Papini e la psicoanalisi
Rivista Italiana di Psicoanalisi, anno II, 1933
E’ interessante notare come la terminologia e i concetti psicoanalitici finiscano per entrare nel vocabolario e nel pensiero di persone che per un verso o per l’altro si son dichiarate contrarie alle nostre vedute. Tutti ricordano in qual modo Giovanni Papini abbia trattato le dottrine freudiane nel suo Gog. Orbene, ecco qualche spigolatura desunta dal suo ultimo libro, Dante vivo:
P. 105: «Nell’animo di Dante ci sono, come si vede, quasi due contrari sentimenti alternanti… Di questa confusione di opposti – che gli psicologi moderni chiamano «ambivalenza dei sentimenti» – non c’e da stupirsi: è comunissima ·fra gli uomini e chi si studia ben a fondo la scopre facilmente anche in sé. Odio e amore, venerazione e invidia, desiderio, e paura son coppie d’affetti contrari eppure spesso indissolubili…».
P. 256: «…l’arte è, al par del sogno, una confessione indiretta del vero fondo dell’anima: chi si compiace d’immaginarsi crudele dimostra di avere, dentro sé, istinti di crudeltà. E siccome l’arte è spesso rivelazione e sfogo di quei sentimenti condannabili che non si osa manifestare nella vita, è lecito supporre che l’immaginaria crudeltà di Dante fosse la compensazione e quasi il surrogato di quella crudeltà reale che di rado o mai poté in più concreto modo prorompere».
P. 286: «Non c’è, dunque, un parallelismo coerente tra la vita e la poesia. Nella vita predomina la Libido, nella Poesia l’Eros purificato».
P. 348: «Ogni opera d’arte è, oltre tante altre cose, anche un ideale compenso che l’artista offre all’anima sua insoddisfatta. Chi non poté combattere scrive un libro di battaglia; chi non fu amato si consola con poemi o romanzi d’amore; chi non poté dominare i popoli colla forza tenta di sedurli e vincerli colla musica».
Dai brani riportati appare dunque che, Papini ammette il concetto psicoanalitico dell’ambivalenza; accetta a due riprese i punti di vista psicoanalitici della «confessione» e del «compenso» nell’opera d”arte; e adopera persino i termini di Libido e di Eros, dando a quest’ultimo quel significato più generale e vasto che lo stesso Freud gli ha conferito.
Non gli faremo certo una colpa dell’aver trascurato il fatto che la Libido è definita dal Freud come espressione dinamica dell’Eros e, che la «purificazione» non c’entra qui affatto.
Ciauguriamo, infine, che se Papini vorrà ancora scrivere ex professo di psicoanalisi si esprima in modo conforme a questo, e disforme da quello in cui son redatte le pagine poco felici del Gog.
Emilio Servadio