Jones difese e salvò il suo Maestro Freud
Lutto della scienza psicoanalitica
Il Tempo, 14 febbraio 1958
Con la morte di Ernest Jones, avvenuta il 12 febbraio in un piccolo centro del Sussex, la psicoanalisi mondiale ha subito la sua più grave perdita dopo la scomparsa di Freud.
Per moltissimi anni, il nome di Jones fu infatti unito, accanto a quello di Freud, alla diffusione della psicoanalisi nel mondo, ad alcune importanti iniziative editoriali, a pubblicazioni periodiche, e a non pochi eventi di carattere, anche pratico e politico. Nessuno può dire, ad esempio, che cosa sarebbe successo di Freud se al tempo dell’invasione tedesca in Austria, Jones non avesse, con tutto il prestigio della sua autorità scientifica, indotto le autorità britanniche a concedere a Freud e alla sua famiglia residenza indeterminata in Inghilterra.
Dopo un’accurata preparazione effettuata presso Freud, Jones, che era nato nel 1879, cominciò a praticare la psicoanalisi nel 1905. Nel 1908 fu nominato Direttore della Ontario Clinic for Nervous Diseases, nel Canada, e poté cosi introdurre la psicoanalisi nel continente americano. Tornò a Londra nel 1913, e fondò la Società Psicoanalitica Britannica, di cui fu presidente effettivo per 31 anni. Creò, e diresse per 20 anni, quella che è oggi la più autorevole rivista di psicoanalisi in lingua inglese, l’«International Journal of Psycho-Analysis». Fu tra i fondatori dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale, che tuttora disciplipa e controlla in tutto il mondo l’attività degli psicoanalisti riconosciuti, ne ne fu Presidente, ripetutamente rieletto, per lungo tempo. Ne è stato, sino alla sua morte, Presidente onorario.
Tra i suoi molti lavori, basterà ricordare i più volte ripubblicati·Papers on Psycho-Analysis, i celebri saggi su Amleto, tutta una serie di «messe a punto» su problemi difficili e controversi quali la femminilità, il simbolismo, la formazione della coscienza morale, molti scritti di psico-analisi applicata soprattutto a questioni di psicologia collettiva, di storia delle religioni, di mitologia e di folklore. La sua cultura generale era vastisima. Impareggiabile, beninteso, la somma delle sue esperienze cliniche.
Ma forse, ciò che oggi vien più fatto di rievocare erano le sue doti di personalità. Uomo fermo e insieme affabile, di una cristallina integrità, prudente e al tempo stesso aperto ai più audaci sviluppi di una dottrina tuttora in divenire (fu tra i primi ad apprezzare le idee, per certi aspetti rivoluzionarie, dell’ormai famosa Melanie Klein) , Jones fu guida sicura a moltissimi analisti che ricevettero da lui, verbalmente o per corrispondenza, esempi e consigli preziosi, indimenticabili.
La sua ultima opera è quella, monumentale biografia di Freud di cui è uscito da poco il terzo ed ultimo volume e che fu segnalata ampiamente in queste colonne. E’ stato il suo canto del cigno; e si direbbe veramente che apposta la parola «fine» a quello che egli stesso considerava il compito più importante della sua vita scientifica, Jones abbia sentito che la sua, giornata terrena era compiuta, e che poteva ormai raggiungere il suo grande Maestro ed amico nella luce serena di una fama non peritura.
Emilio Servadio