Sogno normale e sogno paranormale
Annali di Neuropsichiatria e Psicoanalisi
Gennaio-Marzo 1961
Da vario tempo mi è apparso che come gli studi di anatomia patologica, o comunque dell’anormale anatomico, presuppongono una conoscenza dell’anatomia umana normale, così gli studi dell’anormale psichico, o del paranormale, debbano presupporre una conoscenza adeguata della psicologia, e specialmente della moderna psicologia dinamica, quella che si occupa soprattutto della nostra vita emozionale. Questa esigenza non è affatto nuova, anche se taluni sembrano continuare a non tenerne conto: e un classico esempio della sua validità e della sua fecondità ce lo ha offerto, molti anni or sono, l’indagine compiuta dal famoso psicologo di Ginevra, Théodoro Flournoy, sulla medium Hélène Smith. Se Flournoy non fosse stato un vero scienziato, avrebbe forse preso per buone molte fantasie ed elaborazioni inconscie di Hélène Smith – compresi i suoi pseudo-linguaggi «marziani» o «uraniani» -; e parecchie «produzioni» del suo celebre soggetto sarebbero andate ad aumentare il già enorme bagaglio di tanti «messaggi» di tipo medianico, i quali hanno per la scienza lo stesso valore che avrebbe una semplice raccolta di sogni non commentati e non analizzati.
Non a caso ho menzionato i sogni: poiché chi non si è mai preoccupato del problema del sogno normale, può essere tentato di considerare quello paranormale – prendiamo, in particolare, il cosiddetto sogno telepatico – come un argomento a parte: limitandosi, ad esempio, a vedere se in uno o più sogni «appare» una comunicazione telepatica. La struttura del sogno, la sua dinamica, le sue origini profonde, il contesto di vita psichica del sognatore, le eventuali risonanze interpersonali, conscie ed inconscie, con l’altro o con gli altri soggetti della comunicazione – tutto ciò sarebbe fuori quadro, intoccato ed inesplorato. E così fece, diversi anni fa, persino una società di ricerche psichiche molto seria, la Society for Psychical Research di Londra – sotto i cui auspici furono raccolti circa 400 sogni, e si cercò di vedere se in essi, così come erano stati narrati dai singoli sognatori, fossero reperibili o meno clementi telepatici. Una simile indagine, a mio avviso, è viziata all’origine; e l’errore di metodo è in questo caso ancora più grave di quello che potrebbe consistere, supponiamo, nel collezionare a caso quattrocento cartoline illustrate, sperando di trovare, in qualcuna di esse, informazioni sulla battaglia di Waterloo o sulla vita privata di Greta Garbo.
La mia tesi è dunque proprio all’opposto di quella che era implicita nella suddetta indagine della S.P.R.: io ritengo, cioè, che per sperare di capire qualche cosa del sogno paranormale, si deve partire da un’adeguata comprensione di ciò che è il sogno normale. Non voglio dire con ciò che capiremo tutto: ma le possibilità di comprendere saranno, in questo caso, per lo meno paragonabili a quelli di chi, trovando sul suo cammino un animale raro o sconosciuto, lo esaminasse partendo da solide cognizioni di zoologia generale.
Che cosa è, dunque, il sogno normale? La psicologia moderna è oggi, in genere, orientata in senso assai diverso da quello di certi studiosi dello scorso secolo, per i quali il sogno era dovuto a eccitazioni fortuite del sistema nervoso centrale, sovente connesse con stimoli fisici, di origine esterna od interna. Il sogno è attualmente considerato, dall’enorme maggioranza degli scienziati che se ne sono occupati, come un fenomeno psicologico significativo.
Vorrei insistere su quest’ultimo termine: « significativo ».
Il sogno – mi si perdoni il bisticcio verbale – è un segno, o un assieme di segni, che racchiudono un senso. Non oseremmo chiamarlo «linguaggio», perchè non ci illudiamo di possedere una «grammatica» o una «sintassi» del sogno, tali da sostituire finalmente, sul piano scientifico, le chiavi, le «smorfie» e i manuali che da Artemidoro di Daldi in poi hanno sempre goduto il favore popolare. Il sogno ci appare tuttora come lo definì Freud: «un mezzo primitivo di espressione, analogo alla pittografia» – con l’aggravante che in qualunque modo si faccia, il sogno, per la sua stessa natura, è qualche cosa di profondamente diverso non solo dal racconto che ne fa il protagonista, ma anche da come esso si presenta alla coscienza del sognatore. Cosicché l’idea manifestata da taluni – per esempio da J. Masserman – che per disporre di un sogno quale realmente è, sarebbe necessario poter riprodurre su uno schermo televisivo ciò che il dormiente sta sognando, è piuttosto ingenua, non soltanto perchè sa vagamente di quella che oggi si suol chiamare «fantascienza», ma anche perchè su quell’ipotetico schermo televisivo si vedrebbe, non già il sogno, ma semplicemente il suo aspetto finale, formale e pittografico – quello che in psicoanalisi si chiama il «contenuto onirico manifesto».
