Lo sport una sconfitta autopunitiva e un rito di ringraziamento
Psiche, Anno I, n°1-2, nov.dic 1948
I meccanismi di autopunizione, come è noto, possono applicarsi non solo individualmente ma anche collettivamente. Un esempio insolito di autopunizione collettiva si è avuto durante il presente campionato di calcio, nella partita tra le squadre del Genoa e della Roma giocatasi allo Stadio di Roma il 31 ottobre.
Persino i più accesi « romanisti » convenivano, dopo la partita, che la squadra del Genoa aveva in complesso prevalso. Tuttavia il risultato finale è stato di 1 a 0 a vantaggio della Roma. La segnatura dell’unico punto si è svolta in circostanze quanto mai singolari.
In uno dei momenti in cui la pressione del Genoa era più intensa, in seguito a collisione fra due giocatori Maestrelli della Roma veniva portato a braccia, svenuto, fuori del campo. A rigor di logica, il Genoa avrebbe dovuto avvantaggiarsi del fatto che i giocatori avversari erano rimasti in dieci, e concretare con un goal la propria superiorità. Invece accadde esattamente il contrario. Fu proprio durante il breve tempo in cui uno dei loro giucatori rimase fuori campo che i calciatori della Roma segnarono il loro unico punto, approfittando di una specie di « collasso » che aveva, in modo apparentemente inspiegabile, colto i loro avversari.
La presumibile spiegazione di questo strano fatto è a nostro avviso essenzialmente psicologica. Benché, come abbiamo rilevato, l’incidente occorso a Maestrelli fosse stato fortuito, sembrerebbe che i giocatori del Genoa non si fossero per così dire sentiti di « infierire » contro una squadra svantaggiata per loro opera. Da ciò, da questo diffuso, inconsapevole, e in sostanza ingiustificate sentimento di colpa, il ripiegamento che abbiamo descritto, al quale faceva naturalmente contrasto la ripresa offensiva dei giocatori della Roma, i quali avevano – per fortuna temporaneamente – «sacrificato» un loro compagno (e qui vi sarebbe parecchio da dire circa il valore psicologico del sacrificio, ma questo ci porterebbe troppo lontano).
Un comportamento singolare, d’altro canto, fu quello del pubblico, composto naturalmente per la stragrande maggioranza di sostenitori della squadra romana. Benché coscientemente e apertamente essi difendessero (come d’altronde era giusto) la legittimità della vittoria della Roma, tuttavia questa vittoria dovette sembrar loro qualche cosa di assolutamente inatteso, una specie di « dono del cielo ». E chi ha visto quello che avvenne dopo la fine della partita non può non aver concluso in questo senso. Lo Stadio era già in penombra quando l’arbitro fischiò la fine; e allora i videro innumerevoli spettatori, quasi per un segnale convenuto, fare torce dei giornali che avevano a disposizione, accenderle, e alzare le improvvisate fiaccole verso il cielo. Lo spettacolo apparve realmente – anche se i protagonisti erano ben lontani dal pensarlo – come un rito primitivo di ringraziamento verso una qualche potenza superiore e benefica, che aveva, concesso un dono non meritato e non sperato!