Il caso Freinet
Rivista Italiana di Psicoanalisi anno II, fasc. I, febbraio 1933
Desideriamo portare a conoscenza dei lettori italiani un interessante caso svoltosi in Francia e non ancora – per quanto ne sappiamo – giunto, al suo epilogo. Il caso riguarda la psicoanalisi solo indirettamente, come si vedrà; ma è tipico per l’illustrazione delle «resistenze» di ogni genere che possono frapporsi a una prassi che poco o tanto si accosti a quella psicoanalitica.
Il sig. C. Freinet è insegnante elementare nel paesello di Saint Paul de Vence (Alpi Marittime). Votatosi anima e corpo alla sua funzione pedagogica, e dotato di una notevole intelligenza e di un grandissimo intuito per la psicologia del fanciullo, egli ha introdotto nella propria scuola, dei ·sanissimi principi (in Italia diffusi soprattutto dall’indirizzo Montessoriano); questi consistono, in massima, a lasciare al bambino un’ampia libertà espressiva: che è poi l’unico modo per arrivare a conoscerne le tendenze. La «novità» introdotta dal Freinet, novità assolutamente geniale a nostro avviso, è stata quella della «imprimerie à l’école»; il mettere cioè a disposizione dei bambini una piccola stamperia in modo che essi potessero, in una rivistina mensile da loro stessi redatta, esprimere i loro pensieri, sogni, ideazioni, disegni, progetti giuochi, ecc.; e, ciò che più conta, trasmetterli e scambiarli su larga scala con quelli di altri scolaretti di diversi paesi. Il risultato è stato superiore a qualsiasi più rosea aspettativa. La rivistina La Gerbe, redatta e stampata dai bambini di Saint Paul de Vence, ha rivelato possibilità insospettate di realizzazione, nell’età infantile: senza che l’insegnante vi entri in alcun modo, salvo che per una coordinazione formale del lavoro, questi bambini dagli otto ai dodici anni scrivono, disegnano e stampano un periodico fresco, vivace, intelligente, pieno di cose interessanti anche dal lato artistico. E si tratta, come abbiamo detto, non di bambini eccezionalmente dotati, ma in genere di figlidi contadini e di operai: bambini cui solo l’affetto (ricambiato), di un educatore fuori classe ha permesso di «valorizzarsi» al 100 %. In grado maggiore o minore, l’«imprimerie à l’école» ·si e già diffusa in oltre 300 scuole francesi.
In una paziente opera quotidiana, inoltre, il sig. Freinet ha migliorato in grado notevolissimo la moralità e la spiritualità dell’ambiente scolastico, e cioè non solo il livello medio, intellettuale e morale, dei suoi scolari, ma anche quello delle rispettive famiglie, che ne seguono e ne apprezzano l’illuminata attività.
Naturalmente, un’opera cosi vivace e singolare non poteva rimanere inosservata. Questa c liberta nell’espressione,., coltivata dal Freinet nei suoi allievi, ha dato. ombra agli ambienti più conservatori di Francia, ossia (strana alleanza per l’occasione I) tanto ai gruppi clericali quanto a quelli realisti della Action Française.
Attaccare il Freinet non era facile. Divita illibata, ex combattente, mutilato, decorato di guerra, alieno dalla politica, il modesto insegnante di Saint Paul de Vence appariva, pur essendo inerme, più armato di tutti i suoi nemici coalizzati. Finché un bel giorno, sfogliando con pervicacia le pagine della Gerbe non si trovò, orrendo a dirsi, la pubblicazione (dieci righe) di un sogno infantile: sogno in cui l’autore, per consiglio del Freinet, aggrediva il sindaco del paese e finiva per ucciderlo. A prescindere da ogni altra considerazione, il Freinet non poteva esser certo tenuto responsabile di quello che sognano i suoi scolari; e, come si e detto, la sua ingerenza nella Gerbe era – volutamente – soltanto formale. Ma gli avversari, non trovando altro, si scagliarono su questo sogno infantile, accusando addirittura il Freinet di averlo dettato al bambino in odio al sindaco! E cominciò una campagna delle più inaudite contro l’insegnante, che fu fatto segno alle accuse di propaganda bolscevica, di perversione dell’animo infantile, e via discorrendo. Il testo del sogno incriminato fu persino stampato a caratteri di scatola su cartelloni, che vennero affissi su tutti i muri di Saint Paul! Come si è detto, gli articoli contro il Freinet comparvero principalmente nell’ Action Française e nei giornali clericali. Più di cento articoli, per danneggiare un insegnante di paese!
Il Freinet si difese come poté, ed ebbe la fortuna di trovare in un certo numero di colleghi d’insegnamento, e in parecchie personalità della cultura, dei validi alleati, i quali contrapposero la loro opinione a quella, non forse precisamente in buona fede, degli assalitori coalizzati. Tra gli altri, merita di essere citato, perché psicoanalista assai noto, il prof. Charles Baudouin, il quale, in una lettera al Freinet, accenna nel seguente modo alle linee generali interpretative dell’incriminatissimo sogno:
… Non ho certo la pretesa di analizzare qui questo sogno; ciò sarebbe impossibile, non avendo il contesto di associazioni spontanee del bambino; ma si può dire a prima vista che si tratta di una di quelle fantasie estremamente comuni esprimenti una volta di più il complesso edipico e più particolarmente la rivolta contro l’autorità paterna, simboleggiata a seconda dei casi tanto dal sindaco o dal curato quanta da Napoleone o da Nabuccodonosor.