Questo è un punto cruciale e importantissimo, di fronte al quale è necessario non soltanto prender posizione, ma anche, e soprattutto, intendersi bene: voglio dire, la distinzione, in seno al sogno stesso, di un aspetto manifesto e di un contenuto latente. Troppo spesso, anche coloro che accettano questa distinzione inclinano in pratica a dimenticarsene, e propongono, di questo o di quel sogno, un’interpretazione che non è se non una parafrasi o un parallelo del contenuto manifesto; col risultato, molte volte, di andare incontro a quanto il sognatore più o meno già aveva in mente, e di confermarlo perciò nelle sue resistenze, e in una visione difensiva ed erronea di se stesso.
L’equivoco più comune è appunto quello di considerare senz’altro come «Sogno» una qualsiasi serie di immagini che, durante il sonno, si presentino alla coscienza del dormiente. Questa idea equivale più o meno a quella di chi chiamasse «casa», indifferentemente, sia l’intero edifizio, sia la facciata, sia, addirittura, un fondale di teatro su cui fosse dipinta una casa! Ora, il sogno è proprio come un edifizio di cui il dormiente vede soltanto la facciata, ossia l’aspetto manifesto, formale e terminale. Ma come dietro la facciata, in qualsiasi edifizio degno di questo nome, c’è una struttura architettonica di cui la facciata fa parte integrante, così l’aspetto manifesto del sogno è semplicemente la parte più appariscente di un cospicuo lavoro, di una «costruzione » psichica che lo stessa sognatore non vede e non conosce.
Che non sia facile rendersi conto, a proposito di un sogno, dei complicati processi elaborativi che hanno portato alla configurazione finale della sua facciata, d’accordo. Ma da questo a credere, come hanno fatto più o meno esplicitamente alcuni, che dietro la facciata non ci sia niente, il passo è troppo lungo per essere ammissibile, e rivela una certa dose di pigrizia mentale.
La parte più importante del sogno non può essere la sua facciata, ma sarà, come in una casa che si rispetti, la sua struttura essenziale, dalle fondamenta su per i muri maestri sino al tetto. In questa a costruzione » del sogno come edificio partecipano varie squadre di lavoro, tutte appartenenti al nostro a cantiere interno », cioè al nostro apparato psichico. Ma queste squadre, o agenzie interiori, dipendono, contrariamente a ciò che in genere avviene in una impresa di costruzioni bene organizzata, da diversi capimastri, i quali non sempre vanno d’accordo, anzi si accapigliano spesso e volentieri. Ogni capomastro ha le sue ragioni, e diciamo pure i suoi desideri, da far valere; e l’accordo pratico fra i diversi indirizzi è difficile da raggiungere. Quando non è raggiunto, si ottiene un edifizio – con relativa facciata tutt’altro che armonioso. Da una parte può mancare qualche cosa (e abbiamo le lacune e i «salti» tanto frequenti nei sogni); da un’altra la realizzazione architettonica è semplicemente orrenda, tale da far paura; da un’altra parte ancora appaiono strutture e sovrastrutture così confuse e cervellotiche da risultare incomprensibili. Disgustato da questa pessima riuscita del lavoro, il sognatore, al risveglio, manifesta per lo più la sua disapprovazione mandando via le squadre e rifiutandosi di aver più oltre a che fare con quanto hanno prodotto: ossia, in pratica, dimenticando tutto quello che ha sognato!
Alcuni sogni sono dunque semplici e chiare realizzazioni di desideri – come il sogno di bere quando si ha sete, o come quando si sogna di trovarsi con una persona amata e lontana; ed essi, al pari di tanti altri, cercano di proteggere il sonno, che i suddetti stimoli o desideri tenderebbero invece a disturbare. Ma nella massima parte dei sogni, il contenuto manifesto è molto diverso e deformato rispetto al contenuto latente, e per arrivare a identificarlo, occorre un’indagine tutt’altro che semplice. Ai complicati meccanismi per cui il contenuto latente di un sogno si trasforma nel contenuto manifesto, Freud ha dato il nome di a lavoro onirico ». Il lavoro onirico consiste in una serie di operazioni aventi lo scopo di deformare le idee latenti del sogno, in modo che esse possano passare attraverso una specie di a censura » interna, e presentarsi senza troppo disturbo alla coscienza del sognatore. Per ottenere questo risultato l’apparato psichico dispone di vari meccanismi, i quali appartengono tutti a un livello inconscio e piuttosto primitivo della mente. Tali meccanismi sono principalmente, oltre alla condensazione di più immagini o motivi, e alla rappresentazione in concreto, scenografica, di un processo mentale, l’inversione cronologica, la rappresentazione a mezzo del contrario, lo spostamento, l’equivalenza simbolica e l’elaborazione secondaria. La messa in opera di uno o più di questi meccanismi deformatori appaga le esigenze della censura e trasforma il contenuto latente in contenuto manifesto.
