Surrealismo e medianità
Luce e Ombra, aprile 1930
SOMMARIO: Fondamenti psicologici del surrealismo rapporti fra l’automatismo scrivente e la poesia surrealista, tra certa pittura surrealista e i fenomeni di ectoplasmia.
Apparso nel 1924, e organizzato, se non propriamente giustificato in sede teorica, da André Breton (Manifeste du Surréalisme,ed. Kra, Parigi), il cosiddetto movimento surrealista, dopo sei anni, tiene ancora il campo abbastanza vivacemente, esercitando tuttora una notevole influenza su scrittori ed artisti contemporanei.
Non v’ha certo bisogno di ricordare diffusamente, e mettendo tutti i puntini sugli i, che cosa sia e a che cosa tenda il Surrealismo, dopo che lo stesso suo fondatore ne ha spiegate lungamente,e a più riprese, le caratteristiche, e dopo che non pochi articoli e studi hanno cercato, anche in Italia, d’interpretarne le esigenze,sia difendendolo che combattendolo. In questa sede a noi non interessa situarci sopra un piano di critica filosofica, letteraria od artistica, e basterà quindi, per il nostro assunto, accennare ai fondamenti psicologici del Surrealismo, per considerare quindi se e quanto le caratteristiche in esso ravviabili possano servir di base a considerazioni collaterali ed analogiche nei riguardi delle manifestazioni medianiche.
Psicologicamente, il Surrealismo è un fenomeno di quella che il Grasset avrebbe chiamato «désaggrégation suspoligonale», e che noi chiameremo più semplicemente dissociazione o disintegrazione di coscienza. A detta degli stessi fondatori, esso è «un mero automatismo psichico, col quale ci si propone di esprimere, verbalmente o per iscritto, l’attività reale del pensiero, ciò che detta il pensiero, indipendentemente da qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, fuori da qualsiasi preoccupazione estetica o morale» . Tradotto in termini psicologici un po’ più precisi, ciò equivale a dire che il subcosciente deve avere l’assoluta preminenza, nella creazione artistica, e che i centri psichici superiori devono abdicare dalla loro funzione abituale di controllo, per lasciar libero il campo ai dettati dei «poligono».
Non è nostro compito considerare qui, diffusamente e partitamente, se e come questo programma sia stato realizzato dai numerosi scrittori ed artisti surrealisti. Ci limiteremo ad osservare che le poche opere surrealiste che hanno trovato qualche rispondenza nel pubblico o nella critica sono le meno aderenti al programma iniziale: sono quelle, cioè, in cui, bene o male, si rivela una consapevolezza artistica, forse a dispetto o contro le intenzioni dell’autore, il quale avrebbe magari preferito di sacrificare al dogma surrealista un successo anche ben meritato. Così dicasi dello stesso Breton, il cui romanzo Nadja (1929) ha avuto consensi non pochi, pur essendo composto in una prosa e secondo un disegno che nulla hanno a che fare con i «puri» scritti surrealisti del 1924 (Poisson soluble, seguito al Manifeste).
Per terminare questo brevissimo cenno sui fondamenti psicologici del surrealismo, ricorderemo ancora i seguenti particolari:l’influenza del Freud, riconosciuta dagli stessi surrealisti teorici, è in realtà veramente scarsa, a nostro avviso, nelle realizzazioni surrealiste; ma soprattutto è un attribuire al Freud quel che non gli spetta il tentar di far risalire a lui la paternità anche presumibile di questo movimento. Il Freud ha enunciato chiaramente, se pur schematicamente, una sua estetica, che sarà discutibile, ma che non è certo quella del Surrealismo. Il fondatore della psicoanalisi,come è noto a chiunque abbia letto le sue opere con la dovuta attenzione, considera le attività superiori umane, e quelle artisti che in ispecie, quali dovute a una sublimazione, ossia a un processo trasfigurativo degli istinti primordiali, per cui gradatamente quel che era impulso irragionevole, forza cieca, incoscienza, si canalizza,si plasma, prende infine forma definitiva di creatura artistica. Tanto maggiore è il potere di sublimazione, tanto più alta sarà l’opera d’arte. Nulla è dunque così lontano dal Freud, quanto l’affermazione che l’arte possa o debba realizzarsi attraverso la manifestazione primigenia e incontrollata del psichismo inferiore.
