Alfred Adler: Prassi e teoria della psicologia individuale. – Roma, Astrolabio, 1947. – L. 650
Luce e Ombra 1947
E’ difficile non condividere – rileggendo a distanza di parecchi anni questo libro, nella volonterosa traduzione di Vittoria Ascari – il giudizio mordace che sull’opera di Adler ha pronunziato Freud nella Seconda Serie delle « Lezioni introduttive alla psicoanalisi ». La continua ripetizione delle tesi fondamentali, la superficialità dei giudizi, la scarsa sensibilità psicologica specialmente per ciò che riguarda il linguaggio dell’inconscio, e last but not least, un’imprecisione e una nebulosità espositive assai marcate: tutto ci genera a lungo andare un vero senso di fastidio, e si pensa con una specie di nostalgia alla cristallina chiarezza di Freud o alla fantasiosa genialità di Jung.
Il volume che abbiamo sott’occhio è la traduzione della seconda edizione tedesca e comprende 27 capitoli. Appare chiaro anche al lettore non informato che il libro non ha alcuna unità, e risulta composto di brevi saggi, conferenze, ecc.: dettati in uno stile che la traduttrice, disperata per la difficoltà dell’impresa, definisce (bontà sua) « rapido, corrente e più vicino all’esposizione parlata che a quella scritta »: un modo gentile per non dire che anche nell’originale tedesco l’opera è senz’altro scritta male.
I « temi » del libro vanno dalla nevralgia del trigemino alla sifilofobia, dall’omosessualità alla nevrosi coatta e al problema della prostituzione. Ogni cosa, naturalmente, si spiega con il « complesso d’inferiorità », con la tendenza all’autoaffermazione, con il desiderio di passare da una linea femminile ad una maschile, ecc., il tutto completato dal consueto « arrangement » della nevrosi – al quale come è noto Adler dà una enorme importanza mentre si tratta di un fenomeno superficiale, notissimo in psicoanalisi sotto il nome (datogli da Freud) di « tornaconto secondario ».
EMILIO SERVADIO