«Bisogna essere certo assai male informati sulla psicologia infantile, o aver dei partiti presi affatto speciali, per aver potuto interpretare questo sogno in un modo a Lei sfavorevole. Per conto mio, La felicito di avere intrapreso questo studio di sogni infantili, che è il miglior mezzo per avere informazioni un po’ precise sulla loro vita affettiva profonda … ». ·
Tra le accuse mosse al Freinet c’e stata naturalmente anche, quella che ci riguarda da vicino, di aver fatto della psicoanalisi nella scuola. Desideriamo riferire per intero come il Freinet replichi su questo punto, in un breve articolo che abbiamo sott’occhio, intitolato «Ciò che attendiamo dalla psicoanalisi». Si osserverà quanta simpatia abbia questo profondo conoscitore dell’anima infantile per il nostro indirizzo, pur protestando di non voler fare nella scuola della vera e propria psicoanalisi perché mancante della preparazione tecnica necessaria e perche restio ad inoltrarsi senz’altro in questa via delicata:
Dato che si è parlato di psicoanalisi a proposito dei sogni incriminati, tutti i pavidi reazionari gettano grida indignate, accusandoci di far dei nostri scolari dei pericolosi «piccoli selvaggi» e accostandoci in modo inatteso a Freud e a Baudouin … Il Ministro stesso si crede obbligato ad annunciare un’inchiesta sui possibili misfatti della psicoanalisi’ nelle scuole francesi.
Rassicuriamo subito queste coscienze inquiete. Noi non abbiamo mai tentato di fare della psicoanalisi nelle nostre classi. E’ questa una scienza troppo nuova e troppo delicata perché noi l’ applichiamo senza una preparazione speciale, o perché raccomandiamo a coloro che ci seguono d’inoltrarsi in questa via.
Noi registriamo i sogni dei bambini allo stesso modo degli altri lavori liberi ch’essi ci portano, perché sono, al pari degli altri, espressione spontanea di un io intimo che tende a liberarsi. Aggiungiamo che se i vari scritti liberi sono per noi pieni di preziosi insegnamenti sulla natura sulle aspirazioni, sui bisogni dei bimbi, accogliamo con interesse ancora maggiore i sogni, che sono la proiezione ingenuamente autentica dell’intero subcosciente.
Ma noi non ci arrischiamo, affatto a fare della psicoanalisi nel vero senso del termine. Questo contenuto latente dei sogni, queste manifestazioni sessuali appena velate, queste traslazioni rivelatrici, nessuno le conosce fuorché noi stessi. E quando il fanciullo ci racconta un sogno, egli non attribuisce ai fatti o ai ricordi una maggiore importanza di quanto ci descrive i suoi giuochi o ci dice la sua emozione al cospetto della natura. E’ dunque assolutamente erroneo supporre che in ciò possa esservi il benché minimo pericolo.
Se poi piace a noi, educatori, esaminare, ognuno con la propria particolare competenza, questi sogni fuori della scuola, servircene per una conoscenza più completa dei nostri scolari; se abbiamo occasione di controllare il valore delle nostre scoperte in base al miglioramento del comportarsi individuate e sociale dei bambini, ·se anche avvertiamo con discrezione i genitori delle precise osservazioni così compiute, sconfiniamo forse con questa dalla nostra funzione educativa? E si può veramente vedere in ciò un benché minimo danno per i «piccoli selvaggi»?
Per educare bene i bambini, occorre anzitutto conoscerli bene. Tutti i nostri maestri – e i più ortodossi – ce l’hanno insegnato. Ora, noi abbiamo appunto introdotto una tecnica nuova la quale, più che qualsiasi altra conosciuta sino ad oggi, permette all’educatore di penetrare nell’intimo del bambino, di partecipare veramente alla sua vita, ai suoi sforzi e ai suoi pensieri, di muoverne tutto l’essere.
Non si tratta affatto di decidere, nella fattispecie, pro o contro la psicoanalisi, poiché noi non facciamo mai né abbiamo la pretesa di fare della psicoanalisi a scuola.
Il problema è un altro: il bambino ha sì o no, il diritto di esprimersi, e anche di raccontare i suoi sogni? l’istitutore può o no fondare su questa intima espressione la sua azione educativa? Tale è la questione ·squisitamente pedagogica, che non permetteremo venga sviata dalle parole interessate di qualche giornalista incompetente.
Siamo pronti a difendere ·anche in tale sede le nostre concezioni e a confrontarle con quelle eventuali dei nostri contraddittori.
Non ci sembra che occorra insistere ulteriormente su questo caso, per tanti versi pieno d’insegnamenti. Ci limitiamo ad osservare che la vantata spregiudicatezza francese non sembra essersi espressa troppo felicemente, in questa vera e propria persecuzione contro un maestro di scuola, reo di aver esercitato la sua missione, con amore e con intelligenza ….. Ma naturalmente si tratta pur sempre di una parte e non del totale: le persone di buon senso e di buona fede, per non parlare degli psicoanalisti di Francia, saranno con noi nell’esprimere al Freinet la più completa approvazione e solidarietà.
Emilio Servadio