L’educazione sessuale del bambino
Psiche, Anno II n°5-6-7, mar-apr-mag.1949

L’educazione sessuale del bambino argomento di tale attualità ed importanza che non possiamo non prendere in considerazione il recente libro di Renato Pollitzer.
La premessa di Pollitzer è che « quando si parla di educazione sessuale del bambino è necessario aver presenti alcuni concetti fondamentali della psicoanalisi ». Egli spiega, pertanto, anzitutto ciò che è « rimozione », « carica psichica », « spostamento », «sublimazione». Non ci sarebbe, sin qui, che da approvare, se tali concetti non fossero esposti da Pollitzer alquanto a modo suo, e con formulazioni diverse da quelle psicoanalitiche: come quando egli distingue una rimozione «quantitativa » da una « qualitativa » (invece che distinguere quella che opera tra il sistema conscio e il sistema prec. da quella – la rimozione vera – che si svolge tra prec. e inc.); o come quando scrive che «ciò che provoca la rimozione è l’imago di Jung » (confondendo evidentemente l’imago col Super-Io o con parti inconsce dell’lo); ecc.
Ma il riconoscimento preliminare dichiarato da Pollitzer nei confronti della psicoanalisi è di breve durata. Ben presto egli si sente in dovere di rigettare « senz’altro la concezione di Freud che considera “sessuali ” le più innocenti manifestazioni di piacere del lattante: il succhiare il seno materno, il succhiamento del dito, la tenerezza verso la madre, il soddisfacimento dei propri bisogni corporali ». Pollitzer cita ed accetta, invece, le idee di Moll, secondo il quale l’unica espressione di sessualità infantile è una certa forma di « curiosità sessuale » per il corpo nudo e per le regioni genitali. Ma non in tutti i bambini! – si affretta ad aggiungere Pollitzer – solo in alcuni. Negli altri, nella maggioranza, nulla di nulla.
« il bambino dei primi anni di vita, allevato in ambiente adatto, accetta passivamente la evidenza di differenze fisiche tra i due sessi senza attribuire ad esse alcuna importanza… » continua Pollitzer, citando Brown.
Siamo, dunque, completamente in alto mare. Ammessa in linea di principio la validità – anzi l’indispensabilità – della psicoanalisi quando si parla di educazione sessuale del bambino, si nega, poi, proprio il maggiore contributo della psicoanalisi al problema, ossia l’accertamento e la descrizione dei vari aspetti e fasi della sessualità infantile. Eppure Pollitzer aveva di sfuggita menzionato, poco prima, che «la maggior parte delle anormali manifestazioni psichiche dell’età adulta viene attribuita a rimozioni avvenute durante i primi anni infantili ». Rimozioni di che cosa, se dall’istintività infantile si escludono gli impulsi sessuali?
Inutile poi precisare che secondo Freud il succhiare il seno materno o il soddisfare i bisogni corporali non sono, di per sé ed esclusivamente, manifestazioni sessuali. La psicoanalisi ravvisa in tali atti anche la stimolazione di particolari zone erogene, e attribuisce loro, quindi, una importanza per il divenire psico-sessuale del bambino.
Dopo aver concluso, col Brown, che il bambino è in genere indifferente e «passivo» nei riguardi delle cose della sessualità, Poliitzer dichiara che «vi è evidentemente nella stessa struttura animica del bambino, accanto all’impulso della curiosità sessuale, qualche cosa che lo inibisce, una specie di “ritrosia timorosa” di fronte alle regioni genitali ». Ciò ricorda molto quel che dicevano gli Scolastici a proposito delle « virtù innate ». Secondo noi è valido invece il punto di vista opposto, che cioè ritrosia, pudore ecc. sono prodotti di civiltà di educazione (anche se ci si possa riferire a civiltà e sistemi di educazione estremamente primitivi); e che il bambino lasciato interamente a sé stesso non sviluppa alcuno di tali sentimenti.
Prosegue Pollitzer raccomandando gelosa vigilanza da parte degli adulti affinché i bambini non sentano o vedano cose della sessualità. « Io credo – egli scrive – « che ove sia possibile, si debba cercare di impedire che il bambino e sopratutto la bambina possano notare, sul corpo nudo di altri, differenze sessuali ». E perchè mai questo impedimento vien fatto di chiedersi, se la massima parte dei bambini, come crede Pollilzer, non attribuiscono « alcuna importanza » alle differenze fisiche tra i due sessi?
