Entusiasti ma arretrati i parapsicologi russi
Il Tempo 04/01/1968
Caduti i divieti del periodo stalinista, anche i sovietici, impressionati dalle notizie sulle ricerche americane si sono avventurati nella metapsichica, con risultati per ora scarsi
Due opere apparse contemporaneamente in Italia – Parapsicologia sperimentale di K. Ramakrishna Rao (Astrolabio, Roma) e Metapsichica e scienza sovietica di Leonid L. Vasiliev (Bompiani, Milano) – mettono a confronto indiretto due mondi, due scuole e due livelli: quello sovietico e quello, diciamo così, occidentale (il nome ovviamente indiano di K. Ramakrishna Rao non deve fuorviare: si tratta di uno studioso che ha lavorato a lungo negli Stati Uniti, e il cui orientamento scientifico è indiscutibilmente euro-americano).
Oggetto del confronto è la parapsicologia, chiamata tuttora da qualcuno « metapsichica », come la denominò nei primi anni di questo secolo l’insigne fisiologo francese Charles Richet. A dire il vero, anche gli studiosi sovietici preferiscono « parapsicologia », e non si capisce perciò il motivo per cui è stato adoperato il termine più antico, e meno felice, nella traduzione di una opera in cui esso praticamente non compare.
I casi spontanei
L’appellativo « sperimentale » è esplicito nel titolo dell’opera di Rao, ma può applicarsi in realtà a entrambe le trattazioni. Sin da quando i primi indagatori, nel secolo scorso, cominciarono a esplorare con metodo scientifico i « fenomeni misteriosi della psiche umana », essi non si accontentarono di raccogliere e di selezionare, poniamo, i casi cosiddetti « spontanei » di telepatia o di precognizione, ma cercarono di riprodurli sperimentalmente, in condizioni previste e prestabilite. Nel secolo attuale, e specialmente negli ultimi trenta o quaranta anni, la sperimentazione in parapsicologia ha acquistato valore e importanza particolari, cosicché oggigiorno un’opera in cui si descrivessero soltanto « casi spontanei » potrebbe risultare non troppo dissimile da una raccolta di aneddoti curiosi, interessanti, ma non propriamente dimostrativi.
Mentre la parapsicologia sperimentale – specie per merito di alcuni uomini di scienza americani, come il prof. J. B. Rhine – progrediva in Occidente, che cosa facevano gli studiosi sovietici? Apparentemente nulla. Sino a tutto il periodo staliniano, era di rigore nell’URSS considerare gli studi di parapsicologia come illusori sottoprodotti di un bolso e fumoso « spiritualismo d’Occidente, cui si contrapponeva il lucido e consapevole pensiero materialistico. Le riviste europee o americane dl parapsicologia non erano neppure ammesse negli Stati d’ oltre cortina »!
Tutto il panorama cambiò quando le autorità sovietiche, una decina d’anni fa, ritennero in buona fede che in certe sfere statunitensi – specie militari, o navali – la parapsicologia ricevesse attenzione e incoraggiamento. La notizia era infondata: ma i sovietici la presero per buona, e permisero l’« uscita al chiaro » di un loro scienziato, il professor Leonid L. Vasiliev, cattedratico di fisiologia all’Università di Leningrado. Questi aveva in realtà studiato e lavorato sin da prima del 1930 nel campo della telepatia e della « suggestione a distanza »: ma non gli era stato concesso di dichiararlo a livelli « ufficiali », né di dare alle stampe i suoi articoli e libri sull’argomento. Ricevuto l’assenso dei politici, Vasiliev pubblico alcune opere, un paio delle quali furono subito tradotte in francese o in inglese e il suo nome, e quelli dei suoi principali collaboratori, divennero rapidamente noti fra gli studiosi d’Europa e d’America.
Vasiliev (morto due anni fa) aveva, a dire il vero, non pochi meriti. Con grande ingegnosità ed acume, egli aveva ad esempio introdotto, nelle esperienze di « suggestione a distanza », ovvero di telepatia provocata, tecniche nuove e precise, « schermi » di crescente opacità e impenetrabilità, nuovi apparecchi di registrazione e di controllo, considerazioni teoriche improntate a criteri scientifici severi ma non dogmatici.