E’ quasi superfluo ricordare a quale principio psichico corrisponda un simile procedimento formativo dell’espressione onirica finale. Il principio è duplice: da un lato c’è l’opportunità di dare evasione a determinati stimoli, per lo più endopsichici, che creano nel sognatore specifiche tensioni e che, se non trovassero soddisfazione alcuna, gli impedirebbero addirittura di dormire; dall’altro c’è la necessità che gli anzidetti impulsi, i quali appartengono a zone assai primitive, remote, ricusate della psiche, si sfoghino, sì, ma in modo tale da non allarmare il dormiente, e da non rompere ancora una volta e per altro verso il suo sonno. Così vediamo che in linea di massima il sogno tenta di dar soddisfazioni a certi impulsi e desideri del sognatore, permettendogli in pari tempo di continuare a dormire.
Un esempio che mostra eloquentemente l’impossibilità di far coincidere il «sogno» col suo contenuto manifesto è quello di un tale che sognò semplicemente di «dare una pallottola di stagnola al vecchio dottor X». Invitato ad ad esprimere le sue associazioni di idee alla scena sognata, egli associò in primo luogo alle stagnole gli involucri dei cioccolatini. Poi ricordò che quando era piccolo, sua madre usava mangiare cioccolate e dargli le stagnole, che il bambino collezionava. Il Dr. X era il medico di famiglia e aveva curato il sognatore sin dalla nascita. L’aveva operato a cinque anni di tonsille e di adenoidi. Prima di dargli l’anestetico nell’operazione delle tonsille, il Dr. X gli aveva detto: «Senti che buon odore» – e la sensazione era stata invece nauseante e soffocante. Da giovane – il sognatore ricordò ancora – egli aveva offerto per scherzo un finto sigaro al proprio dentista.
Come si vede, il contenuto manifesto di questo sogno è l’aspetto finale di una lunga serie di processi mentali. Il motivo principale in questo caso è: «vorrei ingannare e deludere altri, così come altri mi hanno ingannato e deluso». La madre che ha mangiato i cioccolatini e ha dato a lui la stagnola, il medico che gli ha fatto del male dopo avergli annunziato una sensazione gradevole, il dentista giustapposto e identificato al medico dell’infanzia – tutti costoro sono ripagati con una ostilità tutt’altro che spenta, avente le sue lontane origini, probabilmente, in gravi insoddisfazioni infantili di ordine alimentare (si noti che la bocca compare costantemente nei tre diversi livelli delle associazioni del paziente). Un psicoanalista non esiterebbe inoltre a vedere, nel medico del sogno, la rappresentazione di un aspetto antipatico e osteggiato della figura paterna.
I meccanismi deformatori del sogno anzidetto sono, come si è visto, parecchi: uno è lo spostamento d’accento (l’episodio della pallottola di stagnola è trascurabile in confronto all’intensità delle emozioni di cui è esponente); un altro è la condensazione dei personaggi (dottor X, dentista, padre) e dei significati; un terzo è il simbolismo (la figura del dott. X simboleggia quella paterna). Il contenuto emozionale del sogno, infine, si può capire soltanto dopo le associazioni e l’interpretazione.
Il problema del simbolismo merita un cenno particolare, perchè si tratta di un aspetto del linguaggio onirico su cui sono state molto frequenti le controversie, basate soprattutto sul pregiudizio. Nulla è più lontano dal pensiero psicologico e psicoanalitico moderno dell’idea che un sogno possa essere interpretato mediante una serie di raccostamenti o di equazioni simboliche. Occorrono quasi sempre, per una interpretazione accurata, le « associazioni d’idee » del sognatore ai vari elementi del sogno, e un certo corredo di nozioni sulla sua vita. Ciò nondimeno, sta di fatto che tra i meccanismi deformatori dei pensieri latenti del sogno, la simbolizzazione occupa un posto considerevole.
