Le aporie dell’educazione sessuale
Relazione al Convegno di studio sul tema “Significato della Sessualità Umana” (Torino, 18-19 ottobre 1969).
Sessuologia vol. 2 aprile-giugno 1970

Quando fra noi, uomini di cultura, si discute di educazione sessuale, si crede in genere di parlare di qualche cosa di preciso, e di poter fare appello a concetti comuni; ma in realtà non è propriamente così. In realtà, il concetto stesso di “educazione sessuale” dipende in ogni individuo da altre idee più o meno coscienti, e più o meno confessate o confessabili; e il risultato è che si crede spesso di capirsi, mentre di fatto ognuno seguita a pensare e ad agire per proprio conto.

Prendete per esempio un sacerdote di larghe vedute, di quelli che riconoscono essere non soltanto opportuno, ma doveroso, impartire un’educazione sessuale ai bambini, insegnando loro i fatti della vita. Costui può credere in buona fede di essere d’accordo con qualche pedagogista laico, anch’egli di larghe vedute e nemico di ogni repressione: ma ciò che ognuno dei due intende risulta a un certo punto necessariamente divergente. Il primo, per esempio, potrà dire ai bambini (o meglio, lascerà implicitamente intendere) che gli atti e i rapporti sessuali sono cose da grandi; o ai ragazzi più grandicelli che la miglior cosa che essi possono fare è accantonare le fantasie sessuali, riprendendo la sessualità dal dimenticatoio quando saranno sposati. E’ chiaro che il pedagogista laico vedrà le cose in modo piuttosto diverso: egli potrà ad esempio non trovare affatto strano, né reprensibile, che i bambini seguitino ad avere interessi sessuali molto concreti anche dopo essere stati convenientemente istruiti; e non gli passerà neppure per la mente di consigliare ai ragazzi di reprimere la loro sessualità, o di assumere atteggiamenti meno che tolleranti verso la masturbazione.

Per qualcuno, l’educazione sessuale nel periodo prepubere non può che limitarsi al come nasce un bambino, mentre altri possono pensare che a un ragazzino non inibito interessi tanto il come si nasce quanto il come si fa all’amore. Molti ancora credono che un bambino sia appagato quando gli si illustra la fecondazione umana attraverso esempi tratti dalla botanica o dall’entomologia: ma qualcun altro può pensare che ciò che preoccupa il bambino non sia soltanto una curiosità intellettuale, bensì una spinta più profonda, avente radice nella sua stessa acerba e vivace sessualità!

Un’altra cartina di tornasole discriminativa potrebb’essere oggi, come è noto, la questione del controllo delle nascite. Fa essa parte, o meno, di una moderna educazione sessuale?

Gli esempi potrebbero continuare, ma la conclusione è una. Quando si tratta o si discute di educazione sessuale sarebbe bene in primo luogo mettere chiaramente le proprie carte in tavola, dopo averle guardate per conto proprio, e aver chiarito a se stessi la propria posizione, conscia ed inconscia. Argomentare sulla “educazione sessuale” senza far riferimento a principi generali d’ordine ideologico non ha, per ora, un senso, perché l’educazione sessuale non esiste ancora quale disciplina obiettiva. Essa non è come la geometria o la chimica, o la mineralogia, sulle quali possono intendersi, e che possono ugualmente insegnare, il religioso e l’ateo, il materialista come lo spiritualista. Ecco perché si dà il caso che ne parlino e ne scrivano e se ne occupino persone che di fatto hanno ben poco in comune. Su ciò che concettualmente non ha una fisionomia obiettiva, valida per tutti, è chiaro che ognuno vede quello che inconsciamente vuol vedervi, più o meno come nelle macchie del test di Rorschach. Studiosi e scrittori di libri e di saggi sull’educazione sessuale in alcune Nazioni europee, hanno, in verità, ritenuto opportuno dichiarare ab initio che i loro insegnamenti erano sempre e comunque subordinati a un certo assieme di norme che facevano parte di una particolare filosofia o di una data confessione religiosa: ma lo hanno fatto in genere difensivamente, quasi a voler giustificare il loro occuparsi di un argomento altrimenti tabù. Ciò dimostra fino a qual punto l’educazione sessuale costituisca un problema a sé, perché a nessuno verrebbe in mente di subordinare un dato tipo di insegnamento letterario o scientifico a principi specifici di ordine religioso o morale. In altri casi i timori e le inibizioni in materia hanno assunto altre forme: la presunta pericolosità degli argomenti ha indotto qualcuno a sostenere che essi non potessero essere trattati se non con particolarissime cautele di ordine – questa volta – scientifico. Un medico specialista arrivò a scrivere che l’educazione sessuale dovrebbe essere affidata agli psichiatri: evidentemente per lui la materia presentava le stesse incognite e gli stessi rischi delle malattie mentali!

