Chiaroveggenza nel futuro e principi scientifici.
Luce e Ombra 1931
Uno studio magistrale sul problema della conoscenza metapsichica dell’avvenire, nei suoi confronti con le vedute della scienza moderna, ha pubblicato l’ing. J. Delevsky nei numeri 1, 2, 3 (1931) della « Revue Métapsychique ». Scopo del saggio è mostrare che il fenomeno della precognizione non è affatto incompatibile – contrariamente a quanto molti affermano con i moderni orientamenti del pensiero.
I motivi per cui parecchi uomini di cultura e di scienza respingono la possibilità della precognizione sono, secondo il D., principalmente due: da un punto di vista morale, gl’indeterministi la rifiutano in nome del libero arbitrio, altri non comprendono il significato della premonizione di un evento fatale. Dal punto di vista scientifico-razionalistico, si obbietta che il metodo di previsione proprio alla scienza, fondato sulla constatazione di ripetizioni, non saprebbe applicarsi alla precognizione metapsichica, che è infirmata inoltre, a differenza di quella scientifica, da una forte percentuale di errori.
Il D. esamina, allora, la questione della previsione nella scienza esatta.
Essa può essere condizionata o incondizionata (prognosi storica) ; anche quest’ultima è fondata sul fatto delle ripetizioni nel mondo fisico. Tali ripetizioni possono essere ripetizioni di fenomeni (es. le eclissi) o ripetizioni di rapporti (es. l’emanazione di una data quantità di radium in un dato periodo): nel primo caso si hanno previsioni cicliche; nel secondo previsioni acicliche.
Esaminando le prime, e accuratamente esemplificando, il D. dimostra come esse, nella scienza moderna, non abbiano affatto quei carattere di assoluta matematicità e sicurezza che per troppo tempo si è voluto attribuir loro: cause sconosciute di errore, mutazioni brusche, ecc., hanno indotto scienziati di grande valore come il Danjon o il Mascart ad ammettere, col D., che « le previsioni cicliche… si presentano, in fondo, come approssimative, come soggette a errori ».
Il sistema ciclico, si chiede allora il D., sarebbe applicabile alla precognizione? E le cause d’errore potrebbero essere spiegabili allo stesso modo che quelle della previsione scientifica?
Per ammettere ciò, occorrerebbe introdurre né più né meno che l’ipotesi dell’eterno ritorno, cara al Nietzsche, al Blanqui, ecc.: ammettere cioè che il movimento e gli stati successivi dell’intero universo fossero, sia pure un periodo di tempo inapprezzabile, ripetibili. Questa fantastica ipotesi è, anche oggi, difesa da taluni uomini di pensiero, per quanto la maggior parte delle teorie scientifiche (discontinuità della materia e dell’energia opposte alla continuità dello spazio, ecc.), o filosofiche odierne (Rickert,Beryson, Lloyd Morgan, Gentile) vi si oppongano. Però la ripetizione potrebbe essere « più o meno approssimativa », e dei soggetti speciali potrebbero riuscire a contemplare nel passato extra-terrestre una copia dell’evento avvenire.
Ciò, nel caso dei cicli. Nel caso di una precognizione fondata sull’ipotesi di un divenire umano aciclico, occorrerebbe, omologamente a quanto avviene nelle previsioni acicliche della scienza, un ragionamento, un calcolo: ragionamento e calcolo di una complessità tale da superare ogni immaginazione, da far apparire i calcoli matematici più astrusi e complicati, al confronto, come operazioni bambinesche.
Ora si constata, invece, che nella precognizione funziona principalmente una facoltà intuitiva, diretta, che mal si concilierebbe col ragionamento: questo, peraltro, potrebb’essere incosciente, in modo da non apparire neppure al soggetto dell’esperienza (come avviene p. es. nel caso dei calcolatori-prodigio); mentre nella previsione aciclica scientifica si hanno calcoli e ragionamenti coscienti. Come si vede, questa interpretazione urta contro altrettante difficoltà quante ne incontrava l’ipotesi della precognizione aciclica: però essa introduce un elemento di logica, un nesso causale, un determinismo.
Ma questo determinismo va inteso, anche scientificamente, in senso rigoroso? No certo. Il D. riassume le principali vedute fisico-matematiche odierne che, come si sa, portano a riconoscere che « le leggi fisiche sono leggi statistiche, le quali esprimono il risultato medio di un gran numero, di azioni ». Non si deve perciò concludere, come alcuni troppo affrettatamente hanno fatto, in senso indeterministico, ma solo nel senso di un determinismo relativo. Tale concezione, che va gradatamente imponendosi, supera l’antinomia di prevedibilità e libero arbitrio. Nel caso particolare poi, essa permette di rendersi conto abbastanza bene dei fenomeni di precognizione.
Tali fenomeni, scrive il D., non possono esser ridotti ad un unico schema: occorre eliminare, intanto, quelli attribuibili a volontà, ad etero o autosuggestione, ecc. Rimangono quelli di riconosciuta, autentica previsione metapsichica: tanto la teoria ciclica, quanto quella aciclica, intese non rigorosamente, bensì introducendo il già accennato concetto di determinismo relativo, soddisfano alle tre condizioni che rendono possibile la previsione scientifica: ripetizioni; eliminazione dell’antinomia tra determinismo e libero arbitrio; errori. Tutte e tre queste condizioni si hanno, abbiamo visto, tanto nel meccanismo precognitivo (ciclico o aciclico) quanto nella previsione scientifica. Delle ripetizioni abbiamo già detto. Le predizioni non essendo « che enunciati di probabilità », e variando « l’ampiezza degli scarti », non resta infirmato il principio della libertà del volere (non però, s’intende, totalmente incondizionata). E quanto agli errori, si può ammettere che anche nella scienza « esatta » essi dipendano « dal carattere probabilistico delle leggi scientifiche ». Così nel processo ciclico della precognizione, come in quello aciclico, il soggetto può esser fuorviato dalla rappresentazione di un « ciclo » o di una « traiettoria » similare. Un margine esiste, tanto nella previsione scientifica come in quella metapsichica, d’imprevedibilità e quindi di errore.
Emilio Servadio