L’esperienza ha mostrato che le idee che possono venire simboleggiate riguardano le cose più vitali ed essenziali dell’esistenza, ossia i genitori, l’uno o l’altro coniuge, i fratelli e le sorelle, la vita, la morte, la nascita, la malattia, gli organi e i rapporti sessuali. Questo è tutto, o quasi. Ma ad ognuno di questi elementi fondamentali corrisponde nell’inconscio una serie di simboli, dei quali d’altronde troviamo traccia non soltanto nel linguaggio onirico, ma in molte espressioni popolari, poetiche o dei primitivi.
Nel tentativo di dare evasione, sia pure larvatamente, e attraverso i mascheramenti già menzionati, a una o più spinte o desideri latenti, è inevitabile che si debbano ogni tanto verificare nel sogno antinomie, urti ed inconvenienti vari. E’ questa l’origine di molti sogni conturbanti e angosciosi, i quali costituiscono per dire così gli sviluppi imprevisti e allarmanti di una situazione. Eccone un semplice esempio: un giovane sogna di avvicinare con intenti erotici, in un’aula vuota, una compagna di studi universitari; ma sente il rumore di un passo pesante, gli sembra di vedere un’ombra sulla porta, e angosciato si sveglia. All’analisi, questo giovane ricordò una scena d’infanzia, in cui certi giuochi sessuali non ben visti dagli adulti – giuochi che erano in pieno svolgimento tra lui e una cuginetta – erano stati disturbati dall’intervento di un genitore, con conseguenze, specialmente per lui, altamente sgradevoli. E’ chiaro che il tentativo di dare soddisfazione a velleità amorose attuali aveva richiamato, per associazione, desideri ed esperienze infantili di ordine analogo, per cui era stata sentita come pericolosa e angosciosa una situazione che di fatto non aveva alcuna ragione di esserlo.
La sede dell’angoscia, come ha dimostrato luminosamente Freud specialmente nella sua opera «Inibizione, sintomo e angoscia», è l’Io: il quale reagisce con questo «segnale» di fronte a situazioni che, a ragione o a torto, siano sentite come pericolose, o richiamino altre situazioni e circostanze a cui in passato fu attribuita una qualifica analoga. Durante il sonno, l’Io è chiuso rispetto agli stimoli esterni, e i suoi confini e le sue funzioni possono variare notevolmente rispetto alla veglia; ma esso non è certamente abolito, e le sue reazioni rispetto a quanto vien presentato allo schermo della coscienza onirica vanno tenute distinte dal prodotto del «lavoro onirico». Spesso tali reazioni sono di schietta e sincera sorpresa, quasi che una parte inconscia dell’Io stesso, la già menzionata «censura», non avesse collaborato con la parte più primitiva della personalità, il cosiddetto Es, per dare al sogno la sua forma finale!
Anche in questo caso i sogni sono altamente istruttivi, in quanto mostrano: primo, la spinta verso l’appagamento di un desiderio (che può essere, in diversi casi, un desiderio erotico); secondo, la messa in opera di un meccanismo difensivo: «non sono io che ho desideri erotici, è un’altra persona»; terzo, la reazione ulteriore dell’Io di fronte al pericolo che la situazione, sebbene attribuita all’iniziativa altrui, potrebbe comunque ancora presentare: il timore, lo sdegno o, infine, se tutto ciò non basta, il risveglio.
L’opera interpretativa deve, ovviamente, disfare ed esplicitare il lavoro onirico, sino a individuare i contenuti essenziali del sogno che sono stati deformati e mascherati. Per aprirsi nuovamente il cammino dal contenuto manifesto al contenuto latente, la psicoanalisi adopera principalmente, ancorché non esclusivamente, il metodo delle «associazioni d’idee»: essa cerca, cioè, di ripercorrere tutte le vie che collegano la facciata del sogno alle idee latenti che ne costituiscono l’essenza. Il contenuto manifesto del sogno viene, a tale fine, diviso nei suoi elementi o parti principali; e per ogni elemento, che viene considerato separatamente dagli altri, vengono raccolte le associazioni ideative che il sognatore stesso è in grado di fornire. Evidentemente, s’incontrano in questa opera molte e non lievi difficoltà. Spesso le associazioni mancano del tutto, talvolta si ha invece l’impressione che si tratti di materiale associativo atto, in parte almeno, più a fuorviare che a guidare. Ma in ogni modo, e in ogni caso, è questa la sola via che può realmente permetterci di saperne di più e che, illuminata dall’esperienza e dalla intelligenza dell’analista, può portare in molti casi alla individuazione delle idee latenti e alla piena comprensione del «messaggio onirico».