Ancora: l’esigenza surrealista è l’estrema punta di una delle due tendenze che di tutti i tempi si sono divise il campo, nello stabilire sotto varie forme i canoni della creazione artistica; ragione e sentimento, mente o cuore; intellettualismo o irrazionalismo; classicismo o romanticismo. Portato alle sue ultime conseguenze, il surrealismo è il predominio assoluto e imperativo della seconda serie sulla prima. All’altro estremo, e in totale contrapposto (ciò sia detto en passant, per coloro che considerando questi fenomeni dal di fuori, senza studiare le scaturigini intime, furono e sono propensi a confondere in un sol mazzo tutti i movimenti d’avanguardia del dopo guerra), all’altro estremo, diciamo, stette per alcun tempo il dadaismo, che rappresentò a modo suo, e con manifestazioni parossistiche e di un polemismo senza limiti, l’esigenza della pura consapevolezza, ponendo l’io dell’artista come globale ed ultima giustificazione di quanto egli facesse, e risolvendo sillabe, linee, volumi in composizioni che, a detta degli stessi creatori, non volevano e non dovevano avere alcun senso umano. Per il Surrealismo, come abbiamo visto, è l’opposto: attraverso il dettato dei subcosciente si crede o si spera di raggiungere tesori nascosti, realtà metafisiche, con cui la coscienza normale non può, per la sua stessa natura, entrare in contatto. In ordine a questo potere attribuito (e non infondatamente, come noi sappiamo) alla subcoscienza, alcuni tra i surrealisti più acuti si sono interessati non poco, sebbene a latere, ai fenomeni di scrittura automatica e, in genere, a quelli di medianità intellettuale. Lo stesso libro citato (Nadja) del Breton ha come protagonista una donna che presenta fenomeni intermittenti di chiaroveggenza.
Questo accostamento estrinseco (e tutto letterario) verso alcuni oggetti della nostra Ricerca, è di per sé abbastanza sintomatico,e se i surrealisti non l’hanno spinto troppo oltre è stato forse per il segreto timore che il Surrealismo diventasse a sua volta oggetto di esame da parte di psichiatri o di metapsichisti, e venisse così meno alla sua funzione, intesa come funzione filosofica ed artistica. Comunque, è doveroso da parte nostra prenderne atto, e non ci meraviglia leggere che il Breton si è interessato per un certo tempo alle pitture medianiche di Hélène Smith. Ma ciò che più importa è, a nostro modo di vedere, il constatare alcuni caratteri intrinseci,che costituiscono una specie di comune denominatore tanto delle produzioni surrealiste quanto delle produzioni medianiche.
