Piena luce sul « Caso Margery »
Luce e Ombra 1934
Poche volte, nel corso dei nostri studi, siamo stati impressionati e convinti come dal volume che Brackett K. Thorogood ha dedicato alla medium «Margery» (1): volume che costituisce, oltre alla completa e perfetta rivendicazione della medium, uno dei più notevoli “punti fermi” della Ricerca Psichica contemporanea.
Delle varie vicende di questa medianità, e delle aspre controversie suscitate intorno ad essa, i lettori di questa Rivista sono stati via via informati (2). Ricorderemo comunque in breve, per una miglior « messa a fuoco » della questione, il contenuto delle recenti polemiche, e il terreno su cui sono – sorte.
La medium «Margery », che in un lungo periodo di sedute era passata attraverso quasi tutta la gamma della fenomenologia metapsichica, specie di carattere fisico, aveva prodotto negli ultimi anni, tra l’altro, una lunga serie di «impronte digitali» di carattere extranormale: impronte appartenenti a varie persone, per lo più defunte, e ml massima parte (secondo le dichiarazioni del suo «controllo ») al di lei fratello, Walter Stinson, perito in un disastro ferroviario. Il « controllo » della medium è appunto « Walter », e le sue impronte digitali sono state prodotte in tutte le più svariate condizioni di osservazione. Il prodursi delle impronte è stato poi connesso ad altri molteplici fenomeni fisici e mentali, anch’essi nettamente extranormali.
Mentre le esperienze si svolgevano, alcuni indagatori, che si erano più o meno interessati alla questione, pubblicavano nel «Bulletin XVIII» della Boston Society for Psychical Research un vero e proprio «atto d’accusa», mirante a dimostrare che due delle presunte impronte di «Walter» erano identiche a quelle di una persona vivente, e precisamente del dentista Dr. «Kerwin» o Dr. «X» (pseudonimi), che per primo aveva mostrato a «Margery» come si potessero ottenere impronte tridimensionali nello speciale mastice adoperato comunemente a tale scopo in odontoiatria. In una pubblicazione successiva il Dr. Walter Franklin Prince, direttore della citata Boston S.P.R., ribadiva le accuse (che si era cercato di documentare mediante illustrazioni fotografiche) e confermava che qualsiasi impronta digitale poteva essere facilmente riprodotta in modo artificiale, a mezzo di facsimili in metallo: circostanza, questa, che avrebbe dovuto offrire il complemento pratico all’accusa di frode teoricamente lanciata.
L’American Society for Psychical Research, sotto i cui auspici si sono sempre svolte le esperienze con «Margery », ha «istruito» la pratica in modo che i risultati fossero definitivi, noncurante delle critiche pungenti che gli avversari non hanno mancato di rivolgerle in proposito, e rinunziando anche alla soddisfazione di una polemica immediata. L’esito ha dato ragione a questa linea di condotta, poichò, ripetiamo, il volume che abbiamo sott’occhio appare granitico, definitivo, tale da « liquidare » nel modo più completo gli avversari di « Margery » e da permetter di considerare quest’ultima come uno tra i più interessanti soggetti metapsichici dell’epoca nostra. Un esame accurato dell’opera ci permetterà di mostrare se e come la nostra impressione sia giustificata.
In una introduzione di carattere editoriale vengono anzitutto riassunte le vicende «esterne» dell’attuale controversia. I punti principali messi in chiaro sono i seguenti:
Il sig. E. E. Dudley, che per lungo tempo sperimentò con «Margery », e che attualmente è uno dei suoi principali accusatori, fu la persona a cui la medium, dopo aver avuto dal Dr. «X» le indicazioni relative all’uso dello speciale mastice, consegnò le prime impronte ottenute a mo’ di prova. Ciò è confermato da parecchi testimoni, e contrasta con la affermazione del Dudley, il quale dichiara invece di non averle avute, e di aver ignorato persino che il Dr. «X» avesse fatto ali impronte.
Il Dudley, dopo aver inviato all’A.S.P.R. un primo annuncio della sua presunta scoperta (che cioè le impronte di « Walter » erano uguali a quelle di un vivente), non fece seguire un rapporto elaborato come aveva promesso. Si scoprì anzi che erano in corso trattative perchè il resoconto di tale scoperta » fosse pubblicato in un settimanale popolare a larga diffusione. Tali trattative andarono poi a monte e, come è noto, il resoconto venne invece pubblicato nel «Bultin XVIII » della Boston S.P.R.
