La nave “un essere in marcia”
Sul Mare 1928 n°2
L’espressione tra «virgolette» è il titolo di uno dei migliori romanzi di Jules Romains, caposcuola, per chi non lo sapesse, di quella significativa tendenza letteraria francese contemporanea che prende il nome di Unanimismo. Per il Romains l’uomo, considerato a sé, non ha alcun preciso significato. Egli é, in quanto immerso nel mare magnum dei suoi simili onda fra onde; e in quanto partecipa volta a volta a gruppi umani più o meno effimeri. Il Romains si preoccupa effettivamente di questi soltanto, e delle loro azioni e reazioni reciproche; e realizza, nei suoi lavori di narrazione o di teatro, la nascita, lo sviluppo e l’estinguersi degli organismi collettivi, e il variare dei rapporti tra gli individui che li compongono. Così ad esempio egli riesce ad esprimere, nel romanzo citato più sopra, l’avventura simultanea di un intero collegio di educande, in varie vicende che si succedono come di rimbalzo l’una all’altra.
Il fondamento delle teorie unanimiste è da ricercarsi nelle dottrine sociologiche del Tarde, ed anche in quelle del Durkheim. Ma non è nostro intento esaminare qui la genesi o il valore estetico di un indirizzo letterario, bensì di accennare ad uno dei fenomeni più noti, che giornalmente si ripete, e che indubbiamente offre all’osservazione dello studioso anche non partigiano un tipico esempio di «realtà unanimista»: il fenomeno della nave in marcia. In questo «essere» uno e molteplice noi vediamo, ad ogni traversata, nascere, vivere e dissolversi un gruppo di individui tra i quali, fino ad un certo momento, nessuna relazione era intercorsa, e che intessono gradualmente una serie di rapporti che sempre più si sviluppa, finché la nave approda, ed il gruppo, l’«individuo», si scinde. Da un «quid» omogeneo, che non era certamente riconducibile alla somma aritmetica delle persone singole, si ritorna agli esseri separati… cioè (per dare un certo riconoscimento alle teorie unanimiste): ad altri gruppi nuovi e diversi.
Romains, sinora almeno, non ha preso in considerazione il fenomeno della nave in marcia, forse perchè le sue tesi trovavano campo, certo più arduo, ma forse più sorprendente, nell’applicarsi ad eventi non così tipici di esistenza collettiva. Del resto, la vita che si svolge sopra un piroscafo, e che pure si presterebbe alle più moderne narrazioni, dati gli elementi di sintesi e di analisi, di simultaneità e di successioni temporali che vi si riscontrano, difficilmente è stata oggetto di narrazioni diffuse, e quasi mai con qualche efficacia. Per quasi tutti gli scrittori l’ambiente di bordo è un pretesto più o meno pittoresco, è comodo scenario in cui far vivere, per un periodo o per un capitolo, l’eroe o gli eroi del romanzo. E un salone di classe di lusso, o anche un ponte di passeggiata, costituiscono sempre un buon mezzo per ambientare il finale di un film. Eppure…
Eppure il trascorrere un certo numero di giornate a bordo di un piroscafo offre a chi si diletti di compiere osservazioni sui propri simili un’occasione assolutamente eccezionale. A prescindere dagli svaghi innumerevoli che offre oggidì un viaggio di mare, e che realmente hanno resi soggiorni indimenticabili quelli che un tempo erano mezzi di trasporto dei quali, se fosse stato possibile, ognuno avrebbe fatto volentieri a meno – a prescindere da questi, diciamo, l’ ambiente della nave non è per nulla paragonabile (dal punto di vista della vita d’assieme che qui c’interessa) a quello, supponiamo, di un palazzo o di un grande albergo. Poiché, anche se non è affatto vero, al contrario di come molti vorrebbero pretendere, che in un viaggio di mare di media durata tutti si conoscano dopo due giorni, è però esattissimo che quelle tali azioni e reazioni, che formano l’oggetto degli scritti unanimisti si compiono con molto maggior rapidità tra gli individui che vivono sopra una nave, di quel che non avverrebbe se gli stessi soggiornassero insieme a lungo, anche avvicinandosi l’un l’altro in egual modo, in un albergo o in un palazzo. Perchè poi questo si verifichi non è troppo difficile approfondire. Non si può più parlare oggi, certo, di un sentimento