La divinazione presso i popoli «primitivi».
Luce e Ombra 1933

Su questo argomento, e insistendo anche nel titolo sul fatto che quello di « primitivi » è un appellativo abbastanza convenzionale e privo di una precisa giustificazione, il dr. Osty pubblica un notevole articolo nel N. 1 (gennaio-febbraio) della « Revue Métapsychique».

Il chiaro studioso francese si richiama a un suo scritto precedente, in cui egli aveva sottolineato l’importanza di una ricerca approfondita in merito alle facoltà «paranormali» e constatabili presso i popoli selvaggi. In tale scritto (pubblicato nella stessa rivista, N. 6, 1930) il Dr. Osty aveva insistito sul fatto che lo sviluppo della logica razionale proprio alla nostra civiltà deve ridurre necessariamente sempre più l’attività intuitiva, e di conseguenza anche le facoltà metagnomiche, le quali evidentemente si apparentano assai più all’intuizione che non al pensiero intellettualistico. E’ chiaro invece che presso i popoli selvaggi questa «apprensione» intuitiva della realtà empirica, e quindi anche le facoltà metagnomiche o metapsichiche in genere, debbono essere più frequenti e meritare perciò particolarmente l’attenzione dello studioso.

Gli studi del Lévy-Bruhl, che indubbiamente è una delle massime autorità nel campo degli studi sulla mentalità dei «primitivi», hanno del resto perfettamente confermato questo punto di vista, specie per ciò che riguarda i fondamenti psicologici delle pratiche divinatorie. Queste, infatti, sono tutte basate sul primato dell’intuito, e richiedono, anzi, che venga eluso il ragionamento conscio, il quale è per sua natura d’impaccio all’azione chiaroveggente. La preferenza del « primitivo » per l’apprensione intuitiva immediata nei confronti del discorso «ragionato» non lascia alcun dubbio, ed è facilmente verificabile da chiunque entri in contatto con tali, razze e con tali individui.

Una nuova conferma pratica e documentaria del frequente verificarsi, presso « primitivi », di fenomeni paranormali, ci vien data da un volume del R.P. Trilles, Les Pygmées de la forét equatoriale. Il P. Trifles, già missionario, oggi professore all’Istituto Cattolico di Parigi, ha vissuto per vari anni tra i pigmei, che come ognun sa costituiscono una delle razze africane meno facili ad avvicinarsi e a studiarsi. Egli ha potuto rendersi conto, in primo luogo, del «carattere puro» di tale razza, e recare un nuovo contributo alla tesi, oggi generalmente accreditata, secondo cui i pigmei non sono per nulla affatto dei «negri degenerati ». Ma ciò che ha maggiormente sorpreso il P. Trilles è stato il fatto di trovare in questi omiciattoli una spiritualità assai più elevata che non in altre popolazioni dell’Africa centrale.

L’esercizio della divinazione è presso i pigmei, di regola, di pertinenza del capo della famiglia o del clan. Però nelle circostanze che riguardano il singolo individuo, provvede in genere direttamente egli stesso.

Uno dei mezzi più diffusi di divinazione è quello della visione nel cristallo. Oggi, osserva maliziosamente il P. Trilles, gli specchietti di fabbricazione europea hanno raggiunto anche i pigmei, tanto che un indigeno, che aveva rotto il suo specchio magico, ne ebbe in dono uno nuovo dal relatore. Questi potè per tale via assistere alla cerimonia assai lunga e complicata della «consacrazione ». Elementi di questa cerimonia, che troppo spazio richiederebbe per esser descritta minutamente, furono, tra l’altro, il feticcio totemico, cene erbe magiche, due galline nere che vennero sacrificate e il cui sangue servì ad aspergere lo specchio, ecc. ecc. Un canto magico, evidentemente assai arcaico, accompagnò la manifestazione rituale. Infine lo specchio fu pronto, e l’indigeno dichiarò senz’altro che i presagi erano felici, e che l’istrumento avrebbe servito a dovere.

