Flora si diverte
Rivista Italiana di Psicoanalisi anno II, fasc. I, febbraio 1933
Il titolo di questo articolo non deve ingannare. Non si tratta né di una pochade né di Hennequin e Weber, né di un film brillante, né di un romanzetto a dispense. Il «divertimento», per sua stessa dichiarazione, è del prof. Francesco Flora, del quale avemmo altra volta a occuparci in queste pagine. (1)
Appunto le rettifiche – sulla base dei testi fatti – dei copiosi errori commessi dal Flora ·allorché cominciò a scrivere di psicoanalisi, vengon trovate da lui, adesso, «divertenti». Cosi, almeno egli si esprime in una nota marginale, nella prima delle 90 pagine dedicate al Freud e incluse nel suo recente volume, Civiltà del Novecento (2).
E’ certo interessante, dal punto, di vista psicoanalitico, che delle rettifiche ben documentate vengano trovate «divertenti». Se un Tizio affermasse che il cielo è nero, e trovasse «divertente» l’osservazione di chi gli facesse notare che invece è azzurro, ne trarremmo poco liete conclusioni per la sua salute mentale. Il· Flora si comporta in modo analogo: anziché tentar di replicare alle nostre mises au point, le elude, non ne tiene alcun conto,ristampa senza mutare una virgola gli articoli già apparsi nella Nuova Antologia li arricchisce con nuovi paragrafi dello stesso tenore, pubblica il libro. Solo all’ultimo momento, forse, si ricorda che alcune voci di gente del mestiere si son levate a fargli notare i suoi svarioni. Poco importa: in una postilla si qualificano quelle voci di ·«acerbe e divertenti proteste», e tutto è sistemato. Il ·Flora è ·certamente in buona fede: e appunto perciò reca senza volerlo un’ennesima conferma alla teoria psicoanalitica delle «resistenze» inconscie. Il «non voler vedere», il giudicare un fatto «assurdo», «divertente», e simili, son fenomeni ben noti in psicoanalisi, sono anzi tra le forme più ·comuni ed ovvie di resistenze.
Non ci occuperemo qui delle altre parti del volume del Flora, e ci guarderemo bene dal rilevare uno per uno gli errori antichi e nuovi contenuti nel capitolo sulla psicoanalisi. Troppo ci vorrebbe! Qualche esempio basterà e non avremo che l’imbarazzo della scelta.
Osserviamo anzitutto che su 288 pagine (compresi gli indici) dedicate dal Flora alla «Civiltà del Novecento», egli ha sentito la necessita di consacrarne circa un terzo alla psicoanalisi. Pare dunque che questa lo preoccupi abbastanza! E sorvoliamo sul cattivo gusto che gli ha fatto intitolare il capitolo: «Congedo a Freud». Occorre rispettare le distanze, egregio prof. Flora! E soprattutto non invertire le situazioni!
Inutile insistere su quanto è stato già rilevato in questa rivista a proposito di scritti precedenti del Flora. Riportiamo comunque qualche brano scelto qua e la:
«… per Freud tutto e venereo» (p. 157).
«La mitologia freudiana, e vogliam dire la dottrina della psicoanalisi, pone dunque da una parte la volontà sessuale nascosta e dall’altra la cosiddetta coscienza sveglia, civile, che ne reprime gli istinti: e questa e solo una malata allegoria della prima. Intendiamoci: né Freud né i suoi dicono ciò chiaramente; ma questa e la logica insita al loro pensiero …» (p. 158):
«L’Es … avrebbe il compito di mover gli istinti e di creare le inibizioni…» (p. 159).
«… non interessa la differenza tra Es e Super-Io perché tutti e due son forme dell’Inconscio» (p. 160).
Anche da questi pochi esempi (e si tratta di 90 pagine, e quasi da ogni pagina potremmo trarne parecchi!) si desume la stupefacente impreparazione del Flora in materia di psicoanalisi. Egli non ha la più lontana idea del meccanismo inconscio della rimozione, che costantemente confonde con la repressione cosciente; per lui concetti come quelli di Es e di Super-Io sono lettera morta, anzi si confondono e si equivalgono. Punti di vista topico, dinamico ed economico? Mai sentiti nominare! E verso la fine del paragrafo egli ha tuttavia il coraggio (o meglio l’incoscienza)di scrivere:
«Che cosa sarebbe per noi una ricerca psicoanalitica? Un impegno di tal vastità da far tremare …» (p. 161).
