Un esperimento con Ossowiecki.
Luce e Ombra 1934
Nel fascicolo 132 (dicembre 1933) dei « Proceedings » della S.P.R. inglese è apparsa una elaborata relazione di Theodore Besterman intorno a un mirabile saggio di chiaroveggenza fornito da Stefan Ossowiecki, il celebre «sensitivo» polacco lungamente studiato dal Geley, dall’Osty e dal Richet. I particolari della relazione non lasciano il minimo dubbio circa la genuinità della nuova prova fornita dall’Ossowiecki: al quale la ricerca psichica deve alcuni tra i migliori accertamenti in tema di conoscenza paranormale.
Il Besterman preparò a Londra, alla sede della S.P.R., il disegno e lo scritto rappresentati nella fig. 1; il foglio, piegato, venne inserito in una busta color arancione, assolutamente opaca; questa busta fu a sua volta introdotta in una busta nera, anch’essa opaca; il tutto venne finalmente incluso in una busta bianca piegata a doppio, fermata con cerotto adesivo e contrassegnata con firme. Ognuna delle buste portava segni speciali invisibili, noti al solo Besterman, ed era stata chiusa in un modo particolare, sì da garantire l’assoluta inviolabilità del plico. Questo fu mandato dal Besterman al sig. A. Gravier, presidente della Poiskie Towarzystwo Badan Psychicznych. In due sedute private avute con questi, l’Ossowiecki già percepì alcuni particolari inerenti al contenuto del pacchetto. Ma l’esperienza definitiva si ebbe il 29 settembre, a Varsavia, alla presenza di vari testimoni, tra i quali A. Gravier, Lord Charles Hope, Miss Alice Reutiner, il principe J. Woroniecki, ecc.
Durante l’esperimento la busta rimase in possesso di Lord Charles Hope, ed egli stesso l’aprì alla fine della seduta.
Nel lungo protocollo delle parole pronunziate da Ossowiecki (commentate via via dal Besterman per ciò che riguarda la loro rispondenza alla realtà) colpisce sopratutto il fatto che il chiaroveggente non ha polarizzato la sua attenzione sul plico, ma ha per così dire «rivissuto» storicamente la scena della sua preparazione, cominciando col «vedere» il Besterman alla sede della S.P.R., gli oggetti che lo circondavano ecc., e descrivendolo poi nell’atto di disegnare e di scrivere. Si nota inoltre, leggendo, un sensibile progresso nell’esattezza dei particolari. In principio l’Ossowiecki compì qualche errore e si soffermò su enunciati che molti avrebbero potuto esprimere col semplice ragionamento. Poi entrò decisamente in «fase» di chiaroveggenza.
Trascurando i particolari erronei (annullati del resto dalla miracolosa esattezza degli altri e dalla globale sorprendente riuscita dell’esperimento), ricorderemo qui le cose più salienti dette dall’Ossowiecki. Questi vide «una busta nera », poi «una busta rossa – no, rosâtre »; « era tra le 4 e le 5 »; « egli disegna ». A questo punto il chiaroveggente tracciò un primo disegno, che qui non viene riprodotto, in cui si scorge al centro il profilo di una specie di barattolo e ai lati, in corrispondenza alla base del disegno, due segmenti di retta. L’Ossowiecki disse che c’era anche qualche cosa di scritto, e vide una « linea rossa », pur sbagliando nell’indicare la sua posizione rispetto all’oggetto principale. Seguirono altri particolari: « è una bottiglia »; «vi sono due parole – ogni lettera è maiuscola e separata – è inglese, a sinistra c’è S W A e anche una quarta lettera che non comprendo – un N, ma non ne sono sicuro. A destra c’è I N…». Prima di dir questo, l’Ossowiecki tracciò un altro disegno, che qui abbiamo omesso, in cui gli anzi detti particolari vengono più o meno realizzati. Dopo aver commentato il disegno con le parole suddette, il chiaroveggente dichiarò che « il disegno era un pochino differente », e ne tracciò un terzo (v. fig. 2), esprimendo al riguardo la certezza che dovesse corrispondere a quello contenuto nel plico. Dopo questa dichiarazione Lord Charles Hope aperse le buste, s’intende avendo cura di non rompere i suggelli, e firmò insieme agli altri il protocollo della seduta.
Il Besterman, cui vennero personalmente consegnati i documenti dell’esperienza, verificò scrupolosamente le buste, i segni speciali e i suggelli, e si dichiara convinto che il plico non fu manomesso, e che in nessun modo l’Ossowiecki avrebbe potuto rendersi normalmente conto di ciò che in esso era stato incluso. Le precauzioni prese, e riferite ad abundantiam nella relazione, sembrano anche a noi del tutto convincenti. Ciò posto, non possiamo se non ammirare ancora una volta le straordinarie facoltà dell’Ossowiecki, e la cortesia con la quale egli si presta a fornirne sempre nuove e probanti conferme.
Emilio Servadio