Dove il contesto associativo non consente, da solo, una precisa ricostruzione di tale « messaggio », l’analista sperimentato compie un’opera d’integrazione, sia esplicitando alcune allusioni o taluni simboli, sia ricavando, da ciò che già conosce della vita e dei problemi del sognatore, informazioni ad hoc.
Darò, a mo’ di esempio, l’interpretazione di un sogno appartenente alla fase iniziale di un trattamento psicoanalitico. Il sognatore è un giovane che presenta difficoltà nella vita sessuale. Coscientemente, la situazione lo preoccupa non poco, ed è ovvio il suo desiderio cosciente di porvi riparo. Inconsciamente, per motivi che risulteranno più chiari dall’analisi del sogno, egli teme una soluzione troppo rapida dei suoi problemi.
Nel sogno, il protagonista si trovava in una stanza d’albergo col suo amico Guglielmo, e si faceva prestare da lui una camicia rossa e una cravatta color porpora. Ma questi indumenti non gli pareva andassero bene, e li deponeva, cercando di scegliere invece una delle sue stesse cravatte. Intanto l’amico si era recato nella stanza accanto, e aveva invitato due signore a cena. «Non sono ancora pronto» – diceva il protagonista all’amico. E poi si svegliava.
Ai principali elementi del sogno, il protagonista associa soltanto il carattere intraprendente e volitivo del suo amico. Ricorda inoltre di aver discusso il giorno prima, con la moglie, circa l’acquisto di una cravatta. La moglie avrebbe preferito una cravatta a tinte vivaci; lui era incline a qualcosa di meno vistoso.
Sapendo che il sognatore ha un fratello maggiore altrettanto intraprendente quanto l’amico Guglielmo del sogno, il «messaggio» onirico appare chiarissimo. La camicia rossa e la cravatta color porpora sono simboli di virilità, che il sognatore, non sentendosi troppo sicuro della propria, vorrebbe farsi « prestare ». Egli vorrebbe, in altre parole, potersi identificare, quanto a capacità virili, col suo fratello maggiore (la cui immagine, fra parentesi, è solo una replica e una editio minor di quella paterna). L’invito a cena delle due signore, in un albergo, ha anch’esso una evidente connotazione sessuale. Dinnanzi alla prospettiva di un comportamento sessuale pari a quello del fratello, il sognatore però esita, e si trincera dietro una razionalizzazione difensiva che non può realmente ingannare nessuno: dietro l’idea, cioè, che gli indumenti non fossero adatti per lui, e che perciò, e non per altro, egli fosse costretto a rinunziare all’incontro. La frase finale del sogno, «Non sono ancora pronto», è rivelatrice; e manifesta l’insicurezza che il sognatore ancora prova di fronte alla eventualità di una sua più decisa affermazione virile. L’apparente libertà di scelta, manifestata nel sogno sul modello dell’episodio di veglia, cela una interiore mancanza di libertà, e una tendenza a confermarsi in posizioni immature e « attendistiche».
Sommariamente, quindi, e sorvolando su una quantità di altri problemi, si può dire che il sogno normale è un fenomeno di tipo allucinatorio connesso col sonno. In esso, sotto l’impulso di stimoli fisici o psichici, e di eventuali spunti della veglia, certi moti o desideri inconsci del sognatore tentano di trovare espressione. Essi spesso vi riescono, ma attraverso elaborazioni e deformazioni che li rendono, alla stessa coscienza del sognatore, irriconoscibili, e tanto più in quanto quasi sempre si connettono a impressioni, fantasie ed impulsi molto primitivi, infantili ed obliati. Il risultato delle anzidette elaborazioni e trasformazioni è quello che comunemente chiamiamo sogno e che è invece, rispetto al sogno integrale, solo il suo aspetto terminale – la sua facciata.
Se ora consideriamo i sogni paranormali, il primo punto della nostra disamina sarà naturalmente questo: può il sogno normale assumere una «apparenza» telepatica, o precognitiva?
La risposta dev’essere indubbiamente affermativa. Parecchi studiosi si sono trovati e si trovano talvolta di fronte a sogni che il sognatore stesso è incline a definire « telepatici » o « precognitivi » e che, all’analisi, rientrano nei sogni normali. Un paziente in analisi può percepire ad esempio in modo fuggevole, non avvertito chiaramente dalla coscienza, che l’analista deve ricevere alcuni colleghi a casa sua. Per motivi di gelosia di origine infantile, egli sogna, supponiamo, di un ricevimento in cui l’analista è l’anfitrione, e al quale egli, il paziente, non è stato invitato: il che lo irrita profondamente. Sarebbe assai ingenuo vola vedere qualche cosa di telepatico o di precognitivo in un sogno del genere, o in altri consimili in cui, a ragion veduta, si può appurare che la presunta percezione paranormale era, in realtà, una elaborazione personale del sognatore, sulla base di qualche lieve appiglio offertogli dall’esperienza – appiglio che ha stimolato una sua particolare reazione.