La prefazione fa notare, tra l’altro, che i rapporti del Dudley con il gruppo di Lime Street (con coloro cioè che si sperimentavano con «Margery») avevano cominciato a guatarsi sin da quando, per l’intervento nel gruppo di B. K. Thorogood, ricercatore abilissimo e di raro acume, la pozione dello stesso Dudley, prima preminente, aveva cominciato a vacillare. Al Thorogood, a un certo punto, venne ata la piena direzione delle esperienze, e di ciò il Dudley molto si dolse. Essendosi verificato, per mano ignota, un qualche sabotaggio negli strumenti usati per le sedute, il boratorio venne mantenuto chiuso a chiave (mentre prima Dudley poteva andare e venire quando e come gli piacesse). Allora, il Dudley cominciò a diradare le sue visite, e finì col sospenderle definitivamente. Le accuse più sopra menzionate furono mosse posteriormente a questo abbandono.
In seguito all’anzidetta “scoperta” del Dudley, alle sue lettere, e all’avvenuta pubblicazione del « Bulletin XVIII», il Thorogood si dedicò interamente al còmpito di condurre a termine un esame pieno e completo di tutta la questione relativa alle impronte: in modo da esaurirla una volta per sempre, e non soltanto in sede di polemica particolare. I risultati di questa indagine complessiva sono appunto esposti nel volume qui considerato.
Il primo argomento affrontato dal Thorogood è quello della generica « sopranormalità » delle manifestazioni ottenute con «Margery». Egli cita a questo proposito alcuni «experimenta crucis» recentemente compiuti. Uno di essi, inedito sinora, è tale da interessare profondamente chi legge, indipendentemente dalla questione principale trattata nel libro. Scrive il Thorogood (p. 6):
Prendemmo un microfono sensibile, uguale a quelli usati nelle trasmissioni radiofoniche, e lo ponemmo in una scatola chiusa e sigillata, la quale era, dai punti di vista meccanico, acustico, elettrico e magnetico, impenetrabile a qualsiasi influenza fisica esterna: e ponemmo il microfono in connessione elettrica con un altoparlante situato in una zona lontana del casamento, avendo cura di proteggere e isolare in modo simile tutti i raccordi e le installazioni. La voce caratteristica di «Walter» venne trasmessa all’altoparlante e riconosciuta da tutti quelli che l’udirono, mentre nessun suono venne percepito da coloro che stavano nella stanza in cui si trovavano la scatola, il microfono e la medium. Nelle condizioni di controllo adottate non v’era assolutamente la possibilità che il microfono e l’altoparlante potessero esser fatti funzionare con mezzi normali. Il risultato di questa esperienza, nella quale venne applicata alla voce di «Walter» una rigorosa tecnica sperimentale d’isolamento, che precludeva la possibilità di qualsiasi connessione fisica tra la medium e l’interno della scatola, nel senso abituale dei termini, crediamo sia sufficiente a provare che il fenomeno in questione è sopranormale.
L’importanza di un simile esperimento non saprebbe, infatti, essere abbastanza sottolineata. E attendiamo con curiosità le eventuali obiezioni dei critici ad oltranza. Circa la «sopranormalità» delle impronte digitali, il Thorogood si riferisce poi al caso in cui vennero ottenute, a grande distanza, le impronte di Sir Oliver Lodge, a quello in cui si ottennero le impronte del giudice Hill da poco defunto (impronte riconosciute identiche a quelle depositate dal Hill ante mortem), e finalmente a quello, definitivo e cruciale, in cui si ebbe un’impronta digitale su un pezzo di cera chiuso in una scatola serrata a lucchetto e sigillata. Di tutti questi casi è stata fatta ampia menzione, al]orchè occorsero, nella presente Rivista, e ci limitiamo qui perciò soltanto a citarli.
Tali risolutivi esperimenti, che confermano i numerosissimi altri compiuti, e che sono a loro volta avvalorati dalla molteplicità e varietà dei fenomeni di « Margery », permettono di concludere in senso affermativo circa la sopranormalità generica delle manifestazioni. E il Thorogood a buon diritto può scrivere che chi non le considera come tali mostra di non conoscere i fatti.
Passando all’esame sistematico delle impronte digitali, il Thorogood fa presenti anzitutto alcune distinzioni fondamentali, che occorre anche qui ricordare.
