Prefazioni e introduzioni anni '20

PREFAZIONI E INTRODUZIONI ANNI ’20 -EDGAR ALLAN POE “STRAVAGANZE”

Prefazione a: Edgar Allan Poe “Stravaganze”, Formiggini, Roma 1929

Gli scritti di Edgar Allan Poe che presentiamo ai lettori in questo volume sono tra quelli meno noti del grande novelliere Americano e riflettono un aspetto del suo vasto genio creatore sul quale non troppo si è soffermata sin qui l’attenzione dei critici: infatti, come appare dal titolo, si tratta di pagine prevalentemente umoristiche; assai diverse quindi da quelle che al Poe hanno dato la celebrità, e che sono invece, come tutti sanno, percorse da un vento di follia e di allucinazione.
Umorismo. Non ripeteremo qui le diatribe sulla sorgente del comico, per tentar poi di rintracciarla nel Poe, né scopriremo quanto è ormai di pubblico dominio sull’humour anglosassone. Presupponendo quindi già note le fondamentali caratteristiche di quest’ultimo, cercheremo piuttosto di definire i segni particolari del Poe umorista, e di confrontarli con quelli della restante sua opera, più familiare ai lettori italiani.
Osserveremo anzitutto che degli otto scritti riuniti in questo volume (sei dei quali del tutto inediti in traduzioni, gli altri due tradotti soltanto una volta, e presentati qui in nuova forma), la massima parte è tratta da quella sezione delle sue opere che nell’edizione americana Charles Scribner’s Son, New York, è stata intitolata « Stravaganze e capricci », e che solo Mistificazione e Gli occhiali son tratti dalle « Novelle d’illusione ». L’umorismo dello scrittore va dunque ricercato soprattutto in quei momenti nei quali, lasciando libero il corso all’estro capriccioso, egli scrive le sue pagine meno frenate: pure scorribande nei regni delta fantasia. Anche in queste l’immaginazione Poeiana, in preda ai fantasmi del liquore o anche dello stupefacente, trova un suo appagamento. Il quale non sarà quello fiorito e noncalente di un Wilde, supponiamo, bensì manterrà sempre, più o meno visibile, l’intimo tormento di ricerca ch’è indissolubile dalla personalità del Poe, e che costituisce anzi la sua più vera essenza artistica.
Non si creda, quindi, di poter ridere in queste pagine del riso aperto quale può esser provocato da altri « Classici ». Il riso del Poe è quasi sempre beffardo, talora stridente, come nel caso del Duca de l’Omelette. L’analisi incessante del particolare, tesa a strappare alla materia il suo segreto, e il perenne fatale cadere vicino alla irraggiungibile mèta, propri! di tutta l’opera del Poe, si ritrovano immutati in queste pagine.
Con ciò non intendiamo affatto misconoscere il loro carattere umoristico, il quale ha indotto l’amico Editore e me stesso ad includere questo volume nella collezione. Come non scorgere sotto una luce di ridicolo figure come quella di Hermann del racconto Mistificazione, o quella di Thingum Bob che ci narra la sua vita letteraria? Come non considerare quali espressioni del più vivo umorismo americano le trattazioni in linguaggio preciso e «tecnico» di temi quali L’imbroglio considerato come una scienza esatta, o la vita, piena di grotteschi ed inverosimili espedienti, di chi si asserisce un metodico « uomo d’affari »? Né insisto sulla caricatura dell’ortopedia moderna né L’uomo usato o su quella (tale almeno io l’intendo) delle sorridenti spiegazioni scientifiche relative a fantastiche coincidenze tipo Verne, di Tre Domeniche in una settimana.
Si potrebbe del resto osservare come, in buona parte dei suoi scritti anche ottemperanti a tutt’altre esigenze, nel Poe la corda dell’umorismo risuoni con insistenza. Perfino nella macabra novella Tu sei il colpevole! o in racconti di puro ragionamento quali La lettera rubata affiora a tratti la vena dell’ironia o della satira paradossale. Giammai però essa sgorga così in primo piano come negli scritti dei quali presentiamo una parte.
Una parte, diciamo. E’ stato infatti necessario procedere ad una scelta, ed in questa abbiamo in massima seguito il criterio della novità, persuasi di far cosa grata a coloro che non conoscono il testo inglese degli scritti. Esclusi dunque, o perché praticamente intraducibili, o perchè assolutamente troppo lontani dal nostro spirito, i tre o quattro altri « capricci » meno noti del Poe umorista, abbiamo inoltre eliminato alcuni di quelli già apparsi in parecchie altre edizioni, cioè Il diavolo nel campanile, L’Angelo della Bizzarria, ecc. ecc. Non è però escluso, ove l’accoglienza a quelli qui riuniti sia soddisfacente, che in un secondo volume si possano raccogliere anche gli scritti umoristici più noti, in modo da completare la serie, almeno per quanto riguarda questa parte della voluminosa opera del Poe.
Emilio Servadio

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