L’analisi in profondità di un sogno apparentemente paranormale ci permette dunque, in primo luogo, e molte volte, di scartare risolutamente la pseudotelepatia onirica, e di rientrare nei binari del sogno normale.
Prendiamo ora un classico esempio di «sogno telepatico». La signora Rossi, di Roma, sogna alle 11,30 di sera che il marito, in viaggio per affari, è stato ferito mortalmente in uno scontro ferroviario presso Genova, a circa 500 chilometri di distanza. Sente la sua voce che dice: « Toglietemi quest’anello dal dito, e inviatelo a mia moglie ». A quell’ora, infatti, il signor Rossi giaceva in un pronto soccorso vicino a Genova, in fin di vita a causa di uno scontro di treni; porgeva la mano al capo dei soccorritori, e lo pregava di inviare il suo anello alla moglie, con le precise parole udite da questa nel sogno.
Supponiamo che non vi siano dubbi circa l’assoluta esattezza di quanto abbiamo riferito. Se confrontiamo questo sogno con quelli che abbiamo avuto occasione di menzionare nella prima parte di questa disamina, troviamo che esso ha con quelli ben poco di comune; giacche in quest’ultimo caso abbiamo un’improvvisa conoscenza, per vie sconosciute, di fatti veri – sia che accadessero in quel momento, sia che fossero di là da venire; mentre nel sogno normale abbiamo una trasformazione fantasiosa, una impressione per immagini e per simboli, di pensieri del tutto soggettivi e incoscienti del sognatore. Se conveniamo che il sogno, nella grandissima maggioranza dei casi, abbia queste caratteristiche, e non quelle di darci informazioni drammatiche e sorprendenti su fatti precisi che non possiamo altrimenti conoscere, dovremmo concludere che i cosiddetti sogni telepatici hanno solo l’apparenza, la forma, del sogno: ma non già la sostanza. Sarebbero dunque sogni per modo di dire. Sarebbero – diremo meglio – fenomeni psicologici paranormali che avvengono nello stato di sonno, così come potrebbero accadere, e accadono talvolta infatti, in altri stati psichici quali il sonnambulismo, l’ipnosi, il semplice dormiveglia, ed altri ancora.
Ma allora – si dirà – avevano ed hanno ragione coloro che non si preoccupano affatto di come si formino i sogni normali quando studiano quelli telepatici! A che scopo confrontare due fenomeni che appartengono a categorie completamente diverse?
L’obiezione menzionata sarebbe forse valida se tutti i sogni telepatici fossero come quello della signora Rossi; e vedremo fra breve il perchè del dubbio. Ma il fatto è che come vi sono sogni apparentemente telepatici i quali, all’analisi, si rivelano niente affatto tali, così vi possono essere sogni apparentemente normali i quali, se analizzati, rivelano elementi di comunicazione telepatica!
Freud diede, di tali sogni, un esempio ormai classico. Un uomo sognò che sua moglie aveva avuto due gemelli; il giorno dopo apprese che nel medesimo tempo del sogno, la figlia avuta dalla prima moglie, e che viveva poco lontano, aveva partorito due gemelli. Questo pano era avvenuto circa un mese prima del previsto.
Freud scrisse allora che un’attendibile interpretazione del sogno si poteva dare ammettendo la telepatia ma in tal caso la comunicazione telepatica sarebbe stata in qualche modo legata all’inconscio desiderio dell’uomo di rimpiazzare la madre con la figlia – desiderio che, urtando contro la censura e giudicato immorale, sarebbe stato modificato dal lavoro onirico. Introducendo questo concetto, Freud aprì, quasi senza volerlo, nuovi orizzonti alla comprensione de paranormale, poiché se l’esempio era valido, sarebbe stato possibile rintracciare eventuali elementi telepatici non già, come si era sempre fatto, nel contenuto manifesto di un sogno, bensì nel contenuto latente – dopo aver, beninteso, raddrizzate le distorsioni del lavoro onirico ed essere risaliti alle radici del sogno stesso.