Flora analista? «Scappa, scappa, galantuomo!» diceva la folla manzoniana.
Uno degli esempi più graziosi della serietà con la quale il Flora discorre di ciò che non conosce è dato dal paragrafo quarto del suo capitolo sulla psicoanalisi. Tale paragrafo e intitolato «Il complesso di Edipo». Ebbene, in esso si fa un gran parlare della sessualità, infantile (come, vedremo tra breve in base a qualcuno, dei soliti esempi), del preteso pansessualismo psicoanalitico, persino delle origini del cosmo — ma del «complesso» in questione ·non si parla affatto! Invano abbiamo cercato anche una sola frase relativa alla situazione edipica del bambino. Forse il Flora ha sentito oscuramente che la semplice enunciazione delle due componenti istintive del complesso edipico basta a far cadere l’accusa di pansessualismo rivolta alla psicoanalisi.
Ecco ora alcune frasi del citato quarto paragrafo:
«Se la teoria dell’infantilismo sessuale si dovesse portare alle sue conseguenze estreme, bisognerebbe conchiudere che i bambini hanno il potere di generare figliuoli. Microscopici, forse; ma insomma figliuoli» (p. 163).
«… il bimbo non può compiere atti perversi, proprio:, perché ignora l’esistenza della perversione sessuale, e la sua non è vita sessuale» (p. 163).
«… a rigore freudiano, la cosiddetta perversione dovrebbe apparire la più naturale e nativamente buona forma di attività, perché ignora gli sviamenti e le repressioni ·imposti dalla vita civile» (p. 164).
«Freud non dimostra né può dimostrare come il ricordo di un desiderio represso vinca il male. Che una volta o mille una guarigione sia dovuta al ricordo di un desiderio represso (e si tratta sempre di spiegazioni approssimative), ciò non prova nulla …» (p. 167).
Dalle quali citazioni si vede che il Flora non distingue tra sessualità e genitalità; tra concetto pragmatico e concetto etico di «perversione»; ignora del tutto i punti di vista freudiani sulla vita di relazione e sulle esigenze della società si oppone alla terapia psicoanalitica una riserva che può valere per qualsiasi altra terapia …
Di tutto il capitolo si potrebbe fare, in verità, una sola lunga citazione. Accontentiamoci di qualche altra «spigolatura» nella ·gran massa.
Ecco il concetto che ha il Flora degli «atti mancati» e dei «desideri repressi»:
« Un giovane che va per via e vede dieci donne belle e si innamora di una sola, pur dopo mille desideri fuggitivi delle altre, non ha dunque mancato le nove a cui deve rinunziare?
«Non sono desideri repressi quelli per i quali un poeta o un pittore muta i versi di cui non è contento e le parole e le pause e i colori e le linee che pure eran venuti immediati alla composizione?» (p. 168).
Si potrebbe credere che il Flora scherzasse. Ma il tragico si è che invece egli è serissimo, e crede veramente di aver concetti chiari e di muovere critiche assennate!
A proposito della teoria del sogno, che è forse il terreno più elaborato dal Freud e dalla psicoanalisi, il Flora sentenzia:
«… egli (il Freud) non è riuscito a costruire, neppure psicologicamente, una teoria del sogno …» (p. 172).
Il simbolismo è uno degli argomenti che più fanno arrovellare il povero Flora: il quale, dopo aver cercato in mille modi di persuadere gli altri e se stesso che i simboli non hanno alcun valore, o che se l’hanno non è stata la psicoanalisi a riconoscerlo, o che si tratta di un valore universale, oppure che se hanno valore non l’hanno in quanto simboli, a un certo punto non ne può più ed esclama:
«E se tutto il reale e dunque soltanto una metafora sessuale, da che cosa nasce il bisogno di velarsi in una allegoria, che pergiunta oggi, dopo la scoperta di Freud, sarebbe affatto inutile proprio perche rivelata dalla dottrina freudiana nei suoi più oscuri significati?» (p. 180).