La verità è che Pollitzer ammette e riconosce teoricamente, da persona intelligente qual è, che i bambini hanno una sessualità, hanno curiosità sessuali, e via discorrendo. Ma nell’atto di scrivere di queste cose, avviene un conflitto fra quanto egli sa e quanto vorrebbe che fosse: da ciò le quasi incredibili contraddizioni che abbiamo senza fatica rilevato.
Tali contraddizioni sono semplicemente prodotti di conflitto, dipendenti dagli atteggiamenti emozionali inconsapevoli dello scrittore. Non è forse un tipico prodotto di rimozione quell’accentuare le cautele nei confronti della bambina? In realtà il « complesso di evirazione », precipitato dalle impressioni relative al genitale dell’altro sesso, vale tanto per, il maschietto come per la bambina: quindi le precauzioni valgono – o non valgono – egualmente nei due casi.
Nel suo articolo, Pollitzer continua raccomandando, in massima, questi e altri «impedimenti » e cautele, ossia prendendo, sostanzialmente, le parti delle istanze rimuoventi : cosa veramente inattesa in chi aveva cominciato dichiarando indispensabili, nella questione della educazione sessuale, i concetti psicoanalitici!
Tuttavia è doveroso riconoscere nell’Autore una maggiore tolleranza circa il problema « se si debba tacere o illuminare i bambini su quanto si riferisce al sesso ». Pollitzer è per l’illuminazione, e le sue parole misurate e moderate sono qui del tutto accettabili. Ai bambini che chiedono informazioni bisogna « rispondere » – egli scrive – « in modo del tutto naturale, come quando si parla di altre normali caratteristiche o fenomeni di natura ».
Benissimo. Senonché, pochi paragrafi dopo, troviamo: « Quando si parla ai bambini di argomenti sessuali, lo si faccia il più possibile per via indiretta».
Eccoci in alto mare un’altra volta. Come si possa conciliare la « naturalezza » con la « via indiretta » è cosa incomprensibile. Se un bambino chiede delucidazioni su com’è fatta un’automobile da corsa, non si comincerà a spiegargli come funziona una carriola, o un monopattino. Ma
Pollitzer vorrebbe, cadendo in un errore purtroppo assai frequente, che le spiegazioni sessuali al bambino prendessero lo spunto « dagli insetti
che volano di fiore in fiore portando il polline ». Così si rischia, invece, in primo luogo di togliere alle spiegazioni il loro carattere veridico, umano,
concreto; e in secondo luogo di ingenerare nel bambino una gran confusione mentale. Ricorda Ethel Mannin che un bambino inglese a cui le
cose erano state « spiegate » in questo modo chiese alla madre, dopo un matrimonio a cui aveva assistito, se lo sposo avrebbe dato alla sposa « il
suo polline » lì per lì, o se l’avrebbe invece fatto con più comodo a casa!…
Anche questa « attenuazione propedeutica » relativa ai fiori, all’impollinazione, ecc., è prodotto di inibizione inconscia! E ciò vale naturalmente non solo per Pollitzer ma per quanti la pensano (o meglio, sentono) come lui.
L’articolo termina con esortazioni all’educazione della volontà e alla lotta contro la masturbazione. In sole tre righe Pollitzer considera, col Gemelli, una masturbazione « fisiologica » e la definisce nello stesso tempo « un vizio », denunciando la percentuale « spaventosamente alta » di essa in vari Paesi.
Vero è che secondo Gemelli e Pollitzer la «masturbazione fisiologica » può essere tale soltanto « purché sia transitoria e non si accompagni ad elementi psicologici sessuali ». Rinunziamo a capire che cosa ciò possa ragionevolmente significare. Dovremmo forse considerare « fisiologica » e normale la masturbazione di chi, durante l’atto masturbatorio, pensasse alle sorgenti del Nilo o al teorema di Pitagora?
In complesso, l’articolo di Pollitzer mostra purtroppo ancora una volta come si possa essere ottimi pediatri e animati dalle migliori intenzioni, rimanendo praticamente e al tempo stesso preclusi da importantissimi settori del vasto e complesso mondo della psiche infantile.
EMILIO SERVADIO

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