Luce e Ombra, 1925, pp.37-40
Le conclusioni unilaterali e probabilmente semplicistiche della scuola di Nancy sono state ormai superate; allo stesso modo che questa scuola aveva dato il colpo di grazia all’indirizzo della Salpétrière. Pare oggi evidente come non si possa in alcun modo ricondurre l’ ipnosi né all’isterismo né alla suggestione semplice; e come altri fattori debbano necessariamente intervenire.
Il dott. PIERRE JANET, nel suo recente volume: « La medecine psychologique » parla di una «decadenza » dell’ipnotismo ufficiale, come ebbi ad accennare nella mia relazione critica al volume stesso ( ). E annovera, tra le cause di questa decadenza (oltre a quelle morali) anche il fatto che la scuola di Nancy, debellando le teorie fisiologiche della Salpétrière, non aveva saputo sostituirvi che:
alcune vaghe affermazioni sulla suggestività e la credività che non si potevano né discutere né comprendere senza entrare nei nuovi studi della psicologia.
Ammetto volentieri che questa sia realmente una delle cause importanti del fenomeno; ma non mi pare si possa ritenerla fondamentale. Probabilmente la ragione intima, anche se incompresa e inconfessata, è quella che tenterà di far scaturire da alcune considerazioni che mi limiterò ad accennare in breve, abbandonandone lo sviluppo a chi desiderasse farne oggetto di una ricerca più elaborata e profonda.
Senza risalire all’origine dei fenomeni che vengono comunemente studiati sotto il nome di ipnotismo, basta consultare attentamente le innumerevoli opere pubblicate sul magnetismo animale nel secolo scorso (specialmente dal 1830 al 1880) per convincersi del come i magnetizzatori stessi, dal MESMER in poi, non riscontrassero affatto, nei fenomeni da loro studiati, quella unità di origine alla quale pretendevano ricondurli. Già all’epoca dei « Rapporti e discussioni dell’Accademia Reale di Medicina sul magnetismo animale » (pubblicati dal Foissac nel 1833) si ammetteva, anche dai magnetizzatori più convinti, che, oltre al «fluido» magnetico, altre cause « morali » concorressero a determinare il sonnambulismo provocato. Già alcuni magnetizzatori avevano preso l’abitudine di addormentare i loro soggetti con pochissimi « passi », quando i magnetizzati sapevano quali effetti dovessero prodursi, per averli altre volte sperimentati.
E ancor prima di quell’epoca l’abate FARlA operava nelle sue esperienze ponendo per qualche istante le sue mani sul capo a sulle spalle del soggetto e ordinandogli bruscamente, a un determinato momento, di dormire. Esempio tipico dell’uso di procedimenti suggestivi da parte di uno tra i magnetizzatori più famosi.
L’interferenza (presunta) delle cause nel sonno ipnotico si manifesta dunque (se pur non troppo chiaramente) fino dall’epoca che precede alle ricerche del BRAID; si va in seguito precisando e accentuando sino ad apparire evidentissima nelle memorabili ricerche francesi.
Il BRAID, infatti, nel suo geniale tentativo di ridurre l’ ipnosi ad uno stato analogo alla fascinazione negli animali, non aveva fatto altro che lumeggiare uno dei lati del fenomeno: lato che è oggi fuori questione, dopo i profondi studi compiuti dal BRMAUD sulla fascinazione e sui processi determinati dalla fissazione dello sguardo o di un punto brillante. E già all’epoca del BRAID sorgevano i primi dubbi sulla necessità di questi procedimenti meccanici; non era possibile, forse, produrre con altri mezzi il medesimo stato?
E’ quanto cercarono di investigare i ricercatori della scuola di Parigi: il CHARCOT anzitutto, e con lui il BRISSAUD, il LONDE, il RICHER ed altri ancora, che contribuirono a edificare quella costruzione che per un momento parve l’ultima parola in tema di queste ricerche, e che prese il nome di « Grande ipnotismo ».
Ma anche qui ben presto si fece sentire l’interferenza dell’elemento suggestivo nei tre stadi, ormai passati alla storia, che il CHARCOT dichiarava riscontrarsi nel sonno ipnotico: e fondandosi principalmente su questo schema artificiale di stadi, la scuola di Nancy, col LIEBAULT dapprima, col BERNHEIM dipoi, riuscì ad imporre la « suggestione pura » come causa prima ed unica del fenomeno, riducendolo così a un semplice «gioco » di fattori psicologici.
