Auto-osservazioni di un medium a effetti intellettuali.
Luce e Ombra 1933
Nel « Journal » dell’American Society for Psychical Research (fascicolo di ottobre) è stata pubblicata una interessante serie di osservazioni fatte da un medium di tipo « intellettuale » sulle proprie condizioni psichiche durante le manifestazioni. Il soggetto, Stewart White, è persona assai colta ed intelligente. Per un certo numero d’anni si occupò di ricerche psichiche unicamente come spettatore. I primi fenomeni occorsigli personalmente furono quelli di «scrittura automatica»: dapprima segni senza senso, poi parole e frasi che non traevano origine dalla sua coscienza. Tali fenomeni interessarono il White, ma non gli apparvero eccezionali. Solo nell’inverno del 1923 egli prese parte, in qualità di stenografo e di resocontista, a una serie di sedute in cui i due altri partecipanti erano entrambi dei «sensitivi». Costoro insistettero più volte affinchè anche il White «provasse»; e finalmente egli acconsentì, e si distese bendato sopra un giaciglio. Le prime sensazioni che ebbe furon quelle di forti « correnti ») energetiche, e di essere « leggero e gonfiato come un pallone ». Nella seconda prova i risultati furono gli stessi. Solo alla terza avvennero modificazioni importanti nello stato psichico del soggetto.
« Caddi » – egli scrive – « in uno stato di dormiveglia. Ero perfettamente consapevole della presenza di persone intorno a me e del parlare ch’esse facevano; ma mi sentivo troppo pigro per alzarmi e prendere parte alla conversazione …. sentii un netto impulso ad enunciare certe parole e certe frasi …. Queste non erano provocate dal mio interesse, ma scivolavano nella mia mente, occupando l’intero campo della coscienza ».
Il relatore prosegue ricordando come egli traducesse in atto quell’impulso, e come dopo la seduta – i suoi amici gli riferissero ch’egli aveva pronunziato quelle parole e quelle frasi in modo veemente, «esplosivo». Il contenuto non era particolarmente importante, e il White non ne prese nota. Rammenta però che si trattava di frasi senza rapporto con quanto gli altri dicevano, ed estranee al suo modo abituale di pensare.
Da allora, il White diventò medium a trance autoindotta. Egli descrive nel modo seguente le proprie esperienze interiori:
«In tali condizioni, la mia coscienza ordinaria mi sembra sprofondare molto al disotto della vita abituale, e ivi giacere quietamente in uno stato di semi-sonno. La conversazione e i piccoli avvenimenti nella stanza giungono talora a mia cognizione, tal’altra invece no …. Sento e comprendo le domande, ma può succedere che mi renda conto solo confusamente della portata di lunghe e serie discussioni intavolate dai presenti. Ho la convinzione che in qualsiasi momento potrei scuotere tale quiescenza e alzarmi e andarmene per i fatti miei; ma uno degli aspetti più importanti di questo stato consiste in ciò, che non mi sembra mai che valga la pena di compiere lo sforzo che a ciò occorrerebbe … ».
«Mentre sono in questa condizione si affaccia una personalità seconda, o secondaria. Essa funziona assai lontano, alla superficie rispetto alla quale io mi trovo sprofondato. Sembra emettere parole o frasi che fluttuano, portate dalla corrente. Io le riconosco, e le enuncia così come si presentano …. Sento che potrei, volendo, farne a meno …. ma invariabilmente trovo che non vai la pena di inibirle, e accade così ch’io le enunci sempre …. ».
«Una peculiarità di questo modo d’agire, per quanto posso capirne, è che mentre io mi rendo perfettamente conto di ciò che si presenta alla superficie, così al disopra della mia coscienza individuale, mi rendo conto in genere solo dei frammenti, per così dire, che immediatamente mi sovrastano. E’ come se io guardassi attraverso un tubo o un tunnel di diametro limitato, e potessi vedere soltanto ci che galleggia direttamente sopra di esso, e solo per il tempo in cui vi rimane … ».
Il relatore ricorda ancora come le frasi o le parole, una volta passate, gli risultino del tutto confuse e incerte; come cioè gli sfugga sempre il «contesto » del discorso che sta pronunziando: cosicché gli viene spesso il dubbio di enunciare frasi assolutamente incoerenti dubbio che risulta sempre infondato. Ritornando allo stato normale, il medium ha un’idea molto vaga di ciò che ha detto, ma è tuttavia in grado di correggere eventuali errori di trascrizione, qualora il testo delle parole pronunziate gli venga sottoposto, anche a distanza di tempo.
Altre considerazioni del White riguardano le due supposte «entità» che si esprimono per suo mezzo. Pur manifestando al riguardo molte riserve, il relatore non può a meno di constatare che una di queste si esprime abitualmente (a quanto gli altri riferiscono) in dialetto scozzese, dialetto che il medium non conosce; e che la sua impressione soggettiva è che si tratti, tanto in questo caso come in quello dell’altra » entità, di individualità distinte da lui. Egli conclude dicendo di non risentire alcun disturbo, né fisico né psichico, dall’esercizio della propria medianità.
E’ veramente spiacevole che i soggetti capaci di simili indagini introspettive siano – per forza di cose – rarissimi. Confrontando i loro punti di vista si potrebbe certo compiere qualche progresso nella indagine, ancora ai suoi inizi, del tanto discusso e controverso stato di trance.
Emilio Servadio