Considerazioni sulla “paramnesia”
Luce e Ombra 1931
Ognuno ha avuto occasione di sperimentare il fenomeno che la scienza ha definito col termine di paramnesia, e che consiste nell’impressione di rivivere un evento, di riconoscere uno o più oggetti o persone che ci appaiono come « già viste », mentre in realtà è la prima volta che l’evento, gli oggetti o le persone si presentano alla nostra coscienza. Su questo curioso qui pro quo psichico, che in taluni individui può assumere forme eccezionali, molta è stato scritto da filosofi e psicologi. Nel numero di luglio di «Psychic Research », Hereward Carrington lo analizza con grande diligenza e con l’acume consueto. Egli ricorda anzitutto la distinzione, posta dal dr. Alfred Gordon, tra l’« illusione del già visto» e il vero e proprio « falso riconoscimento ». Quella « è una sensazione transeunte e assai breve di rivivere una parte della propria vita:.., l’altra è una credenza erronea a carattere continuativo.., che implica una radicale alterazione del giudizio… ». S’intende che il maggior interesse degli studiosi si è concentrato sul primo fenomeno, anziché su quello propriamente patologico del falso riconoscimento; e di essi il Carrington cita le principali teorie, facendole seguire da brevi commenti. Le spiegazioni del Wigan e del Proctor (dissociazione dell’azione dei due emisferi cerebrali), come quella del Lewes (effetto di eco, da parte di una sensazione passeggera) possono considerarsi erronee e superate. Anche quella del Ribot, secondo cui « lo stato allucinatorio è accettato come reale mentre la vera impressione è relegata nel passato » non è sufficientemente giustificabile. Il James pensò che nell’evento riconosciuto » vi fosse in realtà sempre qualche circostanza del passato, indefinibile e non localizzabile: così si spiegherebbe il carattere vago e incerto del preteso riconoscimento. Tale carattere però, osserva il C., non è costante: a volte la paramnesia è vivacissima e totalmente illusoria. Sorvolando sui punti di vista, facilmente confutabili, di altri scienziati, come Kraepelin, Pick, Forel, Arnauld (interpretazioni patologistiche), e così pure su quelli del Janet o di altri della sua scuola (secondo cui la paramnesia sarebbe il sintomo di una più profonda alterazione psichica), il C. si sofferma più lungamente sulle interpretazioni del Myers e del Berson. Il primo, in base alla sua teoria dell’ « io subliminale », pensò che questo, nel fenomeno della paramnesia, percepisse l’evento una frazione di secondo prima della coscienza, cosicché la sensazione giungerebbe ad essa come un « ricordo ». Per quanto ingegnosa, tale interpretazione lascia in ombra vari casi, come vedremo, e non può quindi essere assunta senz’altro. Più elaborata e acuta quella notissima del Bergon. Secondo questi, la memoria sarebbe contemporanea alla percezione, e la seguirebbe « come un’ombra »; il « passato » si presenterebbe alla coscienza solo in quanto noi, agendo, lo richiamiamo; supponendo un arresto in questo impulso, dal quale il passato è continuamente e ininterrottamente « lasciato indietro », la memoria e la percezione si confondono, « il presente è, nelle stesso tempo, conosciuto e riconosciuto… Il falso riconoscimento sembra, insomma, essere la forma più innocua di disattenzione verso la vita … ». Questa teoria (chi non la conosce è opportuno si riferisca allo scritto originale (1898) dell’illustre filosofo francese) è senza dubbio assai abile e convincente; ma, come osserva il Carrington, tanto essa quanto altre lasciano insoluti i casi in cui l’esperienza «riconosciuta» ha un seguito, che viene esattamente previsto dalla persona cui il fenomeno avviene. Il Myers propose per essi il termine, apparentemente paradossale, di « promnesia », e il Lalande sostenne che la telepatia poteva spiegarne parecchi. Per altri il C. stesso avanza l’ipotesi (che ci sembra assai discutibile e ardita) di una previa esperienza del « corpo astrale » del soggetto. Indubbiamente alcune volte occorrerà introdurre ipotesi e teorie metapsichiche, come nel conosciutissimo caso delle due signorine inglesi che « rividero » i giardini di Versailles, quali erano ai tempi di Maria Antonietta: similmente si hanno casi di precisa previsione di un evento che sta per svolgersi; e allora non può più trattarsi, propriamente, di « paramnesia », bensì di un vero e proprio fenomeno di conoscenza sovranormale dell’avvenire prossimo, così come si sono avuti casi di precognizione di eventi lontani. Secondo il Carrington (e qui ci sembra, giustamente) si tratta di gradi; che occorre tuttavia ammettere nel loro complesso per avere una visione d’insieme del fenomeno, mentre talora occorrerà adottare l’interpretazione metapsichica anche per dei casi che potrebbero a rigore spiegarsi secondo teorie psicologiche correnti: casi, quindi, nei quali non si tratterebbe di un’ « illusione », bensì di una realtà.