Qui non posso aderire al criterio del JANET sulla causa della decadenza dell’ ipnotismo. E’ bensì vero che, allorquando la scuola di Nancy impose le proprie vedute, gli scienziati ufficiali non dovettero vedere con entusiasmo il trionfo di un indirizzo che riconduceva un fenomeno importante come l’ipnosi ad una causa di ordine psicologico, invece che interpretarlo con le leggi della fisiologia come aveva tentato il CHARCOT.
Ma in seguito? Dato il rifiorire universale degli studi di psicologia in questo secolo, rifiorire del quale il JANET stesso è un esponente, come avrebbe potuto mantenersi quella difficoltà, diciamo così, misoneistica e di sistema?
Perciò mi pare utile cercar di ricondurre il fenomeno ad un motivo più intimo, e collegato alla natura stessa del fato ipnosi.
Contemporaneamente alla « decadenza » (per continuare col termine del JANET) dell’ipnotismo ufficiale, sorgevano, come ho accennato in un altro precedente articolo ( ) altre ricerche, completamente contrarie all’indirizzo fino allo raseguito. Trascurando completamente le conclusioni della maggioranza degli scienziati sul doveroso, completo abbandono delle teorie magnetiche, pochi coraggiosi tentarono di ricostituire il magnetismo, e di dimostrare la reale esistenza di un fluido » personale.
E, a dire il vero, le loro esperienze, condotte con grande serietà, specie nel campo delle applicazioni terapeutiche, concorrono a dimostrare la validità della loro tesi. Alcune opere, veramente scientifiche, quali quelle del BOIRAC, del MOUTIN, del DURVILLE, presentano documentazioni sperimentali impressionanti, anche senza uscire dal solo campo ipnologico e magnetologico. Inoltre gli studi più recenti di metapsichica dimostrano irrefragabilmente la possibilità della proiezione di un qualche cosa fuori dell’individuo.··
Ecco dunque risorgere, nella sua implacabile complessità, il problema dell’ ipnosi e della qualità dei suoi fattori causali.
Evidentemente, fintantoché si cercherà di dare delle spiegazioni generalizzatrici e unilaterali di un fenomeno multiforme, si ricadrà sempre in un circolo vizioso, e si ripresenteranno costantemente, a periodi, le medesime difficoltà, con nuovo oppur mutato aspetto. Questa considerazione, applicabile a molti altri problemi, è di rigore ormai, a quanto mi sembra, nello studio del fenomeno ipnotico.
Nell’ ipnosi, da quanto siamo andati esponendo, interferiscono e si avvicendano, secondo ogni probabilità, e senza che molte volte sia possibile individuarli, fatti di suggestione, di fascinazione, d’ isterismo e di magnetismo. Non credo possibile compiere esperienze abbastanza vaste e comprensive sull’ipnosi senza che queste interferenze si manifestino.
Un esempio: nell’addormentare per suggestione un soggetto mi è avvenuto più volte di compiere su di lui alcuni « passi » magnetici e di riscontrare come il sonno divenisse, in conseguenza di tali atti, assai più profondo. Viceversa, in una straordinaria esperienza di regressione della memoria, ho dovuto suggerire al soggetto, immerso in sonno magnetico (ottenuto esclusivamente con i « passi »), che egli si ricordava a perfezione dell’ambiente suo di dieci anni prima, per vedere manifestarsi in lui delle criptomnesie minuziosissime e quanto mai interessanti; mentre al De Rochas, in esperienze analoghe, era bastato addormentare i suoi soggetti per determinare automaticamente la regressione.
La grande difficoltà d’indagine e di teorizzazione (e quindi la « decadenza ») del fatto ipnosi mi sembrano dunque dovute fondamentalmente alla molteplicità e sopratutto all’ interferenza delle cause che lo producono. Per cui può riuscire molte volte impossibile stabilire la qualità (semplice o risultante da più fattori) del quadro complessivo dei fenomeni; e riesce sempre impossibile canalizzare i fenomeni stessi in teorie delle quali la limitazione può paragonarsi soltanto all’ infecondità.
Genova, febbraio 1924.
Emilio Servadio