Forse il Flora non si rende neppure lontanamente conto di come suonino comiche le sue frasi agli orecchi di chi ne avverta immediatamente l’impostazione assurda, l’erroneità globale e fondamentale. Ricordiamo che un simile effetto ci produsse una frase di Paneroni, pronunziata di fronte a una folla di studenti universitari: «Verranno ora gli astronomi, con il loro cannocchiale! Ma che cosa volete mai fare, povere bestie, col cannocchiale? Ora ve lo do io il cannocchiale!». E via discorrendo. Così all’incirca Flora col suo dire che per la psicoanalisi tutto è sessuale, ma se tutto è sessuale niente è ·sessuale, ma che cosa vuol poi dire sessuale? ora ve lo do io il sessuale! abbasso il sessuale!eccetera eccetera.
Ecco un concetto di Flora intorno alla traslazione:
«…il malato si libera dai sentimenti repressi che ora determinano i suoi sintomi, riversandoli – sul medico, il quale, come il ·Salvatore del mondo, caricandosi delle colpe altrui, salva dal peccato originale» (p. 187).
Della teoria freudiana del motto di spirito il Flora ha capito, tanto che scrive (p. 194): «si dovrebbe far dunque lo spirito a macchina»; mentre Freud dimostra esattamente il contrario.
Più avanti, parlando esplicitamente nel «pansessualismo» della ·psicoanalisi, afferma il Flora:
«Oggi, dopo le critiche varie, i freudiani si arrovellano ad asserire che mai Freud ha affermata la pansessualità. Ma che egli l’abbia affermata o no (ed e inutile che i freudiani si impennino a negar cose palmari), e questione secondaria: l’importante è che il reale spirito del freudismo in tutte le sue analisi, in tutti i più arrembati scandagli, è pansessuale …» (p. 206).
A Flora, dunque, e inutile portar documenti, dimostrazioni, dati di fatto. Inutile ricordargli che Freud ab initio ha proclamata l’esistenza di gruppi di istinti non sessuali. Ciò è «questione secondaria». Quanto scrive Freud è secondario di fronte a ·quanto afferma Flora, che cioè «il reale spirito del freudismo è pansessuale». L’ha detto Flora e basta cosi.
Richiamato già altra volta ad una elementare discriminazione ·vocabolaristica ·invitato a non prendere fischi per fiaschi, nevrosi ·per psicosi o isteria per pazzia, Flora ·non se ne dà per inteso: parla come gli accomoda e solo ad un certo punto lascia cadere con noncuranza quanto segue:
«Psicosi, nevrosi, stato normale sono, appena casi differenti di· una medesima dinamica, della psiche, e la lor diversità importantissima nella vita, e come inesistente all’altezza del metodo freudiano che tratta tutti come malati di mente» (p. 224 in nota).
Più oltre ammette che lao psicoanalisi può anche avere un certo valore terapeutico, ma egli non se ne immischia. Sarebbe facile rilevare diverse contraddizioni negli stessi enunciati del Flora; ma vi. rinunziamo perche ei preme arrivare alla frase finale:
«…se il freudismo fosse vero, sarebbe rimasto eternamente inedito, perche la forma scientifica essendo essa medesima un istinto freudiano non avrebbe avuto una materia da cui differenziarsi e misticamente, si sarebbe confusa con lei. Se il freudismo fosse vero, nessun uomo avrebbe potuto constatarlo, nessuno se ne sarebbe, accorto»· (p. 234).
Qualche lettore potrà forse rimproverarci di aver dedicato troppo spazio a cose che non ne valevano la pena. Rispondiamo nel senso in cui abbiamo cominciato, e come il Weiss ebbe altra volta a scrivere. Documenti come questo del Flora hanno un grande interesse per lo psicoanalista, costituiscono per lui materiale di studio al pari di una serie di sogni o di atti sintomatici. Il Flora scrive, a un certo punto che egli è sano e che perciò non si è sottoposto e non si sottoporrà a una analisi. Egli non sa, però che le 90 pagine da lui dedicate alle nostre dottrine costituiscono, per il loro tenore, un documento notevole per l’indagine psicoanalitica. Di questo prezioso per quanto involontario contributo non possiamo, dal nostro punto di vista, che essergli grati. E buon «divertimento»!
Emilio Servadio
(1) Rivista Italiana di Psicoanalisi, anno I, n. 1, p. 58 segg.
(2) Bari, Laterza, 1934, pp. 288. £. 18.