Un’impronta digitale può essere: un rilievo positivo normale, una negativa, una positiva normale. Tutte e tre queste forme possono altresì aversi « a specchio ».
L’epidermide della superficie palmare di un dito in carne ed ossa presenta un rilievo positivo normale; se si preme questa superficie nella creta si ottiene un’impronta negativa normale; se si bagna il dito d’inchiostro e si preme sulla carta si ottiene una positiva normale (piana). Fotografando ciascuna di queste tre impronte e rovesciando la lastra si ottengono altrettante immagini « a specchio». L’impronta di un dito può quindi apparire in sei modi differenti.
La diversità fra « positiva » e « negativa » data ovviamente dal fatto che le linee papillari che sono in rilievo nel primo caso appaiono come incavi nel secondo, e viceversa. Un’impronta positiva si distingue da una negativa in base alla localizzazione dei pori (che appaiono sulle linee in rilievo, per struttura anatomica), dalla loro forma (come piccole depressioni se l’impronta è positiva, come noduli se è negativa), dalla eventuale differenza di larghezza dei rilievi e delle depressioni, e dalle linee di giuntura (incavate se l’impronta è positiva, rilevate se è negativa). Non è sempre possibile stabilire con assoluta sicurezza se un’impronta è positiva o negativa, ma l’accertamento può effettuarsi nella maggioranza dei casi.
Il primo scopo propostosi dal Thorogood nella sua indagine fu quello di raccogliere due impronte complete delle mani di «Walter», destra e sinistra, in modo da avere un archetipo a cui riferire i confronti. Dopo una serie di tentativi, in cui si ottennero impronte parziali, storte, intrecciate, a specchio, parzialmente negative, ecc., il 10 e il 23 maggio 1932 vennero prodotte, in condizioni rigorosissime di controllo, due mani positive, sinistra e destra, assai ben conformate e tali da poter costituire le « pietre di paragone» desiderate (figg. 2 e 3). Il relatore pubblica in extenso i particolari di tali esperienze e si diffonde sui metodi di controllo adottati, facendo rilevare come sia normalmente impossibile produrre impronte positive su creta per via diretta: occorrebbero dei calchi artificiali flessibili (esclusi dal controllo nelle esperienze in questione) oppure …. la tecnica di « Walter »!
In base a queste impronte standard, il Thorogood ha proceduto a una classifica sistematica e completa di tutte le impronte di « Walter » a sua disposizione e in primo luogo ha preso in esame quelle dei pollici destro e sinistro, dato che intorno alle impronte dei pollici si è svolta principalmente la controversia.
A proposito del pollice sinistro (fig. 4-A) scrive il Thorogood:
Il centro di figura del pollice sinistro è, a quanto sembra, del tipo ad «ansa cubitale», ma consiste effettivamente in un bastoncino alquanto incurvato alla sua estremità superiore e biforcato a quella inferiore. Una notevolissima caratteristica di ogni autentico pollice sinistro in rilievo da noi posseduto (e ne abbiamo dieci) è la chiara cicatrice che lo taglia trasversalmente in modo netto con un angolo di circa trenta gradi rispetto alla giuntura in direzione dell’indice, e che taglia la biforcazione summenzionata del bastoncino a circa 5 mm. dall’apice…
Il disegno del pollice destro (fig. 4-B), sempre secondo il Thorogood,
mostra ch’esso è del tipo ad «ansa cubitale» e che il centro di figura consiste in una crampa o forcella, benché il pollice della nostra mano standard non sia ben sviluppato come altri da noi ottenuti e non mostri il disegno completo della giuntura…
Un esame accuratissimo di tutte le impronte precedenti condusse il Thorogood a una serie di conclusioni parziali che qui sarebbe troppo lungo riassumere. Ci basti dire che anche le primissime impronte di « Walter » ottenute con la paraffina, per quanto più o meno sciupate (anche artificialmente, in circostanze alquanto sospette per il Dudley), rivelarono la loro concordanza con le impronte standard. Il Thorogood, esaminando in tutti i modi, e anche a mezzo di microfotografie, queste impronte, e confrontandole con le altre ottenute, ribadisce la sua affermazione principale, che occorre tenere ben presente: il pollice destro di «Walter» presenta nel suo centro una stretta incurvatura a mo’ di forcella: incurvatura che naturalmente si « traduce » in un segmento simile a un bastoncino qualora l’impronta sia negativa (cfr. figg. 5 e 6). Questo particolare risulta chiaro dall’esame sia delle impronte positive, sia di quelle negative normali, sia di certe curiose « impronte multiple » o « miste » (due fra i tanti tours de force di (« Walter »), ottenute in particolari sedute, e rispetto alle quali il Thorogood fa ogni sorta di ingegnosi tentativi teorici d’interpretazione, trattandosi di impronte nettamente inimitabili ed extranormali. Non è possibile seguire il Thorogood nella sua minuziosissima dimostrazione delle più sottili particolarità delle impronte di «Walter»; ci basti dire che tale dimostrazione, suffragata da disegni, schemi e confronti molteplici, appare completissima e definitiva.