E’ interessante e al tempo stesso sorprendente constatare come prese di posizione del genere appaiano strane non appena si abbandoni un certo clima culturale. Per l’abitante di un dato Paese progressista, l’impostazione del problema dell’educazione sessuale così come viene fatta in un Paese diverso può apparire quasi incomprensibile, così come poco comprensibili appaiono i comportamenti e i principi sessuali della prima Nazione a coloro che si trovano su posizioni più conservative e più prudenti. Quando anni fa scoppiò lo scandalo della “Zanzara”, il Lions Club al quale appartengo mi pregò – tamburo battente – di fare una conversazione sul problema dell’educazione sessuale dei giovani, cosa che feci ben volentieri. Tra i Lions presenti c’era, di passaggio a Roma, un giovane svizzero di 22-23 anni, il quale, sentendo che si faceva una riunione speciale del Lions Club per discutere il problema aperto dai giovani della Zanzara, mi si avvicinò, si presentò, e con un piccolo sorriso mi disse: “Ma siete ancora a questo punto?”. E cioè: “Evidentemente il fatto che dei ragazzi discutano apertamente di questioni sessuali, e ne scrivano, costituisce per voi ancora materia di dibattito, di discussione e magari di aspra critica.” Il bello è che dopo il mio discorso, che io cercai di rendere il più prudente possibile, ebbi, oltre a vari caldi consensi, anche violente critiche da parte di qualcuno dei Soci del mio stesso Club.

In questi ultimi dieci o vent’anni, le opere sulla educazione sessuale si sono moltiplicate un po’ in tutti i Paesi, e anche in Italia. Ve ne sono di elementari e di dotte, di carattere pratico e di carattere teorico, con e senza illustrazioni. L’argomento è stato moltissime volte trattato e dibattuto in giornali e periodici. Sono stati tenuti corsi informativi a Roma, Milano, Torino, Venezia e in altre città. Quotidiani laici o di sinistra se ne sono occupati non più e non meno che fogli cattolici e giornali considerati conservatori. Chi guardasse le cose un po’ dall’esterno potrebbe forse credere cominciata anche da noi una specie di nuova età dell’oro, nella quale, cadute le secolari repressioni sessuofobiche, tutti si trovassero d’accordo sull’accettazione tranquilla e rasserenata dei diritti del sesso, salva la necessità di una sistematica ma pacifica e inostacolata Aufklärung dei parvoli e degli sprovveduti.

Le cose, in verità, stanno in modo alquanto diverso. Tutti sanno che le conseguenze più tristi di una lunga e continua repressione della sessualità sono ancora riscontrabili in larghi strati della popolazione italiana (trascuriamo altri Paesi per non allargare il nostro campo d’indagine); e che l’anzidetta, da taluni addirittura strombazzata Aufklärung ha toccato in realtà una percentuale assai esigua dei nostri 50 milioni di concittadini. Quanto all’educazione sessuale – ferme restando le riserve e le considerazioni già fatte – è ovvio che i libri, gli articoli, le pubblicazioni e i corsi di cui sopra avranno raggiunto, a dir molto, un milione di individui, operando modificazioni e riorientamenti apprezzabili – sempre a dire molto – su centomila persone. Abbiamo così, rispettivamente il 2% e lo 0,2 %. E gli altri?!

Ma anche ammettendo che centomila persone su 50 milioni costituiscano un numero non indifferente, rimane da chiedersi se e quanto alle convinzioni e alle intenzioni coscienti di costoro corrisponda una vera modificazione e preparazione d’ordine emozionale e una corrispondente apertura psicologica globale. Non ho molti dubbi circa la risposta da dare a tale quesito. Troppe volte mi è accaduto, nella mia pratica psicologica e psicoanalitica, d’incontrare persone apparentemente assai educate, e dichiaratamente spregiudicate ed aperte in materia sessuale, ma che, ciò nonostante, manifestavano chiari fenomeni di “resistenza” e di soqquadro emotivo non appena dalla teoria si doveva scendere alla pratica anche la più elementare. Ho ricevuto le confessioni di genitori, perfettamente convinti della necessità di rispondere onestamente e con chiarezza a certe domande dei loro bambini sui fatti della vita, ma che avevano presentato tutti i fenomeni dell’imbarazzo e dell’inibizione quando si erano accinti a tale compito. Ho avuto in analisi didattica medici e dottoresse, convinti assertori, per esempio del controllo delle nascite, ma pervicacemente riluttanti ad adoperare o a considerare l’uso del diaframma o della pillola antifecondativa … È quindi assai presumibile che i predetti centomila debbano ridursi, nella pratica realtà, a ben poche migliaia.

