Gli 80 anni di Freud
L’Italia letteraria 1936
Sigmund Freud ha compiuto in Maggio ottant’anni. Per quanto lo scienziato viennese sia tutt’ora lucidissimo e operoso, è la sua ormai un’età in cui si può a buon diritto volgersi indietro, e contemplare il cammino percorso. Di questa vita tutta dedicata al lavoro, svoltasi unicamente sotto il segno della ricerca obiettiva e tenace, vogliamo qui ricordare i momenti principali, troppo spesso ancor oggi ignorati o travisati.
Da Freiberg (oggi Przibor) in Moravia, la famiglia di Freud si stabilì a Vienna allorché il futuro fondatore della psicoanalisi non aveva che quattro anni. Iscrittosi senza grande entusiasmo nella facoltà di medicina, il Freud si laureò nel 1881, e ottenne nel 1885 la libera docenza in neuropatologia. I suoi lavori, nei primi anni di attività scientifica, riguardano l’istologia del sistema nervoso e l’anatomia cerebrale. Poi il suo interesse di “psicologo nato” si volge più decisamente alla neuropatologia e alla psichiatria. Erano i tempi in cui le lezioni di Charcot, alla Salpétrière, avevano la massima risuonanza anche fuori dei confini francesi. Mosso da quella sete insaziabile di conoscenza e di verità che è sempre stata la sua principale caratteristica, il giovane scienziato, ottenuta una borsa di studio, si reca in Francia, indaga, apprende, vaglia le altrui e le proprie esperienze, presentendo la vastità dei campi che i nuovi indirizzi di esplorazione psicologica cominciavano ad abbordare. Ma non è soddisfatto: l’isterismo, la nevrosi in genere seguitano a costituire per lui, gravi problemi, che né le classificazioni, schematiche di Charcot, né le attraenti ma semplicistiche generalizzazioni di Bernheim e della “scuola di Nancy” riescono a risolvere. Ritornato a Vienna; trova finalmente una via che gli sembra debba portare lontano, e che gli si apre quasi per caso. Questa volta gli è compagno un altro medico austriaco, Joseph Breuer, che aveva in quegli anni divisato di adoperare l’ipnotismo non più nel modo quasi taumaturgico della scuola francese, bensì come un mezzo per vincere le inibizioni dei pazienti, e apprendere dalla loro vita psichica profonda, più di quel che non fosse possibile ottenere nella veglia. Il metodo del Breuer, da questi chiamato “catartico”, contiene in germe la terapia psicoanalitica; ma il Freud se ne accontentò solo per breve témpo, sostituendo ben presto all’ipnosi – non sempre applicabile e di cui l’esperienza gli aveva dimostrato la fallacia – la tecnica delle “libere associazioni”, mediante le quali si riusciva a sollevare assai (più completamente e durevolmente il velo di amnesia che celava le situazioni affettive mantenute lontane dalla coscienza, e che risultavano in nesso causale con tutta la sintomatologia. Inoltratosi per questa via, il Freud giunse ben presto a una serie di scoperte le quali trascendevano di gran lunga le modeste esigenze degli inizii; il Breuer si trasse in disparte, meravigliato e quasi sgomento di fronte alle straordinarie facoltà indagatrici di un cervello d’eccezione, con cui non si sentiva di competere; e nella terra incognita, alle cui sponde era appena approdato, il Freud si trovò – e rimase poi per lunghi anni – completamente solo.
La tecnica accennata, e i quotidiani dialoghi con i pazienti, avevano infatti permesso al Freud di ficcare lo sguardo in zone della personalità psichica delle quali, prima di lui, taluni sospettavano o ammettevano l’esistenza, ma le cui leggi e i cui meccanismi erano rimasti completamente ignorati. Freud dovette constatare, costrettovi dalle stesse risultanze delle sue indagini, non solo che lo “psichico” non coincideva con il “cosciente”, ma che esisteva tutta un’attività psichica vastissima, completamente e assolutamente inconscia, e mantenuta altresì tale da forze che anch’esse non cadevano affatto sotto il controllo della personalità cosciente. I sintomi nevrotici gli apparvero dunque come terminazioni ed esponenti di conflitti psichici inconsci; ma egli dovette altresì ben presto accorgersi che tale “modo di essere” dell’inconscio umano non doveva necessariamente sboccare in una nevrosi. Altri fenomeni, proprii all’individuo normale, si potevano magnificamente spiegare appunto quali manifestazioni di compromesso fra tendenze psichiche in contrasto: cosi p. es. il sogno, così i lapsus e gli “atti mancati”. Da un metodo psicoterapico la psicoanalisi diventava dunque una psicopatologia e infine una teoria psicologica generale. Isolato come si e detto, senza allievi, senza possibilità immediate di carriera professionale od accademica, il Freud ebbe il coraggio, per certi rispetti unico, di non deflettere, di non cercare compromessi, di intraprendere con le so le sue forze l’esplorazione sistematica del vastissimo compo che si offriva alla sua ricerca. Si trattava, nient’altro che di rivedere dalle basi tutta la psicologia umana: quella del normale accanto a quella del nevrotico, quella del bambino accanto a quella dell’adulto quella del primitivo accanto a quella del civilizzato! Freud per severa: oggi affronta un problema, domani un altro, senza fretta, ma dedicando metodicamente al lavoro tutte le sue poderose facoltà. Studia minutamente le leggi dell’inconscio, riconosce e discerne quali