A questo punto della relazione il Thorogood si diffonde su alcuni eventi che, senza provare direttamente la malafede del Dudley, concorrono però inevitabilmente a dimostrarla. Il confronto fra talune impronte ottenute in esperienze anteriori alla sua «gestione», e le fotografie che di tali impronte furono prese in concomitanza di tempo, ha rivelato al Thorogood che almeno cinque impronte hanno subito notevoli alterazioni: alterazioni non certo riconducibili a cause extranormali, ma compiute deliberatamente, e tanto più in quanto si è potuto constatare, almeno in un caso, che il mastice era stato manipolato attraverso un pezzo di stoffa, in modo da evitare che la mano agente lasciasse le proprie impronte- sull’oggetto. Prima di questa scoperta, disgraziatamente, alcune di queste impronte alterate vennero sottoposte a una perizia, volta a scoprire se e in quanto le impronte stesse somigliassero a quelle del « Dr. X ». Naturalmente la perizia è ora del tutto invalidata, benché compiuta da uno dei migliori «esperti » degli Stati Uniti. Il Thorogood, del resto, non trae alcuna conclusione né formula alcuna accusa in merito a queste manipolazioni: ma se di esse esiste un responsabile, è ben difficile esimersi dal supporre che questi possa e debba essere il Dudley.
In base al materiale così raccolto e sistemato, il Thorogood procede poi a quello che è il punto cruciale del suo studio: cioè a un confronto completo e definitivo delle impronte totali e parziali di «Walter», di « Margery » e del « Dr. X ». A tale confronto evidentemente non si poteva addivenire se non dopo aver risolto in modo esauriente tutti i problemi connessi alle impronte di «Walter», il che occupa ben 96 pagine della relazione. Anche dal solo paragone tra il rigore e l’esattezza del Thorogood e la frettolosità con la quale il Dudley ha mosso le sue accuse (a parte tutte le altre circostanze sfavorevoli a quest’ultimo) si ricava un’impressione ben diversa circa i due modi di affrontare e studiare una questione.
I confronti fra le tre coppie di mani comprendono esami comparativi delle palme, delle singole dita, dei pollici, del numero delle linee, dei centri di figura, dei « delta», delle cicatrici, delle linee di giuntura e della struttura epidermica.
Tutti questi esami giungono a un risultato negativo, nel senso che nessuno di essi rivela un’identità completa tra due dei termini del confronto. Per limitarci ai pollici, i quali presentano prima facie maggiori somiglianze, si confrontino le microfotografie (negative, si badi) dei centri di figura dei pollici destri di «Walter» e del « Dr. X » (fig. 6); da esse appare chiaro quanto il Thorogood sottolinea: che cioè l’impronta positiva del centro di figura del pollice destro di «Walter» reca una forcella, mentre quella omologa del « Dr. X » reca un bastoncino.
La differenza, peraltro, più netta fra i due pollici destri in confronto (gli altri confronti, come abbiamo detto, manifestano diversità appariscenti e sostanziali, e se sono perciò più dimostrativi sono anche, in un certo senso, meno interessanti) si rileva dall’esame comparativo dei rispettivi « delta » (3). Due perfette microfotografie (fig. 7, A e B) mostrano infatti come i delta del pollice destro di «Walter» e del pollice destro del «Dr. X» presentino strutture intimamente diverse. Se dunque a un esame superficiale queste due dita effettivamente si somigliano (non più peraltro di quanto sia statisticamente ammissibile), a un esame più approfondito, quale solo può consentire la microfotografia, le differenze risultano chiare e inoppugnabili. Quelle fra i due pollici sinistri sono ancora più evidenti, al pari di quelle fra le altre dita, fra i segni di giuntura, ecc. ecc.