di pericolo che affratelli, e contribuisca quindi all’avvicinamento dei singoli ed alla costituzione dell’«essere in marcia». Pure, secondo noi, l’origine prima di questo multanimismo, il quale fa sì che in ogni passeggero sorga e vibri ben presto una specie di «coscienza di bordo», è da ricercarsi nell’isolamento della nave. Isolamento che oggi può a buon diritto non chiamarsi quasi più tale, dati gli strettissimi collegamenti che il bastimento mantiene con le coste, data la rapidità sempre crescente delle traversate, dati, ancora una volta, gli infiniti mezzi di distrazione che la nave offre, e che permettono al passeggero di leggere le notizie politiche del suo paese a poche ore di distanza dal verificarsi degli eventi, o di staccarsi sulle ali della fantasia dalla realtà contingente e trasportarsi ovunque, attraverso le possibilità che gli offre un libro, un concerto, una proiezione cinematografica, una festa… Isolamento che però è pur sempre tale, in quanto i passeggeri gravitano di fatto in un’orbita chiusa, e sentono di conseguenza un particolare impulso verso i compagni di traversata. Ancora una volta l’«homo homini lupus» è giocondamente contraddetto, e crediamo fermamente che se il tetro Hobbes avesse fatto un viaggio sul piroscafo «Vienna», in buona compagnia, non avrebbe scritto la sua celebre massima…
Quanto detto sin qui contribuisce forse, in parte almeno, ad illustrare la natura del sentimento che in particolare ogni cittadino di paese marinaro prova, al solo nome di «nave». Evidentemente, l’afflato quasi mistico che sembra derivi da questa parola; e che in Italia più che ovunque Poeti hanno celebrato, non può ricondursi al bruto fatto della costruzione meccanica, sia pur prodigiosa, e neanche a quello relativo all’industre complesso di attività che in seno alla nave trovano svolgimento. La parola «nave» evoca invece subito la sensazione della «vita», quasi che gli esseri che periodicamente vi albergano si fondessero in una cosa sola, tra loro e con lo scafo che li comprende. Questo, e non altro, è la nave; ed è giusto che il Poeta, celebrando le gesta di una torpediniera, descrivesse il «naviglio d’acciaio» con parole che sembrerebbero attagliarsi ad un qualche vivente eroe. «Vivo, palpitante», egli lo chiama, e gli pare che l’«acciajo un cuore terribile chiuda». Perfetta espressione, e che scolpisce quel significato umano della nave, sul quale, certo non così felicemente, abbiamo sin qui insistito.
Il bastimento leva l’àncora. Che cosa fa il passeggero isolato (salvi i casi di inguaribile… misantropia)? Si guarda intorno, cerca quali potranno essere i compagni di viaggio meglio intonati al suo modo consuetudinario di pensare e di agire, e le variatissime occupazioni di bordo sono un ottimo pretesto per entrare rapidamente in relazione. Così, in ogni classe, i primi giorni di navigazione sono di… accostamento. Ai piccoli gruppi succedono le «alleanze» maggiori, tra i più buontemponi, o tra i musicomani, o tra i danzatori… Indipendenti da questi legami generici, vi sono quelli degli individui che l’occasione avvicina, e che combinano, a seconda dell’età, del sesso e delle circostanze, un amicizia, un affare, un flirt, tre atti, uno scherzo… E tutte queste onde si urtano, si agitano, si mescolano… Tutto il piroscafo, continuando il viaggio, e specialmente nel caso di una crociera, assume l’aspetto di un piccolo sistema a parte, di un mondo con le sue vicende, che per essere effimere non sono, il più delle volte, le meno importanti nella vita dei singoli. E nessuno si sente più, come forse nel principio, avulso dal proprio ambiente insostituibile, bensì parte di questa unità. E ognuno, una volta sbarcato, dovrà confessare a se stesso che la sua naturalizzazione di bordo, avvenuta con insospettata rapidità, è stata troppo presto sostituita dal ritorno alla vita di relazione di un mondo, nel quale gli «esseri in marcia» possono bensì verificarsi, specialmente se interpretati dalla penna di scrittori geniali; ma non mai con la completezza vivace e secondo il singolarissimo ritmo, di quell’organismo sui generis che è una grande nave moderna.
Emilio Servadio.