siano le correnti istintive che danno una forza ed un senso alla vita psichica, studia per quali motivi filo ed ontogenetici tutta una serie di attività e di situazioni psichiche venga, in età ancora infantile, sommersa e mantenuta nell’oblio, precisa i rapporti in cui stanno le facoltà superiori e le più alte attività dell’uomo con le colossali sorgenti energetiche che presiedono al dinamismo profondo del suo spirito… E, mano a mano, una collana di maggiore o minor mole fissa i successivi “punti d’arrivo” delle sue investigazioni. Nel 1900 appare la “Traumdeutung”, che per la prima volta, dopo secoli di superstizioni o di vaghe approssimazioni, imposta e risolve scientificamente il problema del sogno; del 1904 è la “Psychopathologie des Alltagslebens”, in cui si analizzano, con una “tecnica microscopica” brillante e sbalorditiva, una quantità di “atti sintomatici” quotidiani, della vita normale; nel 1905, con “Drei Abhandtungen zur Sexualtheorie”, il Freud formula con fredda, precisione ciò che risulta dalle indagini psicoanalitiche della vita sessuale (è da osservare, a questo proposito, che mai il Freud, contrariamente a quanto molti seguitano a ripetere, ha identificato la vita istintiva con la sessualità; sempre egli ha affermata l’esistenza di gruppi importantissimi di istinti assolutamente non sessuali). Notando che le sue formulazioni e interpretazioni relative all’inconscio destavano sovente il riso, Freud, anziché adontarsi, cerca le ragioni psicologiche di questa reazione; e nasce così, quasi per incidénza, l’ampio lavoro sul “motto di spirito” e sulla comicità in generale (“Der Witz und seine Beziehung zum Unbewussten», 1905). Certi rapporti, da lui intravisti, fra manifestazioni nevrotiche e costumanze di popoli selvaggi, lo inducono a studiare più da vicino importanti problemi della psiche primitiva; e appare il primo grande contributo della psicoanalisi all’etnologia (“Totem und Tabu”, 1913): contributo che d’altra parte getta nuove luci su alcuni dei meccanismi più arcaici dell’inconscio umano. Intanto il Freud, approfondisce, nella sua pratica quotidiana di terapeuta, lo studio delle nevrosi : scopre nuovi principii, stabilisce più esatte classificazioni, perfeziona ed affina la tecnica del trattamento analitico. Grado a grado l’ambiente si fa meno sordo. Specialmente alcuni giovani studiosi, in Austria, in Germania, in Svizzera, in Inghilterra, negli Stati Uniti cominciano a comprendere lo straordinario valore delle scoperte freudiane. Si tengono i primi congressi internazionali di psicoanalisi. Si fonda (1910)) la Società Psicoanalitica Internazionale, che comprende oggi molte centinaia di associati sparsi in tutto il mondo. Compaiono i primi periodici dedicati esclusivamente alle indagini psicoanalitiche, sia dal lato strettamente terapeutico, sia nei tanti campi non medici in cui la psicoanalisi ha mostrato di poter portare il proprio validissimo contributo.
E’ difficile, da questo punto in poi, staccare completamente l’opera di Freud da quella dei varii psicoanalisti di valore formatisi alla sua scuola (Federti; Rank, Sachs, Ferenczi, Abraham, Jones, Brill, Eitingon, Meng, Alexander, Reik, Fenichel, Reich, per non citare che alcuni tra i più noti). Comunque, ogni opera freudiana apparsa dopo il 1913 ha dato un nuovo impulso di primissimo ordine alle ricerche analitiche, ha approfondito problemi specifici ha sintetizzato, nel modo inconfondibile e geniale proprio alle menti superiori, i risultati di queste o quelle indagini particolari. Ricorderemo le celeberrime “lezioni introduttive” tenute durante la guerra (“Vorlesungen zur Einfuehrung in die Psychoanalyse” 1916-17), completate dalle “nuove lezioni” (“Neue Folge”) pubblicate di recente (1933); e i seguenti altri pricipalissimi lavori, per ordine di data: “Jenseits des Lustprinzips” ( 1920), in cui si formula per la prima volta la teoria degli “istinti della morte”; “Massenpsychologie und Ich-Analyse” (1921), in cui si interpreta la psicologia collettiva in guisa assai più profonda e radicale che nel notissimo volume del Le Bon; “Das Ich und das Es” (1923), in cui si precisano i rapporti fra le tre “istanze” psichiche (Es, Io e Super-Io) e la scomposizione topica dell’apparato psichico (inconscio, preconscio e conscio), giacché i termini delle duetriadi non si coprono affatto l’uno rispetto all’altro; “Das Unbehagen in der Kultur” (1930), rivolto ai principali angosciosi problemi che tormentano la civiltà attuale…
E dovremmo ricordare ancora una serie innumerevole di lavori, di minor mole, ma di non minore importanza, apparsi via via sulle riviste speciali: i resoconti di analisi di adulti e di bambini; i saggi su questo o quel problema di psicologia dell’artista; i contributi alla demopsicologia, al folklore, alla mitologia, alla storia delle religioni, alla pedagogia, alla biografia, alla criminologia… tutti campi nei quali il Freud ha, al meno, lasciata un’orma, additata una via, e che vengono attualmente investigati da un numero sempre crescente di studiosi, specializzatisi nei singoli rami. Dodici monumentali volumi (Gesammelte Schriften) racchiudono oggi l’opera complessiva di Freud: un’opera che stupirebbe se fosse il risultato non di una, ma di molte laboriosissime esistenze.