Una prova inattesa della bontà dello specchio l’ebbe lo stesso P. Trilles alcuni giorni dopo. Essendosi egli lamentato di un lieve furto subito (una scatola di conserva), il pigmeo prese lo specchio e, dopo qualche istante, designò nettamente e senza esitazione il ladro. Il fenomeno di cristalloscopia sembra avere assunto un carattere obiettivo, poi che il P. Trilles soggiunge che l’indigeno gli disse ancora: « Del resto, guarda tu stesso. E con mio grande stupore vidi infatti riflettersi nello specchio, assai distintamente, i tratti del ladro. Questi, tosto interrogato, confessò di essere il colpevole ».

Il P. Trilles riferisce altri casi interessantissimi di cristalloscopia: casi che, data la fonte da cui provengono, giova ritenere autentici. « Un giorno – egli scrive – stavo parlando con uno stregone pigmeo. I miei barcaioli dovevano raggiungermi e recarmi delle provviste. Per incidenza, ne parlo al mio uomo, chiedendo a me stesso: Saranno ancora lontani? Mi porteranno quel che ho loro chiesto? E’ assai facile risponderti! ». Prende il suo specchio magico, si concentra, pronunzia qualche incantesimo. Poi: «In questo momento, gli uomini stanno doppiando questa punta del fiume » (la punta stava a più di un giorno di piroga); « il più grande ha tirato una fucilata a un grosso uccello, l’ha colto, gli uomini remano con forza per prenderlo, perchè è cascato nell’acqua. L’hanno preso. Ti portano quello che hai chiesto » E infatti tutto era vero: provvigioni, tiro, uccello abbattuto… e ci trovavamo, lo ripeto, a una giornata di distanza!

Mentre la cristalloscopia è adoperata per la visione paranormale del presente, i pigmei usano, per la divinazione del futuro, gli astragali, analogamente a quanto veniva praticato nell’antichità greca e romana. Gli oggettini impiegati per questo tipo di divinazione sono frammenti di guscio di tartaruga, noccioli di frutta d’albero sacro, schegge di corna e di zoccoli di antilopi, piume di uccelli, ecc.: ogni oggetto ha il suo nome allegorico, la sua funzione e il suo significato. Numerosissime, naturalmente, le combinazioni ottenibili. Colui che interroga gli astragali se ne fida ciecamente e accetta senz’altro il loro responso. Mai tenterà di «forzare» la sorte!

Il P. Trilles fa seguire una lunga descrizione relativa a un’esperienza divinatoria fondata sull’astragalomanzia. Il dr. Osty ne riporta qualche brano. Si tratta di una profezia estremamente circostanziata che concerne una spedizione cinegetica. Nella cerimonia intervengono peraltro elementi diversi di «paranormale» psichico: l’indovino entra infatti in uno stato che si apparenta non poco alla trance medianica. Comunque, secondo la relazione del P. Trilles, le profezie così ottenute (numero e sesso degli animali uccisi, designazione dell’unica vittima umana della spedizione, ecc.) si realizzarono tutte esattamente.

Certo non è facile, soggiunge il P. Trilles, poter studiare con cura queste manifestazioni: tanto più che coloro che si occupano di etnologia trascurano, in genere, questo lato della vita delle popolazioni primitive. E il dr. Osty conferma tale dichiarazione, ricordando come solo una preparazione di ordine metapsichico abbia permesso all’italiano Dr. Cipriani di raccogliere un interessante materiale sulle pratiche divinatorie delle popolazioni del Centro e del Sud Africa. Le osservazioni metapsichiche del Dr. Cipriani sui negri saranno pubblicate quanto prima, egli c’informa, nella «Revue Métapsychique».

Non v’ha bisogno di aggiungere che tanto più trattandosi di uno studioso italiano sarà nostra cura tenere ragguagliati i lettori su questo capitolo importante, e a torto trascurato, della Ricerca psichica contemporanea.

EMILIO SERVADIO.

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