Come si spiega, ciò premesso, che il paragone istituito dal Dudley e dagli altri accusatori di «Margery» abbia avuto esito positivo, rivelando cioè dai 20 ai 23 punti di concordanza tra le due coppie di impronte confrontate?
Evidentemente, poiché l’esame più particolareggiata e minuzioso ha mostrato che tra le impronte delle sei mani di «Walter», di « Margery» e del «Dr. X» vi sono sostanziali differenze, occorre cercare il motivo dell’anzidetto esito nel materiale adoperato dal Dudley per il suo tentativo di dimostrazione: materiale che, per una ragione o per l’altra, dovrà essere infirmato. Ciò suggerisce la logica, e ciò fa appunto il Thorogood nell’ultimo capitolo del suo volume.
L’esame istituito dal Dudley si fonda sul confronto dei due presunti pollici destro e sinistro di « Walter » (impronte su mastice) con quelli del «Dr. X», quali appaiono dalle sue impronte ottenute in inchiostro. Già un tale confronto di per sé stesso è viziato, in quanto che non si possono confrontare bene due impronte digitali ottenute su materia differente, tanto più poi quando l’una è tridimensionale e l’altra a due dimensioni.
Inoltre, come c’informa il Thorogood a p. 122, i calchi da cui furono ricavate le fotografie sono introvabili, e il relatore non ha potuto quindi esaminarli come – naturalmente – avrebbe desiderato di poter fare.
Il calco del pollice destro porta la data 3 febbraio 1927; quello del pollice sinistro la data del 23 febbraio dello stesso anno. Né l’uno né l’altro concordano esattamente con le impronte positive standard di «Walter»: il primo specialmente in base alla particolarità ormai nota del centro di figura; il secondo per diversità ancora più sensibili. Il Thorogood muove varie ipotesi intorno all’uno e all’altro.
Dato che il pollice destro del «Dr. X» somiglia effettivamente molto a quello di «Walter», le possibilità inerenti a questo primo confronto istituito dal Dudley sono due: a) che l’impronta da questi usata sia un’impronta parzialmente negativa di « Walter » (abbiamo visto che « Walter » ha prodotto e può produrre impronte di carattere misto): ciò spiegherebbe l’accentuata somiglianza delle due impronte messe in comparazione, poiché la diversità più importante, quella del centro di figura, cadrebbe; d’altronde non sarebbe con questo provata l’assoluta identità delle due impronte: occorrerebbe confrontare gli originali, mettere l’una accanto all’altra o due impronte su mastice o due impronte in inchiostro, ecc.; e il Thorogood fa notare ancora che l’impronta del « Dr. X » adoperata dal Dudley non presenta un’area sufficiente intorno al « delta », tale da consentire un esame più minuzioso, e che non si vede per qual motivo il Dudley abbia scelto proprio questa per il confronto, invece di altre due del tutto conformi all’impronta standard, ottenute (stando ai protocolli) nella stessa sera del 3 febbraio ’27; b) che non si tratti di un’impronta di « Walter » , ma invece: o di una delle primitive impronte del « Dr. X » (prese come si sa dal Dudley e da lui trattenute), o di una replica artificiale di esse. Lo stesso Dudley ha compiuto esperienze circa il modo di riprodurre artificialmente delle impronte su mastice, e le sottopose a suo tempo anche al sig. Button, presidente dell’A.S.P.R. In questi ultimi due casi, naturalmente, non vi sarebbe alcuna differenza tra le impronte, perchè esse apparterrebbero entrambe alla stessa persona.
Circa il pollice sinistro, la dimostrazione del Thorogood è ancora più chiara e lampante. Nella citata seduta del 23 agosto 1927 vennero prodotte, stando alla dichiarazione del Dudley («Psychic Research», febbraio 1928, p. 112), tre sole impronte, tutte uguali, che vennero classificate come impronte del pollice sinistro di « Walter ». L’uguaglianza delle tre impronte fu attestata, oltre che dal Dudley, dal sig. Fife, che era presente alla seduta. Ora sta di fatto che le altre due impronte recanti la stessa data (impronte in possesso del Thorogood), mentre concordano perfettamente con l’impronta standard del pollice sinistro di «Walter», non concordano affatto con quella pubblicata dal Dudley e da lui ora dichiarata appartenere a quel gruppo! In questo caso, e in base ad altre contraddizioni flagranti del Dudley, appare estremamente verosimile che l’impronta considerata dal Dudley come dovuta al pollice sinistro di « Walter » sia in realtà una impronta del «Dr. X », e precisamente una delle prime, poiché in essa manca una piccola cicatrice che si riscontra in tutte le più recenti impronte dello stesso « Dr. X ». Del resto, esistono differenze anche tra questa e altre impronte che il Dudley ha pubblicato nel citato «Bulletin» della Boston S.P.R. Anche in questo caso, naturalmente, le impronte confrontate dal Dudley dovrebbero per forza essere uguali appartenendo alla stessa persona!
