di Hydesville sino a quelli osservati dal Maxwell (Les phénomènes psychiques, p. 67) o dall’Hyslop (An experiment for raps, Amer. S. P. R. Journal, XIV, 252 segg.). Nella massima parte dei casi questi raps sono inintelligenti; raramente sembrano prodotti da una forza cosciente e si prestano a stabilire un linguaggio convenzionale.
Anche i fenomeni elettrici sono stati perfettamente studiati: il Du Bourg de Bozas, nella relazione presentata al I Congresso di Ricerche psichiche di Copenhagen (1921) riferisce di un suo soggetto che, posto dentro o fuori di un circuito elettrico aperto, riusciva a chiuderlo con l’imposizione della mano e la concentrazione della volontà.
Non abbiamo presente (pur senza escludere che ve ne siano negli annali) casi di riaccensione di un legno o di altra sostanza spenta da poco. Comunque, osserviamo che fenomeni luminosi si sono verificati con parecchi soggetti, particolarmente con Home e con la Paladino, e non sono dei più rari. Il Bozzano (Dei fenomeni d’infestazione) riferisce poi svariati casi di combustione spontanea.
Sul terzo ed ultimo fenomeno riuscito, che è praticamente e teoricamente il più importante, su quello cioè dell’influenza a distanza sopra una persona inconsapevole, vi sarebbe molto da dire. Intanto, non riusciamo a comprendere perchè in una nota della Direzione della rivista si voglia ad ogni costo ribadire una differenza tra un simile esperimento ed un’esperienza di suggestione.
S’intende che una differenza sostanziale c’è se ci si riferisca al processo della « suggestione a termine » o « a scadenza» : fenomeno quanto mai interessante da un altro punto di vista (cfr. il nostro scritto in « Luce e Ombra », 1923, 3-4), ma che qui non entra naturalmente in considerazione. Ci si può invece, a nostro avviso, riferire perfettamente alla «.suggestione mentale a distanza », fenomeno che soltanto i tardigradi seguitano a negare.
Chi può dubitare che in questa entri in giuoco una « forza reale » e non semplicemente un’influenza suggestiva nel senso corrente e banale del termine? Eppure il Janet, l’Ochorowicz (v. lo speciale volume di questi: De la suggestion mentale) riuscivano sin dal 1885 in queste esperienze – per non parlare del Boirac e di vari altri che li imitarono – e non per ciò credevano di compiere atti magici. Una differenza è che qui l’azione è stata esercitata concordemente da più persone : e nulla vieta di pensare che appunto per questo tale azione possa essere stata particolarmente efficace. Ma persino il procedimento (contemplazione, visualizzazione, ecc.) è eguale in entrambi i casi.
Proviamo ora a trarre qualche conclusione, per quanto sia malagevole trarne in quest’arduo campo. Dall’esame obbiettivo dei fenomeni verificatisi nel gruppo di Genova risulterebbero a nostro avviso, in termini di metapsichica, le deduzioni seguenti:
1. Tutto si svolge come se nel circolo vi fossero uno o più soggetti presentanti facoltà psichiche speciali, comunemente chiamate «medianiche »;
2. L’ambiente in cui si svolgono i fenomeni è particolarmente sintonizzato data la frequenza e la regolarità delle sedute e l’affinità psichica dei componenti, se poi consideriamo la fenomenologia interna;
3. Sembrerebbe formarsi occasionalmente una « entità’» diversa e distinta dai presenti, al modo in cui essa si formava nelle sedute dell’Ochorowicz (secondo l’interpretazione che egli ne dava) e del Mackenzie; la questione è stata approfondita con acume da quest’ultimo (Metapsichica moderna, specialm. p. 276 segg.), il quale ha ripresentato con maggior fondamento di altri l’ipotesi della costituzione di entità polipsichiche », cioè attinenti nei loro elementi alle personalità (subconscie) dei presenti, ma risultanti tuttavia globalmente staccate e differenti.
4. Gli « stati di coscienza » più vari si hanno sovente nelle sedute medianiche, a cominciare dal medium sino al più estraneo degli sperimentatori, Anche in questo, nulla di nuovo. Le visioni interne con forza obbiettivante, di singole persone o di più sperimentatori, sono anch’esse fenomeno ben noto.
Ed ora, ancora una parola circa l’atteggiamento. Che quello degli sperimentatori di Genova, sia stato attivo di fronte ai fenomeni invece che passivo non è, in questo caso, affatto dimostrato, perchè:
a) alcuni fenomeni accaduti non sono stati voluti (visioni, costituzione della «presenza », sensazioni di panico, catalessi di uno del gruppo, fenomeni elettrici, rumori, ecc.);
b) altri fenomeni voluti non sono accaduti (crescita anormale di una pianta, tracciamento del pentagramma con limatura metallica, ecc.);
c) i fenomeni voluti e accaduti conservano in primo luogo, da quanto precede, un coefficiente di casualità; in secondo luogo sono fenomeni in massima conosciuti, classificati, e che possono essere prodotti nelle stesse condizioni di « tentativo con riuscita possibile » da soggetti allenati o addirittura (caso della suggestione mentale) anche da sperimentatori che nulla hanno o vogliono avere in comune con « facoltà psichiche » speciali. Conclusione: tutto tende a dimostrare che di magico, nelle esperienze qui considerate, non c’è se non la buona volontà e l’intenzione assai nobile di chi le ha compiute.
A questo punto sentiamo di aver contro un’ultima trincea, quella insormontabile: ci si dirà che l’ « esperienza interiore », altrettanto vera per chi la prova quanto quella della realtà bruta, porta con sè la convinzione, ecc., ecc.
Naturalmente, contro questa presa di posizione, « rien à faire»!
Noi stessi l’abbiamo altre volte difesa, dichiarandola inattaccabile…
Soltanto si giunge allora a quest’altra conclusione: che chi si chiude dentro questo « Blockhaus » non deve uscirne, inquantochè se ne esce per entrare nell’agitato campo della volgare esperienza, rischia di essere respinto sulle primitive posizioni.
EMILIO SERVADIO.