Charles Richet: La grande espérance (*)
Luce e Ombra 1933
Questa nuova fatica dell’illustre Autore francese abbraccia tali e tanti temi, che è ben difficile riassumerla nel breve giro di una recensione.
Il lavoro è diviso in due parti principali. Nella prima, intitolata « Perchè esisti? », il Richet traccia un panorama della specie umana al momento attuale, dai principali punti di vista (s’intende in succinto) dai quali può considerarsi l’uomo. Nella seconda mostra l’importanza enorme che hanno e debbono avere i fatti studiati dalla metapsichica, e gli orizzonti sconfinati che questi fatti sono in procinto di schiudere all’umanità.
Secondo il Richet la marcia dell’uomo ha una direzione e uno scopo: visibile la prima, invisibile ma altrettanto certo il secondo. Questa certezza è data al Richet da una constatazione: quella che l’uomo progredisce nel senso dell’intelligenza; quindi il suo cammino non solo non può essere casuale, ma deve tendere a un fine, e a un fine superiore.
Gli istinti di conservazione, la paura del dolore e della morte, la difesa della specie, l’amore, mostrano, secondo la parola del Richet, che «tutto accade come se la Natura avesse voluto », imperativamente voluto, la propagazione dell’uomo e il suo tendere ad una mèta. Di qui la condanna, da parte del Richet, di tutto ciò che contrasta con questo volere della Natura, delle perversioni, di tutte le forme nelle quali l’uomo elude le sue stesse più profonde tendenze.
Accanto ai già meravigliosi processi della scienza, pura ed applicata, compiuti e da compiere, il Richet mette poi il mondo che la Ricerca psichica poco a poco sta svelando: mondo « inabitabile », per servirci della sua stessa espressione, e quindi ancora poco accessibile a molti intelletti anche di solito aperti ed evoluti. Alcuni accertamenti tra i più noti della Ricerca vengono esposti e commentati dall’Illustre Autore, che identifica infine senz’altro (p. 270) la metapsichica con la « grande speranza » dell’uomo. Certe osservazioni particolari, come quella (pag. 248) che l’allontanamento nel tempo ci fa rimettere in discussione le certezze passate, e ci rende vogliosi di nuove conferme, sono, in questa parte, psicologicamente esattissime; e altrettanto esatta è quella, mossa anche dal Bergson, che la statistica ha un valore limitato per quel che riguarda la constatazione dei fenomeni, poiché mille casi dubbi non intaccano il valore di un solo caso impeccabilmente accertato (p. 242). Il Richet conclude, infine – rispondendo alla domanda mossa in principio : «Tu esisti perchè i tuoi figli sappiano»: poiché questi mondi ignoti verranno un giorno ad accrescere il patrimonio intellettuale dell’uomo, la cui evoluzione sembra, come è stato detto più sopra, voluta e diretta da una forza superiore. Con questa persuasione, egli scrive, «ti sottrai ai dolorosi servilismi della vita, ingrandisci te stesso, e quando verrà la morte potrai addormentarti (per destarti poi senza dubbio) in tutta serenità» .
Scritto per molta parte « col cuore », e senza aver propriamente il carattere di un lavoro scientifico, questo libro si raccomanda soprattutto per l’entusiasmo che lo pervade, e che ci fa guardare all’Autore, ormai più che ottantenne, con riverente ammirazione.
Non è il caso, ci sembra, di rilevare qualche errore (quelli di stampa, purtroppo, non si contano), qualche deformazione, qualche ripetizione, qualche conclusione affrettata: scorie, certo, che sarebbe stato desiderabile evitare, e che una «limatura» anche rapida avrebbe indubbiamente permesso di togliere. Ma di fronte a un’opera che vuol essere ed è opera di fede il «mettere puntini sugli i» non sarebbe di eccessivo buon gusto. Vadano dunque anche a questo nuovo volume del Richet i tributi d’omaggio dei suoi numerosi ammiratori d’Italia e ad multos annos!
Emilio Servadio
(*) Paris, Editions Montaigne, 1933. Frs. 15.