Dalle dichiarazioni del Breton, che abbiamo più sopra riportate, risulta chiara, in primo luogo, la premessa comune tanto alla «scrittura automatica», fenomeno medianico o metapsichico, quanto ai prodotti, astrattamente considerati, del surrealismo letterario. Il « mero automatismo psichico rappresenta, in entrambi i casi, la condizione necessaria e sufficiente, e solo potrà esservi una differenza di grado, nell’automaticità degli scritti, se si pensa che ad uomini della cultura di Breton, Desnos, Aragon o Soupault non sarà poi troppo facile abdicare alla loro personalità cosciente per abbandonarsi senza freno alla corrente tumultuosa dell’attività subconscia. Si aggiunga che il semplice e materiale possesso di un numero più esteso di vocaboli (a prescindere dalla intrinseca« liricità associativa » propria ai poeti) dovrà per forza, anche a parità di altre condizioni, permettere a un poeta surrealista di esprimere cose più alte, artisticamente, di quel che non possa dare l’automatismo scrittorio di un medium incolto. Questo è però tutto quanto possiamo concedere al Surrealismo, e non altro, perchè se scendiamo a un più intimo esame degli scritti surrealistici constatiamo come essi, a prescindere da alcuni momenti in cui la poesis sembra scaturire quasi per combinazione, come un lampo tra nuvole, appartengano al tipo più elementare e inferiore delle scritture automatiche, mentre da queste talvolta si sono avuti, come ognun sa, prodotti di vero e grande interesse artistico, oltrechè psicologico. Solo in forme più accentuatamente patologiche della medianità si possono osservare casi di automatismo scrivente che,per i loro prodotti, si apparentano abbastanza alle scritture surrealiste. Resta, come abbiamo detto, una differenza quanto all’elemento lirico, che in queste ultime riesce ogni tanto a farsi strada;ma questa differenza, da un punto di vista psicologico, non può e non deve essere valutata. Sarebbe invece interessante, per la ricerca psichica, seguire da vicino e studiare analiticamente, e nei confronti con i loro autori, certi poemi surrealisti, e vedere fino a qual punto l’automatismo possa considerarsi «puro» e dove possano rivelarsi intrusioni di carattere intellettualistico e razionale: studio quanto mai difficile, ne conveniamo, ma che forse potrebbe recare nuove luci sullo spinoso problema dell’attività subcosciente, unito alla sistematica constatazione degli elementi decisamente para-normali (cripto estesici) che potessero presentarsi in queste scritture.
Dagli elementi di cui disponiamo, a noi sembra doversi desumere che la differenza da porsi tra scritture automatiche di tipo medianico e scritture di tipo surrealista è la seguente: nel primo caso (forme conclamate, sul genere di quella che permise a un calzolaio di terminare l’Edwin Drood) assistiamo a un vero sdoppiamento di personalità, a una scissione netta tra coscienza prima e coscienza seconda, dimodochè quest’ultima si organizza secondo un suo misterioso schema e agisce, parla, crea come un’altra persona; nel secondo caso (forme «pure» e integrali di scrittura surrealista) questa impressione di sdoppiamento non si ha mai: si pensa piuttosto ad una parziale e non permanente obnubilazione della coscienza, che ne disorganizza da un lato l’attività, e d’altro lato le permette sporadicamente di cogliere e di esprimere qualche aspetto di quel « mondo del sogno » che sfugge in generale ad una traduzione. Se il punto di partenza è comune, e ragguagliabili sono alcune atipiche manifestazioni, troviamo quindi una divergenza nelle forme tipiche dei due modi di dar sbocco all’attività subcosciente.
Un confronto più interessante, e alquanto più difficile ad interpretarsi anche al lume dei piè recenti studi metapsichici, è quello che concerne le pitture surrealiste. Da alcuni disegni ancora elementari, che si apparentano alle scritture di cui abbiamo già discorso si giunge a quadri perfettamente organizzati, la cui esecuzione rivela spesso una mano esperta, e che si distaccano nettamente, a chi sappia guardarli, dai quadri dei futuristi o dei dadaisti. Il più strano si è che essi si differenziano anche sensibilmente dalle pitture dei medium più noti, come Smith, Lesage, Grujevskij, ecc., per apparentarsi, invece, secondo quanto ci risulta da attente osservazioni e da confronti fotografici ripetuti, con le materializzazioni medianiche.