La reazione alla anzidetta « uscita all’aperto » degli studiosi sovietici fu quanto mai interessante. In Russia alcune opere divulgative di Vasiliev andarono letteralmente a ruba, e sul suo esempio si costituirono associazioni e gruppi di parapsicologia un po’ dappertutto. In Occidente molte persone, e anche taluni studiosi, si abbandonarono a entusiasmi alquanto indiscriminati, si sentirono protetti e sostenuti dal « placet » sovietico, e sperarono in una sorta di palingenesi parapsicologica, promossa dagli indagatori dell’URSS.
Un esame più accurato della situazione ha peraltro consentito a vari ricercatori occidentali di « ridimensionare » notevolmente l’apporto della scienza sovietica alla parapsicologia: apporto che anche a volerlo giudicare nel modo più benevolo, non contiene in realtà nulla che gli studiosi d’Europa o d’America non avessero già fatto, indicato, o quanto meno supposto. Che, ad esempio, il meccanismo della telepatia non sia spiegabile secondo il modello della trasmissione di onde elettromagnetiche (conclusione a cui Vasiliev arrivò verso il termine delle sue ricerche, ossia intorno al 1964), era già da moltissimi anni opinione della grande maggioranza degli studiosi occidentali. L’uso di materiale «standard» negli esperimenti di telepatia risale ai primi tentativi dell’inglese William Barrett (1881-82), ed è stato enormemente sviluppato, come molti sanno, dall’americano J. E. Rhine dal 1930 in poi. Se Vasiliev operò soprattutto su soggetti ipnotizzati, lo stesso facevano nel secolo scorso in Europa i « magnetizzatori » seguaci di Mesmer con i loro sonnambuli, e lo stesso avevano fatto, prima di Vasiliev, i contemporanei Soal (inglese, ’36), Bjòrkhem (svedese, ’39), eccetera. Certi « slittamenti » cronologici, in avanti o indietro nel tempo, del fenomeno telepatico, erano stati già ipotizzati dal Richet nel 1922, e ne avevano dato una magistrale dimostrazione due inglesi, Soal e Goldney, in un classico lavoro del 1943… Potremmo continuare per un pezzo.
Scelta sbagliata
Occorre dire che, neanche a farlo apposta, il libro Metapsichica e scienza sovietica, da poco apparso in italiano, dà un’idea ancora meno favorevole dell’apporto sovietico alla parapsicologia di quanto appaia dalle nostre stesse note. Non si comprende proprio perché sia stata scelta, fra le varie pubblicate da Vasiliev, un’opera di così mediocre divulgazione, in cui appaiono molte notizie alla rinfusa sugli studi non sovietici di parapsicologia, altre su temi estranei o quasi all’argomento (p. es. il sonno, la morte apparente e la rianimazione), e in cui per contro non viene data neppure lontanamente nozione delle esperienze originali dell’autore, e della sua scuola. Peggior servizio alla parapsicologia sovietica – se si pensa che questo è il primo libro del genere apparso in Italia non si poteva rendere (e non specifichiamo i molti sbagli di fatto, ed errori di nomi, che il volume contiene)!
In confronto a questo, il libro di K, Ramakrishna Rao appare un’opera serissima, informatissima (la bibliografia contiene 1251 titoli), e più che adeguata al suo proposito, che era quello di « fare il punto » sulla parapsicologia sperimentale nell’attuale momento storico. Non vi è si può dire esperimento o pubblicazione di qualche importanza che l’autore si sia lasciato sfuggire; e beninteso il nome di Vasiliev vi ricorre doverosamente più volte, E’ da notare che oltre a fornire ampie e precise notizie su tutto il fronte della parapsicologia militante. K. Ramakrishna Rao passa in rassegna le principali ipotesi e teorie interpretative formulate dagli studiosi al fine d’inquadrare sia i fenomeni di percezione extrasensoriale, sia quelli di presunto influenzamento diretto della psiche sulla materia.
Non possiamo terminare queste note senza formulare la speranza che il libro del Rao sia presto tradotto in russo, e pubblicato nell’Unione Sovietica. Ciò costituirebbe, crediamo, un ottimo impulso alla scienza d’oltre cortina, e permetterebbe a non pochi studiosi di parapsicologia dell’URSS di constatare quanto indietro essi siano – è pur necessario dirlo – rispetto ai parapsicologi dei Paesi occidentali.
Emilio Servadio