A proposito delle esperienze genovesi con Valiantine
Luce e Ombra 1930 pp. 43-44
Il nostro resoconto relativo ai quattro articoli pubblicati dal Bradley sulle sedute genovesi di Valiantine (Luce e Ombra, dic. 1929) ha provocato una risposta dell’avv. Castellani, segretario dell’ « Associazione Spiritualista Italiana », accompagnata da un ampio dossier che contiene copia delle repliche del sig. Rossi e dello stesso Castellani al Bradley, come pure della corrispondenza intercorsa tra il predetto sig. Rossi e la direzione della rivista Light (che non ha voluto pubblicare l’ampia sua risposta). L’assoluta deficienza di spazio non ci consente di riportare integralmente questi documenti,come sarebbe stato nostro desiderio. Ci limiteremo quindi a riferirne i punti principali, in relazione specialmente con ciò che abbiamo riassunto dagli articoli del Bradley.
Una delle accuse del Bradley si fonda, come i nostri lettori ricorderanno, sulla contraddizione che esisterebbe tra l’avvertimento dato in italiano dal Rossi, secondo il marchese Centurione, e che la sig.ra Kelley Hack non avrebbe sentito. Il sig. Rossi, nella sua lettera al Bradley in data9 novembre 1929, rettifica:
« … siete in errore quando dite che la signora Hack parla italiano. Essa non sa pronunciare che molto malamente qualche frase in questa lingua e forse, in un discorso, afferra due o tre parole su dieci. A parte questo, ed ammesso pure che la signora Hack capisca e parli la lingua italiana, essa non può aver assolutamente capito il mio avvertimento alla marchesa Centurione e alla signora Fancelli, perchè da me dato nel più puro dialetto genovese, non solo completamente ignorato dalla signora Hack, ma anche da’ Italiani dialtre province… ».
E, quanto alla dichiarazione del marchese Centurione, « … debbo farvi rilevare un errore nel quale il march. C. può essere facilmente incorso non essendo egli presente alla seduta, e che cioè egli scrisse alla sig.ra Bradley che il mio avvertimento venne dato in italiano, nel mentre, come ne possono far fede la marchesa C. e la sig.ra Fancelli, l’avvertimento fu in puro dialetto genovese ».
Cade così una delle accuse più salienti del Bradley, in confronto alla quale le altre hanno assai minor precisione. Non ometteremo comunque di ricordare che il sig. Rossi ribatte punto per punto molte altre affermazioni contenute negli articoli del Light, come quella relativa alla visita del Rossia Londra: visita che il R. dichiara avrebbe fatto entro il giugno (era il 18quando egli si trovava a Londra, e il B. non era quindi autorizzato a ritenere che il R. non sarebbe tornato nel termine stabilito). Segue anche una rettifica circa il preteso «strappamento » delle corde che legavano Valiantine (Light, n. 25 42, p. 458): le corde, furono invece tagliate,con stupore di tutti, e non strappate… Seguono infine numerose « mises au point » che si riferiscono alla seduta incriminata, e un preciso ragguaglio sul come il sig. Rossi ha sorpreso in frode flagrante il Valiantine: ragguaglio che lascia veramente ben pochi dubbi, specialmente ove lo si confronti con la nota relazione del Krònersulle sedute berlinesi dello stesso medium.
Trascuriamo la parte meno importante di questa lettera, ed esaminiamo quella che l’avv. Castellani ha scritto al sig. Rossi in data 8 novembre ’29. Egli conferma in tutto le proprie accuse nei confronti della sig.ra Bradley,e con molti particolari. Dichiara peraltro di non ritenere il Bradley come un avversario col quale si possa entrare in polemica, e perciò non si rivolge direttamente a lui.
Queste precise conferme dell’avv. Castellani sgomentano, ed è forse solo da lamentare che egli non abbia assunto la propria ingrata posizione sin dal principio, portandola a fondo a qualunque costo; e ciò diciamo aderendo per un momento alle direttive che i componenti del gruppo di Genova hanno creduto opportuno assumere in questa circostanza.
Ma, dato che per dovere abbiamo dovuto occuparci di controversie tanto spiacevoli, proviamo almeno a trarne qualche conseguenza di carattere generale. Il nostro giudizio nei confronti del procedimento seguito dagli sperimentatori di Genova non può essere, anche ammesse in toto le loro giustificazioni, che nettamente negativo, in quanto ad esso si oppone il criterio che, in tema di frode, risulta, e non soltanto a noi, dall’accumularsi delle esperienze compiute, in ricerca psichica, dal Crookes ai giorni nostri. Un’accusa di frode dev’essere netta, precisa, inequivocabile : deve non consentire all’avversario la più lieve polemica, la più lieve difesa. Ove non si raggiunga questo grado di certezza, è inutile formularla, poiché allora si va incontro a discussioni sterili e incresciose come quelle di cui abbiamo dovuto occuparci. In questo caso occorreva, a nostro modo di vedere, attendere, e siamo con l’avv. Castellani quando egli rimpiange di non aver potuto adoperare un controllo segreto, non siamo con lui quando,non avendolo potuto adoperare, egli e i suoi amici hanno creduto opportuno « è bruiter l’affaire », specie in via privata, ciò che ha permesso di fare ogni sorta di supposizioni, compresa quella di una insufficienza radicale degli accusatori a difendere il loro punto di vista.
Quanto al Valiantine, la conclusione è presumibilmente, e lo abbiamo già accennato in uno degli scorsi numeri, la solita: egli ha quasi certamente delle facoltà medianiche reali; soltanto, queste non sono una veste che si può indossare quando fa – comodo, e allora interviene la vexata quaestio della frode, della quale esistono, come si sa, mille tipi e gradazioni, e che è probabilmente inerente alla stessa medianità. Anche riguardo a questo punto gli sperimentatori di Genova hanno, secondo noi, seguito una via sbagliata. E con questo dichiariamo chiusa la questione, che altra roba bolle in pentola, ed ha anch’essa, purtroppo, « sapor di forte agrume».
EMILIO SERVADIO.