J. Evola: La Tradizione ermetica (*).
Luce e Ombra 1931
Neanche i più ortodossi positivisti, crediamo, sarebbero oggi disposti a sostenere che l’alchimia è stata soltanto una specie di nebulosa, da cui è venuta mano a mano differenziandosi e distinguendosi l’odierna chimica. Appare ormai abbastanza chiaro che accanto ai « souffleurs d’alambics » è ai «brùleurs de charbon», agli alchimisti pasticcioni, insomma, fiorirono altri alchimisti, che s’ingegnarono a velare sotto i simboli (non troppo peregrini, d’altronde) del Mercurio, dello Zolfo o dell’Oro, principi e dottrine d’ordine spirituale. Sulla base di questo Standpunkt, l’Evola ha cercato coraggiosamente di ricostruire, attraverso i simboli, l’insegnamento degli « ermetisti » e di confrontarlo con altri insegnamenti occultistici tradizionali. L’opera, per quanto può giudicarne chi, come noi, non ha un’eccessiva familiarità con i testi alchemici, risponde bene al suo scopo, è nutrita ed erudita, e non si può neanche dire che pecchi di troppa tendenziosità. Sarà interessante vedere, ad ogni modo, come verrà accolta dagli storici della scienza da un lato, e da quelli delle religioni dall’altro.
EMILIO SERVADIO
(*) G. Laterza ed., Bari, 1931, L. 18.