Qui s’impongono alcune distinzioni. Nelle pitture surrealiste occorre di vedere composizioni formate di vari soggetti, del tutto staccati, e sovrapposti, o giustapposti: si dovrà in questo caso scindere i diversi elementi e considerarli uno per uno, per poi esaminare in quale rapporto essi stiano fra loro. Sia in questi quadri,sia in altri in cui appare invece una fusione di elementi in un solo organismo, noi troviamo volta a volta o una perfetta delimitazione di linee, un’esecuzione «finita » e senza sbavature, oppure una specie di tessuto connettivo che riunisce una serie di disparatissimi oggetti, alcuni formati, altri meno, altri addirittura svanenti e come in decomposizione. Queste, grossa modo, e nell’impossibilitài n cui siamo di riprodurre qualche illustrazione, che chiarirebbe meglio le cose, le caratteristiche fondamentali della pittura surrealista.
E tali caratteristiche noi troviamo, precisamente, in molti fenomeni ectoplasmici : da un lato alcune delineazioni perfette di volti, o di arti, o di intere figure: con una concretezza quasi transumana e, veramente, surreale (cfr. le ben note Fotografie di fantasmi dell’Imoda, o certi ectoplasmi di Eva Carrière); dall’altro, allorché si riesce a sorprendere un momento disintegrativo della sostanza ectoplasmica, si constata appunto come un risolversi non omogeneo dei vari elementi, che si erano prima materializzati, nella massa amorfa e indifferenziata della sostanza stessa (cfr. gli ectoplasmi amorfi di Eva o, meglio ancora, la fotografia n.11 in Psychic Science, ottobre 1929, che illustra, con diverse altre, i fenomeni medianici di Winnipeg su cui abbiamo scritto altre volte, e nella quale si scorge nettamente il processo di disintegrazione).
Quello che però maggiormente colpisce nel confronto è il constatare come tanto nelle materializzazioni quanto in queste pitture ci si serva di elementi estrinseci e diremo quasi mimetici, che assumono la vaga apparenza di un oggetto più differenziato e complicato, imitandone elementarmente le forme. Così ad es. troviamo in un quadro surrealista un guanto, due volte più grande della testa che esso sorregge, imitando come da lontano e nel modo confessatamente più inadeguato il busto con le appendici delle membra; e in varie manifestazioni ectoplasmiche, vediamo che il volto, perfettamente formato, e parte del busto, terminano in un drappeggiamento che vorrebbe simulare un corpo quasi certamente assente o insufficientemente materializzato.
Nel caso delle pitture le ipotesi si complicano perchè, come ènoto, quella dell’ideoplastia non è accettata, nella sua significazione totalitaria, che da un numero limitato di studiosi. Noi crediamo però che essa possa fornirci al riguardo un criterio sufficientemente fondato. Tanto nelle pitture medianiche quanto nelle materializzazioni, l’attività subconscia, manifestantesi in immagini sul tipo esatto di quelle del sogno, prende consistenza. Sappiamo come dall’esame di ectoplasmi di Eva, raffiguranti quadri celebri o personaggi viventi, si giungesse da alcuni alla conclusione che la materializzazione non è fenomeno assimilabile alla creazione organica, non è, come voleva il Geley, una generazione rapida, bensì un qualche cosa di paragonabile (Sudre) alla creazione artistica. Le pitture surrealiste rivelano quindi, al pari delle scritture, un punto di partenza comune confrontabile con l’attività medianica, e se ne differenziano a loro volta non soltanto per la sostanza (estrinseca all’organismo nel primo caso, intrinseca nel secondo), ma anche per l’emergenza, ancora più forte in questo che nel caso della scrittura, di elementi intellettualistici (di qui, ed evidentemente anche dal diverso grado di dissociazione di coscienza, le differenze con le pitture propriamente medianiche). A chi però guardi alquanto addentro a ciò che costituisce la pittura surrealista si rivela in tutta la sua pienezza la disgregazione che sta alla base del surrealismo sistema: disgregazione che costituisce un regresso evidente dell’individualità e che se può, in sede scientifica, presentare un determinato interesse, in sede artistica, letteraria o filosofica porta a giudizi molto precisi nei confronti del movimento in questione: giudizi che qui, come abbiamo detto, non crediamo opportuno formulare.
Emilio Servadio