Alcuni studiosi, specie negli ultimi anni, hanno pienamente confermato l’ipotesi di Freud. In vari casi, essi hanno dovuto ammettere che l’introduzione di un «tassello» telepatico, più o meno coinvolto nella struttura complessa di un sogno, completava soddisfacentemente la ricostruzione di un mosaico il quale, altrimenti, avrebbe presentato una lacuna incolmabile. Si constatò, in altre parole, che l’elemento telepatco poteva venire coinvolto nel lavoro onirico al pari di un qualunque dato normale di percezione, ed elaborato in base alle particolari configurazioni e agli specifici conflitti psichici del sognatore.
Citerò, a mo’ d’esempio, un caso descritto dal dott. Jule Eisenbud in un lavoro di qualche anno fa, e che è stato pubblicato anche in Italiano.
«Una paziente di media età» – scrive Eisenhud – «racconta un sogno in cui ravvisa la Signora X, conoscenza occasionale che non vedeva da vari mesi, mentre guidava un gruppo di ragazzi lungo uno scosceso dirupo. Improvvisamente uno dei piccini comincia a correre avanti, e prima che qualcuno possa impedirlo, si getta a capofitto in un burrone e vi rimane ferito.
«Il sogno conduce alla semplice analisi relativa alla fanciullezza della paziente ed ai relativi, naturali conflitti. Essa era la maggiore di cinque fratelli, ed ebbe dai quattro anni in poi occasione di lottare con desideri distruttivi contro i fratellini e le sorelline non ancora nati, ma già visibilmente annunziati. Ora essa ripete il processo nei riguardi della nuora, la cui prima gravidanza la paziente evidentemente desidera veder terminare in un aborto.
«Qui sorge solo la questione della sostituzione della nuora con la persona della signora X nel sogno. Vero è che la fusione del sogno ha incorporato uno e due tenui rapporti fra le due persone; ma non abbastanza per rendere conto della specifica sostituzione.
Tre giorni dopo, peraltro, la paziente venne a sapere che la signora X, che non aveva veduta da alcuni mesi, e della quale ignorava completamente la gravidanza, aveva avuto un aborto nella notte del sogno.
«In altre due occasioni, nello spazio di un anno, questa paziente ebbe sogni nei quali percepì telepaticamente aborti di donne a lei note. Nel primo dei due casi, essa raffigurò l’evento con la perdita del contenuto di una borsa. Nel secondo dipinse l’evento quale effettivamente accadde, cioè in una tinozza da bagno.
Anche nel caso della paziente di Eisenbud, l’elemento telepatico non era dunque nel contenuto manifesto dei primi due sogni, bensì in quello latente. Per individuarlo fu necessario introdurre relazioni simboliche ben note in psicoanalisi, ossia interpretare la caduta del bambino nel burrone, o la perdita del contenuto di una borsa, come equivalenti simbolici dell’aborto. Se ci si fosse limitati a considerare il sogno nel suo solo aspetto manifesto, il fattore telepatico sarebbe rimasto ignoto nei primi due sogni, e accertabile solo nel terzo, in cui esso appare nel contenuto manifesto. E’ da notare infine che talune premesse emozionali inconscie, infantili ed attuali, della sognatrice, sembrano aver fornito agli anzidetti sogni paranormali l’energia dinamica necessaria al loro prodursi.
E’ chiaro, dunque, che se da un lato il campo del sogno paranormale trova un limite scientifico nella esplicitazione analitica di sogni pseudo-telepatici – e potremmo anche aggiungervi tanti sogni pseudo-precognitivi – dall’altro esso si allarga, perchè l’anzidetta esplicitazione analitica può far riconoscere una comunicazione telepatica – e fors’anche prccognitiva – là dove, di primo acchito, e limitandosi al contenuto manifesto di un sogno, nessuno avrebbe potuto ravvisarla.
Gli studi recenti sono andati più oltre. Ci si è chiesti se nella strutturazione di un sogno telepatico non intervenissero regolarmente particolari situazioni, atteggiamenti e configurazioni inconscie complementari di due o fors’anche di più persone. In altre parole: se la comunicazione telepatica, discernibile in un sogno, non fosse in certo qual modo condizionata da una complementarità, non necessariamente cosciente, di rapporti e di esigenze affettive – supponiamo – del sognatore e della persona, o delle persone, che figuravano con lui nel contesto globale della comunicazione. Sul piano cosciente, la cosa era ovvia: si sa, infatti che nella stragrande maggioranza dei casi le comunicazioni telepatiche, nel sogno o fuori di esso, si svolgono tra persone legate da forti vincoli affettivi. Ma non potrebb’esservi, tra le persone implicate, una particolare, reciproca problematica inconscia?