Appaiono dunque notevolmente utopistici i programmi formulati anche da noi da qualche zelante banditore, in base ai quali si dovrebbe arrivare in breve volger di tempo, e sol che veramente si volesse, ad eliminare dal bel suolo d’Italia le nebbie dell’ignoranza e le forze oscure della sessuofobia. Anche se tutte le superiori autorità fossero d’accordo perché si scendesse al pratico, vedremmo un po’ in tutti i settori – famiglie, scuole, convitti, circoli ed associazioni – folte schiere di volenterosi cercar di comunicare a milioni di altri ciò che essi stessi non hanno né assimilato né digerito. In altre parole, avremmo il vano e tragicomico spettacolo dell’ineducato che tenta di educare, o quello di chi pretendesse di far luce con una lampada difettosa o spenta.

Vorrei menzionare adesso una mia recente esperienza personale, che mi pare si presti a esemplificare uno dei punti chiave della mia disamina, ossia quello della sovrana incertezza che tuttora regna nel nostro Paese riguardo a ciò che è opportuno spiegare o non spiegare, illustrare o non illustrare, in tema di educazione sessuale.

Sollecitato da una Casa di produzione cinematografica, ho acconsentito, nel 1968, a dare la mia consulenza scientifica ad un film sessuologico. Sin dall’inizio posi molto chiaramente le mie condizioni: il film avrebbe dovuto presentare, nella forma più idonea, vari aspetti – normali ed anormali – dell’esperienza sessuale, partendo dall’evoluzione della sessualità nell’infanzia, e mostrando come le principali deviazioni della sessualità nell’adulto fossero da ricondurre a momenti non superati della sessualità infantile. Ciò – avevo soggiunto – avrebbe anche potuto mettere adeguatamente in guardia genitori ed educatori ed avere, quindi, un vero valore informativo ed educativo.

Il film uscì poco meno di un anno dopo e fu intitolato Nel labirinto del sesso; fu proiettato nelle principali città italiane, e accolto con notevole consenso dai principali organi italiani di stampa, quali il· Corriere della SeraIl Messaggero di Roma, il Giornale d’Italia, pure di Roma, ecc., ecc. Ma un bel giorno, venne in mente ad un magistrato italiano che i film fosse lesivo “del comune sentimento del pudore”, per cui egli ne decretò il sequestro. Dopo alcuni mesi, in sede di appello, il sequestro fu revocato, con una motivazione – debbo dire – molto intelligente, e assai lusinghiera per me. Attualmente, il film circola di nuovo in Italia.

Da questo esempio si può facilmente desumere come siano tuttora incerti i criteri sia nei riguardi di quello che si può dire e di quello che non si può dire o esemplificare in materia sessuale, sia circa i principi stessi dell’educazione sessuale. Perché in fin dei conti, molte persone che hanno visto Nel labirinto del sesso sono state, sia pure in modo non troppo sistematico, educate su alcuni importanti aspetti dell’evoluzione sessuale, degli ostacoli che a essa possono frapporsi, e delle principali deviazioni nel comportamento sessuale di molte persone anagraficamente, ma non sessualmente, adulte. Ma tutto ciò, evidentemente, non ha avuto alcun significato o valore per un esponente della nostra magistratura, sulla cui buona fede io non mi permetterei di sollevare alcun dubbio, ma che evidentemente non è il solo, da noi, a scambiare la divulgazione sessuologica per pornografia, e a considerare oscena l’esemplificazione – destinata, si noti, ai soli adulti – di taluni problemi di patologia e psicopatologia sessuale.

Con quanto precede, ho voluto semplicemente indicare, contro un certo atteggiamento ottimistico o semplicistico degno dell’immortale Pangloss, la situazione di straordinaria confusione, per non dire di marasma, in cui si trova attualmente in Italia tutta quanta la questione dell’educazione sessuale. Invidio di tutto cuore chi sente e pensa diversamente. Ma a mio modo di vedere, è infinitamente meglio essere consapevoli di trovarsi sopra un terreno semovente, che non chiudere gli occhi, e pensare invece che il terreno stesso sia di granito. Come disse molti anni fa un giovane filosofo italiano morto immaturamente, Amedeo Armentano, “meglio sapere di non sapere che credere”.

RIASSUNTO

E. Servadio: Le aporie dell’educazione sessuale. Prima di parlare di Educazione sessuale, occorre stabilire le premesse da cui si parte: poiché esse differiscono largamente, ancora oggi, a seconda degli orientamenti ideologici di chi affronta la questione. A giudizio dell’A., l’educazione sessuale in Italia è ancora poco più che agli albori. Fenomeni di resistenza emozionale al riguardo si verificano dappertutto, ed anche ai livelli dell’alta cultura, non esclusa quella medica o scientifica.

La necessità di educare gli educatori, già asserita dall’A. in varie occasioni, è stata ulteriormente ribadita.

Quale esempio della confusione e del disorientamento che tuttora esistono in questo campo, l’A. ha citato da ultimo il caso di un film a carattere sessuologico-divulgativo, al quale egli ha dato la propria collaborazione scientifica, e che venne in un primo tempo sequestrato (sequestro poi revocato) perché ritenuto lesivo del pudore.

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