Discussioni sulla medium « Margery ».
Luce e Ombra 1933
Mentre ancora si attende il resoconto dell’American Society for Psychical Research sul « caso Margery » (resoconto che dovrebbe dissipare i dubbi più o meno fondati sorti sul conto di questa celebre medium) può aver qualche interesse riassumere una cortese discussione svoltasi sulle colonne della rivista « Psychica » tra il dr. Walter Frankun Prince, presidente della Boston S.P.R. e critico severo della medianità fisica in genere e di quella di «Margery » in ispecie, e il nostro illustre amico Cesare Vesme. Tale discussione varrà anche ad illuminare maggiormente quella che nel presente fascicolo lo scrivente sostiene con il ben noto studioso nordamericano.
Il dr. Prince, rispondendo a una recensione curata dal Vesme in merito alle pubblicazioni della Boston S.P.R., dichiara anzitutto di aver pubblicato la lettera del prof. von Hofsten (della quale i lettori sono stati in queste stesse pagine esaurientemente informati) «perchè essa si sforza di mostrare l’insufficienza di un certo metodo di controllo, non nelle esperienze di Parigi, ma in una serie di sedute svoltesi a Londra sotto la direzione del sig. Price ». Egli protesta quindi che le critiche contro Rudi Schneider e contro «Margery» sono state da lui pubblicate in omaggio alla verità, e ribadisce svariate presunzioni di frode a proposito di diversi fenomeni osservati con questa medium. Circa quelli (riferiti anche ne «La Ricerca Psichica », 1932, fasc. 10, p. 470 segg.). di penetrazione della materia attraverso la materia, il Prince sostiene che le condizioni di controllo erano tutt’altro che eccellenti. « Il buco della serratura che chiudeva la scatola », egli scrive, «era sigillato con la massima cura, ma il lettore non sa nulla circa le piccole viti che tenevano insieme il boncinello con la bocchetta (the hasp and staple); forse gli esperti che assistevano alla seduta non hanno pensato che bastava togliere un certo numero di queste viti con un cacciavite, il che può essere fatto da un medium non controllato; questi non deve far altro che mettere un oggetto nella scatola e riporre le viti al loro posto: ciò che può eseguirsi facilmente in circa tre minuti ».
Il Vesme, con la chiarezza e il buon senso a lui abituali, brevemente risponde facendo osservare, in primis, che egli non aveva criticato la lettera del von Hofsten perchè accennava all’insufficienza del controllo di Rudi nelle sedute Price, ma bensì perchè Rudi veniva in essa qualificato esplicitamente come un impostore; il quale termine, egli scrive, è per lo meno un’imprudenza, per non dir altro, dopo le esperienze del dr. Osty. E prosegue eccellentemente: « Non vi sono due Rudi Schneider; vi sono due categorie di sperimentatori: quelli che sanno sperimentare e quelli che non sanno farlo. Mi aspetto del resto che gli eventi ulteriori dimostrino che coloro che negano non hanno perciò necessariamente una conformazione mentale più «scientifica» di coloro che affermano; gli è che spesso essi mancano della penetrazione, del fiuto, dell’indipendenza di spirito indispensabili per giudicar bene i fatti antichi e quelli che si sono svolti sotto i loro occhi. Così pure, essi non seguono necessariamente una linea di condotta più « scientifica »; ne seguono una falsa, cercando la prova assoluta là dove non può aversi che una convergenza delle prove relative ». E il Vesme prosegue mostrando come questo falso metodo non si possa applicare neppure alle altre branche della scienza, eccettuate le scienze esatte. Come avrebbe poi lo stesso dr. Prince potuto applicare quei sistemi alle belle esperienze telepatiche dei coniugi Sinclair, da lui pienamente riconosciute e così acutamente analizzate? Potevano forse queste esperienze venir sottoposte ai metodi con i quali si pretende di constatare i fenomeni di ordine fisico?
Omettiamo altre considerazioni del chiaro Autore per non riferire che quelle inerenti alla precisa critica del dr. Prince relativa alle «scatole». Che quelle adoperate nelle esperienze con «Margery» avessero delle viti, scrive il Vesme, è una semplice ipotesi del dr. Prince, alla quale gli sperimentatori di Boston s’incaricheranno di rispondere. «Ho in casa mia, come tutti, parecchie scatole di ogni specie, grandi e piccole; non ne ho trovata neanche una in cui qualche parte sia riunita per mezzo di viti, nelle condizioni descritte dal dr. Prince… Ma ciò che è soprattutto notevole è il fatto che il dr. Prince non tenga alcun conto di tutte le altre circostanze che rendono ineffettiva la sua ipotesi: i nastri di leucoplasto diachylon, segnati con croci e firme, che circondavano le scatole; la scatola sigillata da cui venne estratto un cucchiaio: il medium che nell’oscurità indica il numero di un foglio di calendario messo in una scatola senza che alcuno lo guardasse, e ignorato da tutti, ecc. ecc. » Tutti questi particolari, ed altri ancora, scrive il Vesme, rendono inoperanti le ipotesi semplicistiche delle viti e dei cacciaviti ed è meglio allora ricorrere, se proprio si vuoi pensare ad una frode, all’ipotesi della complicità. Ma allora, dove ci fermeremo?
L’autore della replica osserva ancora come muti l’atteggiamento del dr. Prince quando questi, abile e acuto studioso dei fenomeni paranormali di carattere psichico, passa ad indagare quelli di ordine fisico. Perchè questo cambiamento? Il Vesme non risponde alla sua stessa domanda, ma non è fuori luogo pensare che le « resistenze » in questo caso non siano propriamente di ordine razionale, ma pertengano piuttosto al campo delle inibizioni inconsce, cui tutti del resto siamo soggetti.
La breve ed esauriente replica del Vesme andava ad ogni modo qui menzionata, e va ad arricchire il già copioso materiale relativo a « Margery »: in attesa, come si è detto, che nuove circostanze permettano di risolvere in un senso o nell’altro il problema, tuttora aperto, concernente questa discussissima medianità.