In più di un lavoro, io stesso ho ritenuto di poter concludere per l’affermativa – senza poter naturalmente, per ora, generalizzare con assoluta sicurezza certe conclusioni a cui sono arrivato attraverso osservazioni e deduzioni appartenenti alla mia e all’altrui esperienza analitica. Posso però dire che non soltanto lo scrivente, ma anche altri studiosi, cominciano ad orientarsi nello stesso senso: ossia a cercare, nelle specifiche configurazioni inconscie binomiali dei protagonisti di una comunicazione telepatica, una complementarità affettiva che potrebbe sino a un certo punto condizionare l’evento telepatico stesso, e in particolare il sogno telepatico.
Se fra qualche anno si potrà avere ampia e dettagliata conferma di questo modo di vedere, il problema del sogno telepatico ne riceverà ulteriore chiarimento: ma per arrivarci occorre procedere con una perfetta conoscenza sia dei meccanismi del sogno normale, sia degli strumenti d’investigazione relativi, quali la moderna psicologia del profondo mette a disposizione di coloro che si specializzano in queste non facili ricerche.
In conclusione: a mio avviso, e rispetto a ciò che sappiamo del sogno normale, il sogno che in prima approssimazione chiamiamo « paranormale » può appartenere ad una delle seguenti 3 categorie:
1. Può essere un sogno normale con aspetto paranormale. Esempio: la frequente rappresentazione, nei sogni, di avvenimenti in corso, o appartenenti all’immediato futuro, dei quali il sognatore ha marginalmente percepito qualche accenno, senza aver preso piena e cosciente nozione di tali accenni, o avendoli rimossi e relegati nell’inconscio. Qualche volta, l’accenno può anch’essere del limo inconscio, come la realizzazione, nel sogno, dell’incubazione di una malattia che colpirà il sognatore – malattia della quale egli avverte inconsciamente i prodromi, ma che non è in grado di coscientemente prevedere e valutare.
2. Può essere un sogno paranormale con aspetto paranormale. E’ il caso di tutti quei sogni – o, se vogliamo, facsimili di sogni – nei quali la percezione paranormale si presenta al sognatore senza le distorsioni dovute al lavoro onirico. Nella teoria generale del sogno, essi sono paragonabili a quei cosiddetti sogni (che anch’essi hanno del sogno più la forma che la sostanza), nei quali un desiderio, o uno stimolo fisco, si traducono in una rappresentazione diretta: ho sete e sogno di essere assetato e poi di bere; sento il suono di un campanello elettrico, e sogno che qualcuno, come di fatto accade, sta suonando alla mia porta. Questi casi riguardano solo indirettamente – e forse talora non riguardano affatto – la teoria del sogno normale. La loro indagine rientra in quella (che abbiamo lasciato da parte in questa esposizione) della « comunicazione telepatica» o della « precognizione » in quanto tali.
3. Può trattarsi, infine, di un sogno paranormale con aspetto normale. E’ il caso di quei sogni in cui lo stimolo paranormale viene sottoposto alle deformazioni del lavoro onirico e può, pertanto, venire compiutamente accertato solo mediante un’analisi e un « raddrizzamento » delle deformazioni stesse. Vi sono, naturalmente, sogni del genere in cui l’elemento paranormale non è totalmente nascosto nel contenuto latente, ma in cui l’analisi riesce a svelare aspetti paranormali che un semplice esame del contenuto manifesto non avrebbe potuto discernere. Sono, tutti questi, i sogni in cui, come in quelli della prima categoria, si rivela particolarmente indispensabile la conoscenza di come un sogno – un vero sogno – possa strutturarsi e prendere la sua forma finale. Sono di questo tipo i sogni di cui ci hanno offerto esempi, fra gli altri, Freud e Eisenhud oltre a numerosi indagatori contemporanei quali Hollos, Ehrenwald, Gillespie. Balint, Fodor, ecc. -. Del sottoscritto sono già apparsi numerosi lavori in proposito, dal 1935 in poi.
Dato, comunque, che a priori non possiamo ascrivere alcun sogno all’una piuttosto che all’altra delle anzidette tre categorie, s’impone sempre e comunque, in ogni investigazione sul sogno, un avvicinamento che tenga conto sia di quanto ci apprende la constatazione parapsicologica, sia di quanto c’insegna la moderna psicologia del profondo. Questo, d’altronde, dei rapporti fra sogno normale e sogno paranormale, non è che un caso particolare delle continue intersezioni fra problemi di psicologia profonda e problemi di psicologia paranormale: intersezioni che giustificano, a mio avviso, la sempre più sentita aspirazione verso una nuova, comprensiva, psicologia pluridimensionale.
Emilio Servadio