Evola J.; La Teoria dell’Individuo Assoluto F.lli Bocca, 1927, p. VIII- 370, lire 20.
Bilychinis agosto 1928
Con mirabile progressione J. Evola sta compiendo gradatamente l’edificio che Nietzsche, Weininger, Mechelstädter lasciarono incominciato, e tenta di dare un senso definitivo, inequivocabile, all’odierna crisi del pensiero e del mondo occidentali. Dove gli altri videro il buio, o soltanto delle soluzioni fantastiche, egli vede una via, certa se pur pericolosissima, che può condurre in salvo. Agli uomini l’addita con roventi esortazioni, ai filosofi, egli che dice di aver superato ogni filosofia come tale, la giustifica scendendo nel loro stesso campo.
Dei due primi libri dell’Evola, nei quali la sua « teoria » appare già abbastanza compiutamente esposta, altri ha già trattato a suo tempo in B. Accenneremo ora brevemente al suo recente lavoro che la completa e la sviluppa definitivamente in attesa che esca la «Fenomenologia dell’Individuo Assoluto», ove la « pratica » sarà anch’essa completamente rielaborata e presentata sotto nuovi aspetti.
La dottrina propugnata dall’Evola è l’« idealismo magico ». Con audaci illazioni, aiutato da una preparazione filosofica di prim’ordine, l’E. addita le manchevolezze della filosofia idealistica moderna, specialmente in ordine al problema della conoscenza. Come è noto l’idealismo ha « discorsivamente » (per usare un termine dell’E.) accentrato la realtà nell’Io. Ma « praticamente » è vera questa posizione? No, dice l’Evola, perchè « all’Io… si oppone in sede concreta questa stessa realtà come qualcosa su cui egli non ha potenza ». D’altra parte la posizione inversa di quella idealistica (sempre in ordine al problema gnoseologico) non è più sostenibile. E allora? Allora occorre non più perdersi in tentativi di soluzioni verbalistiche (« Io universale », « Atto puro » ecc.), bensì agire «positivamente, chirurgicamente», in modo da accentrare di fatto il Cosmo nell’Io: in altre parole l’Io, per completare la sua posizione di fronte all’universo, accennata dall’Idealismo astratto, deve conquistare, per il sentiero della Magia, la Potenza: da Io relativo diverrà così Mago, Dominatore, Individuo Assoluto. Ecco l’unica via di scampo, pericolosa ed infida se mai ve ne fu, ma tale da attrarre i più coraggiosi, quelli che hanno orrore dell’« insufficienza », del «desiderio perenne », cui l’uomo è normalmente costretto. Gli inizi sono, virtualmente, alla portata di tutti, secondo l’A.: una sapienza antica quanto il mondo ce li ha tramandati, poi, entra subito in giuoco la volontà, il « valore assoluto d’affermazione » dell’individuo: è facile, anzi è probabile essere travolti, spezzati. Ma più oltre, per chi vince, la libertà, la calma superiore, la potenza, la salvezza. Più oltre sta la « Razza senza Re », stanno i « Salvati dalle Acque ». Chiunque voglia dirsi uomo, scrive l’Evola, è invitato a scegliere.
Il libro si fonda quasi esclusivamente sullo sviluppo e sull’analisi dei problemi ontologico e gnoseologico dal punto di vista dell’Idealismo Magico, ed è naturalmente impossibile riassumerlo. Da una preliminare determinazione del concetto di valore quale «relazione assoluta fra il nudo principio dell’Io e quanto dell’Io è distinto da tale principio» egli passa successivamente ad esaminare lo « stato empirico di esistenza » ed il correlativo problema dell’individuo che ne vien posto. Seguono le soluzioni od opzioni possibili nei riguardi della relazione fra l’Individuo e la realtà: una negativa od oggettiva (« via dell’Altro »), una seconda positiva o soggettiva (« via dell’Individuo Assoluto »). Quest’ultima viene considerata quale « principio di una teoria della libertà », attraverso profonde e sicure determinazioni. Infine segue il capitolo sul «valore come affermazione quale principio di un idealismo magico», nel quale tutto il sistema emerge oltre le precedenti posizioni filosofiche, superate e ricomprese, così come nella realizzazione magica, « … la tenebra, gradatamente, si rischiara e dall’abisso della necessità sorge il fiore terribile dell’Individuo assoluto ».
Non è facile opporre alle teorie dell’Evola delle critiche ben fondate, in sede teorica. Pur supponendo che qualche conclusione parziale potesse essere impugnata, resterebbe sempre l’edificio, complessivamente grandioso, costituente un vero squillo di tromba nell’attuale silenzio filosofico. Il coraggio col quale l’A. sa portare alle ultime conseguenze la teoria, in tutte le sue accezioni, la lealtà di riconoscerne le inevitabili manchevolezze; e, dal punto di vista puramente formale, uno stile rapido, serrato, fanno dei suoi libri una lettura piena di fascino, tale da interessare chiunque voglia, sia pure « discorsivamente », soffermarsi sulle più eccelse possibilità dell’individuo.
Molto è stato discusso, e ben si comprende, sulla « realtà » dell’autorealizzazione magica. Su questo punto ci sembra inutile discutere, e lo stesso E. non ammette la possibilità della discussione. Si tratta invero di un campo nel quale la « certezza » può derivare soltanto da una «conquista ». In altre parole, è della realizzazione come della visione graduale della luce da parte di un cieco. Prima non se ne può discutere; dopo la discussione non ha più senso. La posizione è perfettamente legittima, e costituisce anzi una vera e propria roccaforte del sistema. Il quale è in sostanza combattibile soltanto « a priori », da altre posizioni divise ed inconciliabili. Una volta accettate le premesse, si è chiusi in una morsa che non consente vie d’uscita.
Emilio Servadio