Tralasciando per brevità una serie di ulteriori osservazioni del Thorogood a rincalzo della sua dimostrazione finale (egli sottolinea ben 44 dati di fatto a favore di « Margery », nelle pagine 148-153 della sua relazione), menzioniamo soltanto le sue ultime conclusioni (p. 155):
1. Non vi è alcuna evidenza di frode, trucco o impiego, di -un qualsiasi meccanismo normale in rapporto alle sedute in cui si son prodotti i fenomeni delle impronte digitali di « Walter »
2. I fenomeni di «Walter » sono stati provati sopranormali, in base all’evidenza.
3. Le mani di « Walter », sia considerate nel complesso, sia nei singoli particolari, non sono né l’una né l’altra identiche a quelle di una o più persone conosciute.
Arrivati a questo punto, crediamo doveroso avvertire che il nostro esame, se pure abbastanza esteso e quanto più possibile accurato, è ben lungi dal dare un’idea precisa della complessità, dell’acutezza e della forza dimostrativa del lavoro del Thorogood lavoro che rivela in chi lo ha compiuto abilità tecniche e facoltà logico-deduttive veramente eccezionali.
Non sappiamo se e come il Dudley, o gli altri che con medium, che la persona lui hanno voluto infirmare questo capitolo della medianità di « Margery », potranno replicare a un’opera che li condanna scientificamente e in parte anche moralmente. Per conto nostro, non crediamo che le conclusioni del Thorogood possano essere seriamente oppugnate.
Ma vogliamo espressamente sottolineare un fatto importantissimo: il fatto cioè che l’attuale controversia ha permesso di studiare e documentare in modo esauriente una delle manifestazioni più interessanti per la Ricerca Psichica odierna. Il volume del Thorogood è, da questo punto di vista, superiore al suo stesso valore polemico, poiché in esso il difficile e complicato esame delle « impronte paranormali » ottenute con « Margery » è stato condotto radicalmente e a fondo. Anche se il meccanismo di produzione di tali impronte resti per ora oscuro (si vedano peraltro i sottili aperçus teorici che il Thorogood gli dedica), un lavoro di sterro è stato compiuto, e il campo d’indagine sarà fertilissimo per gli suidìosi avvenire.
E se si pensa che questo lavoro è stato fatto per controbattere e confutare delle accuse, è pure il caso di dire che (« non tutto il male viene per nuocere », che le armi ingiustamente appuntate si son ritorte contro chi le brandiva, e che il falso, ancora una volta, non ha servito se non a far meglio distinguere e rifulgere il Vero.
EMILIO SERVADiO.
1) « Proceedings of the American Society for Psychical Research », Vol. XXII: The Margery Mediumship: The « Walter » Hands. A Study of Their Dermatoglyphics, by Bracken K. Thorogood. . The A.S.P.R., 15 Lexington Avenue, New New York, 1933, s.i.p., pp. 228 con 115 tavole f.t.
2) Cfr. «Luce e Ombra», fasc. 3 e 7, 1928; 4 e 8, 1929; e in special modo: 1930, pp. 338, 527; 1931, pp. 41, 144, 242; « La Ricerca Psichica», 1932, pp. 182, 227, 470; 1933, pp. 56, 123, 187, 380.
3) Per chi non è pratico dei termini dattiloscopici diremo che il delta è una zona di particolare importanza pei riferimenti, e si trova nelle impronte che presentino, secondo la classifica Vucetich, un’ansa cubitale o radiale (impronte monodeltiche) o un verticillo (impronte bideltiche): esso è propriamente la zona, d’aspetto triangolare, ove le linee basilari (inferiori) dell’impronta divergono da quelle marginali (superiori) per lasciare il posto al sistema intermedio.