Anche un cordone telepatico unisce la madre al bambino
Il verificarsi di fatti impressionanti e «scientificamente inspiegabili» induce a pensare che fluidi innati agiscano in noi, sollecitati da casi speciali
Il Tempo 02/03/1961
Quanto segue è avvenuto a Londra, alcuni mesi fa. La bambina era sul tavolo operatorio, ancora sotto l’influenza dell’anestetico. Cinquenne, figlia di americani, aveva dovuto essere ricoverata d’urgenza in una clinica londinese, per un delicato intervento alla colonna vertebrale. Il chirurgo era soddisfatto, le cose si erano svolte nel modo migliore. Tuttavia la piccola tardava a riprendere conoscenza, e parlava continuamente con voce sommessa. L’operatore, tendendo l’orecchio, credette di percepire parole non già inglesi, ma spagnole; e soprattutto un nome: « Pedro ». Incuriosito e un po’ inquieto, chiamò la madre, la pregò di ascoltare… La donna diventò pallidissima, e sembrò sul punto di svenire. Più tardi spiegò al medico quel che era accaduto.
Il primo marito della signora era morto nel Messico, in un’imboscata, quando la bambina doveva ancora nascere. Un servo fedele, di nome Pedro, aveva salvato la donna, facendole attraversare a cavallo la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti. Dopo breve tempo, la giovane vedova aveva sposato un americano. La bimba, nata in America, non aveva mai saputo che la persona che chiamava papà non fosse suo padre, e nessuno – ovviamente – le aveva mai parlato dei tristi e fortunosi eventi che avevano preceduto la sua nascita. In qual modo, per quali vie, era sorta in lei la possibilità di ciangottare frasi spagnole e, soprattutto, come aveva essa captato e trattenuto il nome rivelatore di « Pedro »?
Questo che abbiamo riportato, desumendolo da comunicazioni private, di prima mano, non è che un caso molto recente, fra i non pochi che da qualche anno diversi medici, psicologi e psicoanalisti hanno registrato e, in parte, pubblicato. I casi in questione sembrano indicare che tra madre e bambino corrono rapporti che non si possono sempre spiegare con i termini d’intuizione, di acuta sensibilità reciproca, di mutua identificazione, e via discorrendo. A un certo punto, dinnanzi a certi episodi, è giuocoforza supporre che le comunicazioni avvengano su un piano telepatico o, come oggi si preferisce dire, extra sensoriale.
A questo tipo di comunicazioni aveva già pensato una notissima psicoanalista inglese, Dorothy Burlingham. Nel 1932 questa attenta indagatrice aveva riferito che una sua cliente si era lungamente diffusa, durante una seduta analitica, su una moneta d’oro che aveva ricevuta in regalo quando era bambina. Quindi era tornata a casa, e il figlio di dieci anni le era venuto incontro, porgendole una sua moneta d’oro, donatagli mesi prima in occasione del compleanno! Non era stato possibile trovare alcuna motivazione a tal gesto. Pochi giorni dopo, mentre la madre stava seduta alla scrivania, intenta ad annotare la strana esperienza, il bambino era entrato improvvisamente nello studio, e le aveva richiesto la moneta, dicendo che desiderava mostrarla ad altri… Neppure in questo caso, si poté capire che cosa avesse motivato il comportamento del bimbo. Questo episodio, grazioso e sorprendente, colpì la attenzione di Freud.
La considerazione di simili eventi è rimasta però – occorre ammetterlo – assai marginale, come se si trattasse di rare eccezioni rispetto a una regola tacitamente accettata. La regola sarebbe, ovviamente, quella dell’« inesistenza » di simili comunicazioni nei consueti rapporti umani, anche i più stretti ed intimi! Solo alcuni psicoanalisti formularono l’ipotesi che nel rapporto fra la madre e il bambino, specialmente agli inizi, le comunicazioni extra sensoriali potessero verificarsi· non già in casi eccezionali e rarissimi, bensì come elemento marginale, spesso inavvertito, ma integrante, nel rapporto stesso.
La tesi in questione è stata sostenuta in varie occasioni da chi scrive, e in modo particolarmente efficace dal noto psichiatra e psicoanalista statunitense Jan Ehrenwald. Questi ha scritto per esempio che « quando si tratta di un infante, l’ipotesi che egli sia ipersensibile nei riguardi di impressioni sensoriali altamente strutturate è inapplicabile », mentre è perfettamente concepibile che la comunicazione extra sensoriale, o telepatica, « rappresenti un legame funzionale tra madre e bambino, paragonabile a quello per cui gli istinti legano l’una all’altra le successive generazioni, nella storia della specie umana ». Ehrenwald, conclude affermando che, « vi è ragione di credere che un fattore telepatico sia presente nel rapporto bambino-genitore, anche se la sua azione sia difficilmente comprovabile mediante l’applicazione dei metodi statistici ».
Una nota seguace di Jung, la psicologa americana Frances Wickes (uno dei cui libri è apparso anche in italiano), ha descritto alcuni casi nei quali i sintomi nevrotici di certi bambini scomparvero dopo un’analisi approfondita dei problemi dei rispettivi genitori. In una sua relazione di pochi anni or sono (1955), si può leggere che l’effetto della analisi psicologica di una giovane madre si ripercosse in modo inequivocabile sul suo bambino, benché in quel periodo la madre e il figlio si trovassero a 5000 chilometri di distanza!
Per coloro ai quali simili osservazioni e teorie sembrassero troppo ardite, o magari « fantascientifiche », citeremo un lavoro eccezionalmente convincente teste apparso nel Journal of Mental Science, che e tra le più autorevoli ed accreditate riviste psichiatriche inglesi. L’articolo s’intitola: La funzione della percezione extra sensoriale nella primissima infanzia, e ne è autrice la dottoressa Joan Fitzherbert, psichiatra, capo del servizio di psico-pedagogia infantile del Comitato per l’istruzione del Kent. Secondo questa eminente specialista, Freud aveva ragione quando supponeva che la telepatia fosse « il mezzo arcaico originale con cui gli esseri umani si comprendevano, e che poi fu abbandonato e superato nel corso dell’evoluzione, con l’avvento di migliori metodi sensoriali, di comunicazione ». A suo avviso, certi cosiddetti «ricordi» estremamente precoci, o che si vorrebbero « ereditati », così come certe idee che volgarmente si chiamano « innate », o la reazione del bambino agli altrui sentimenti inconsci e non palesati, si possono spiegare adeguatamente soltanto se si ammette che il bambino piccolo possa accogliere certi contenuti psichici della madre, ed anche dl altri adulti « importanti », per via extra sensoriale. Con grande abilità, la dottoressa Fitzherbert mostra come tale ipotesi renda conto di molti enigmi psicologici dell’infanzia altrimenti insolubili.
Ma se così è – si chiede l’illustre Autrice – se ne debbono trarre conclusioni molto precise, e un tantino preoccupanti, riguardo per esempio ai bambini abbandonati, o affidati a varie successive «figure materne», o adottati quando sono ancora molto piccoli, e via discorrendo. La improvvisa comparsa, sullo orizzonte psichico infantile, di una nuova « madre », il cui mondo mentale sia radicalmente diverso da quello della persona materna precedente, potrebbe ingenerare nel bambino, anche attraverso percezioni non sensoriali, un grave shock, tale da porre le infauste premesse di future malattie mentali…
Si tratta, come si vede, dl impostazioni nuove, pressoché «avveniristiche», delle questioni inerenti al rapporto psicologico madre-bambino.
Emilio Servadio