L’oscuro segreto che si agita nei teddy-boys
Vittime di una società che non li ha saputi frenare
Il « lasciar correre » di certi genitori costituisce la fonte più certa dei disturbi psichici che possono insorgere nella personalità adolescente avviandola alla criminalità.
Il Tempo 27/08/1959
Nei molti articoli che la stampa Italiana ha recentemente dedicato al fenomeno dei teddy-boys, non ci risulta sia stata ricordata un’opera uscita nel 1945, e che aveva un titolo assai significativo: Ribelle senza causa («Rebel without a cause»). Ne era autore il dottor Robert Lindner, psicoanalista americano, morto l’anno passato in età ancora giovanile. Il libro riferiva il caso di un ragazzo psicopatico, che usava compiere atti asociali per « ribellione » verso qualcuno… Per curarlo, il dottor Lindner usò una tecnica mista di ipnotismo e di psicoanalisi, sulla cui generica validità e utilizzabilità non è qui il caso di discutere. Interessanti furono invece le «scoperte» che il terapeuta poté effettuare durante il trattamento. Mentre il giovane, coscientemente, sapeva soltanto di doversi sfogare contro un anonimo « qualcuno », l’ipnosi gli permise di rievocare scene in cui questo «qualcuno» aveva un volto e un nome. Si trattava del padre del paziente, di cui questi si era sentito profondamente geloso, dal quale era stato, una o due volte, effettivamente malmenato, e che aveva costituito l’oggetto di certe sue velleità omicide. La analisi, portando alla coscienza fantasie ed episodi obliati, aveva ottenuto un netto miglioramento della situazione, e l’inizio, per il soggetto, di un nuovo adattamento sociale.
Quando leggemmo il libro di Lindner, le vicende del protagonista ci colpirono per la loro linearità quasi schematica. Si trattava, in fondo, di un caso relativamente semplice.
Bersagli invisibili
La nostra impressione fu che di là da ciò che il soggetto aveva «rivissuto» durante il trattamento, vi dovessero essere situazioni e conflitti psichici ancora più elementari e profondi; e che in questi, soprattutto, dovesse stare la chiave, la determinante specifica delle sue vicende ulteriori. Ciò non toglieva alcun merito essenziale all’opera di Lindner volta a richiamare l’attenzione di psichiatri, psicologi, criminologi ed educatori sul fatto che gli oggetti contro cui si scagliano certi « ribelli » possono essere invisibili e indimostrabili, e che solo la psicologia profonda può ritrovarli, penetrando oltre le barriere che abitualmente si frappongono all’esplorazione dell’inconscio.
Ma dalla pubblicazione di Ribelle senza causa sono passati tredici anni, e nel frattempo si è andato sempre più chiarendo, in psicologia e in psicoanalisi, un concetto che Freud aveva adombrato, ma non completamente sviluppato: quello della superiore importanza delle fantasie primitive, e dei relativi conflitti, anche a prescindere da elementi oggettivi di ostacolo e di contrasto. Alcuni analisti specialmente anglosassoni avevano mostrato, con buon fondamento, che le prime situazioni di conflitto psichico e di stress possono determinarsi praticamente senza che si verifichino eventi esterni, di grande rilievo. Per il bambino molto piccolo, la madre che involontariamente tarda a porgergli il cibo può dar luogo a fantasie in cui egli vede la madre stessa come «perfida affamatrice» o «strega crudele»…
L’accento si è dunque notevolmente spostato, in psicologia profonda, dall’oggetto al soggetto; e se nei primi tempi del movimento psicoanalitico si tendeva spesso ad attribuire al comportamento obiettivo del genitori e degli adulti verso i bambini, e alle influenze reali dell’ambiente negli anni infantili, una decisiva importanza, e a vedervi la causa di tante difficoltà, sentimenti di colpa e conflitti non risolti di certi nevrotici, oggi ci si chiede se l’assenteismo o il laissez-faire dl genitori e di educatori non sia tante volte la vera radice di molti disturbi della personalità e del comportamento. E ciò non già perché l’influenza degli adulti sul bambino sia di semplice freno e di meccanica repressione mancando la quale il bambino lascia libero sfogo ai suoi istinti: bensì perché il correttivo dell’ostacolo o della rèmora ambientale reale toglie forza e virulenza ai fantasmi irreali ed inconsci! Mancando tale correttivo, si rischia invece di lasciare il bambino, senza che questi lo sappia, alle prese con un mondo pauroso tutt’affatto interiore, che egli non può né rettificare, né dominare. Il risultato è un vero sebbene oscuro, sentimento dl persecuzione da parte degli « oggetti cattivi » interni.
Il rimedio migliore
La conseguenza può maturare una serie di atti violenti, rivolti contro tutti e contro nessuno, simili a quelli di chi, oppresso da un’invisibile camicia di Nesso, cercasse in ogni modo di strapparsela e così divincolandosi mettesse a grave repentaglio gli oggetti e le persone circostanti…
L’idea, pertanto, che i teddy-boys siano in sostanza vittime di una educazione sbagliata, e di un ambiente familiare e sociale che non li ha sufficientemente frenati, è in pratica giusta, anche se non sia questa presumibilmente, la sola causa del fenomeno: ma tale idea è giusta non già nel senso di una superficiale mancanza di freni nell’età evolutiva, bensì in quello di una mancata neutralizzazione, in tale periodo, di certe oscure situazioni interiori di conflitto. Il teddy-boys, insomma, non è affatto un giovane « troppo libero »: è, al contrario un individuo imprigionato da nemici interni che non conosce e che non vede: un individuo che può, pertanto sfogarsi sul primo venuto, proiettando su questi o su un qualsiasi altro oggetto, le immagini persecutorie e indecifrabili del suo inconscio.
Le punizioni e le repressioni violente sono dunque, psicologicamente parlando, un rimedio molto relativo a questo male. Quel che occorre è in primo luogo una vasta azione di propaganda psicologica familiare e sociale, volta a chiarire a chi può e a chi sa i principi psicopedagogici essenziali che abbiamo qui cercato d’indicare. La « presenza » amorevole ma attiva, e la vigile guida dei genitori nei riguardi della prole (agli antipodi di un certo sbagliatissimo, anche se bene intenzionato, « lasciar correre » di marca americana), costituiscono tutto sommato la miglior profilassi dei disturbi della personalità adolescente e adulta; e ciò potrebbe, in pochi anni, ottenere per lo meno una notevole riduzione del triste fenomeno del «ragazzi senza pace ».
Emilio Servadio